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Cultura

Il nonno del porno gay

Peter de Rome è una persona squisita, oltre che uno dei numi tutelari del porno gay.

Peter de Rome; Londra, 2012

Tra fine anni Sessanta e gli anni Settanta, Peter de Rome ha girato più di 100 film. Gli attori erano uomini—Peter compreso—ripresi mentre si masturbavano, facevano l’amore, succhiavano, scopavano e, insomma, si divertivano un sacco. La gente ha cominciato ad accorgersi di Peter nel 1973, quando la sua pellicola Hot pants ha colpito il pubblico del Wet Dream Film Festival di Amsterdam, e da allora i suoi film sono stati celebrati da chi sa apprezzare il modo in cui le scene venivano illuminate e composte ad arte anche quando si tratta di semplice masturbazione.

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Tutto questo è valso a Peter il soprannome (a quanto pare gradito) di “Nonno del porno gay”. Recentemente, il suo amico Ethan Reid ha inoltre girato Fragments: The Incomplete Films of Peter de Rome, un film sulla sua vita e sul suo lavoro per aiutarlo a celebrare la grande stima in cui la comunità del porno artistico lo tiene.

Trailer di Fragments.

Ho incontrato Peter per fargli qualche domanda sul film e su un sacco di altre cose interessanti. Ci siamo dati appuntamento in una camera d’albergo a Covent Garden. Appena arrivato ho notato che la serratura esterna della porta non funzionava. Peter ha detto di aver “bevuto troppo vino” la notte precedente, e di averla rotta. È un uomo incredibilmente piacevole. Ecco una lista di cose di cui abbiamo parlato, ma che non erano abbastanza interessanti da rientrare nell'articolo:

- È apparso in Colazione da Tiffany perché a quei tempi lavorava alla cassa.
- Ha ripreso quella che è probabilmente stata l’ultima apparizione di Greta Garbo sullo schermo (in un film porno gay).
- Si è divertito davvero molto a Fire Island, negli anni Sessanta.
- Due dei suoi più grandi fan erano William S. Borroughs e Sir John Gielgud (quest’ultimo ha scritto per Peter la sceneggiatura di un porno intitolato Trouser Bar)

Detto ciò, dovreste essere in grado di seguire la nostra conversazione senza troppi problemi. Eccola.

VICE: … e poi hai spinto la macchina del tipo con Greta Garbo? Fantastico. Allora, partiamo dall’inizio. Come sei entrato nel mondo del cinema?
Peter: Be’, ho comprato una videocamera quando sono andato al sud a lavorare per i diritti civili, nel 1963. Pensavo che l’avrei usata per quello, ma in realtà la usavo per ricerche private, riprendevo ragazzi che mi sembravano interessanti, e questo mi ha portato a sperimentare anche con il nudo. Erano film artistici.

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Quindi tutto questo accadeva mentre lavoravi per il movimento dei diritti civili?
Facevo parte del Free Southern Theatre. Portavano gli spettacoli teatrali alle persone del sud, nell’America bianca. Abbiamo fatto addirittura Aspettando Godot in whiteface.

Cioè con uomini neri truccati di bianco?
Avrebbe generato confusione vedere bianchi e neri in uno spettacolo così strano e divertente. Quindi ci dissero: “Niente neri, sbiancateli.”

I tuoi film sono stati descritti sia come spunto per la masturbazione sia come film d’arte. Qual è stato il punto di partenza, cosa avevi intenzione di creare?
Pensavo, “Cos’è che una persona può fare e che l'interesse commerciale non contempla?” Volevo riprendere persone nude. Così ho fatto qualche ripresa di me stesso nudo, che mi masturbavo o cose del genere, e ho montato le sequenze in mezzo a un altro film. Ho mandato il lavoro alla Kodak e fortunatamente è tornato indietro.

Hai perso spesso pellicole mandate alla Kodak?
Qualcuna. A volte decidevano di non realizzare il film perché conteneva materiale che non potevano mandare oltre i confini di stato.

GIrava tanta pornografia a quei tempi?
No, per niente.

Quindi non c’erano punti di riferimento?
No, non avevo mai visto pornografia maschile, né eterosessuale. La vera gola profonda è stata la svolta, direi, e pensavo fosse una M-E-R-D-A.

Dal film di Peter Double Exposure

I tuoi film non mi sembrano esibizionisti, direi piuttosto che sono profondamente personali. Però li proiettavi alle feste con i tuoi amici, perché?
Oh, per divertimento. Normalmente mi dicevano, “Possiamo vedere le tue fotografie?” perché c’erano un sacco di stampe in giro. Certe volte c’erano solo due o tre persone, altre volte ce n’erano 20 o 30, dipendeva dalla situazione.

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Peter conserva i ritagli di giornale che parlano di lui in cartellette pulite e ordinate.

Un film che mi è rimasto impresso è stato Underground, con l’hippie e l’uomo d’affari che fanno sesso sulla metropolitana. Da dove viene l'ispirazione per quel film?
È una cosa che è capitata a me e a tante altre persone che usano la metropolitana. Quando è affollata ne succede di ogni. Ho fatto tanti incontri sulla metro. Mai niente di completo, solo qualche palpata magari, e forse qualche volta ho rimorchiato qualcuno e me lo sono portato a casa, ma non molto spesso. L’idea era di vedere fino a dove potevamo arrivare.

Se si tratta di una fantasia, di chi è? Dell’hippie o dell’uomo d’affari?
Di entrambi, credo.

L'hippie è il partner dominante?
Sì, decisamente.

È veramente una cosa singolare vedere gli altri passeggeri girarsi dall’altra parte o cercare di ignorare te che giri la scena iniziale di un porno. Com’è stato filmarlo?
Quando l’hippie sale sul treno all’inizio, è giorno—l'ora di punta del mattino o qualcosa del genere. Avevamo due camerman a tenere d'occhio la situazione. I newyorkesi blasé non battevano ciglio. Uno o due tipi lanciavano occhiate senza particolare interesse. Giunti alla fine, abbiamo fatto tutte le scene di sesso a notte fonda e al mattino presto.

C’era qualcuno sul treno mentre facevano sesso?
Hai visto quell’uomo?

L’uomo nell’angolo, pensavo fosse in un altro vagone e che fosse stato montato per farlo sembrare nello stesso.
No, era nello stesso vagone ed è rimasto lì per tutte le riprese senza mai svegliarsi. È stato bellissimo averlo nelle riprese. Proprio alla fine quando questo tipo scende dal treno barcollando e prende il giornale, dice “Non avete un po’ di senso della decenza?” L’ho trovato davvero divertente.

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Quanto tempo sono durate le riprese?
Solo una notte, le riprese al mattino con tanta gente e la ripresa notturna col sesso. Durante la notte mentre aspettavamo i treni alla stazione di West 4th Street, i controllori sono venuti da noi a dirci “Vi abbiamo visto prima, cosa state facendo?” e noi “Ci siamo persi, siamo saliti su un treno della linea F.” Il sesso era stato fatto sul treno della F che andava nel Queens [ride].

Chi erano gli attori di Underground?
I due ragazzi venivano da Boston. Eravamo a Jackson Park quando ho detto al mio produttore, “Non sarebbe divertente fare una storia che si svolge sulla metro?” E lui mi ha detto, “Ci sto, ma a chi la facciamo fare?” I due tipi ci stavano ascoltando e ci hanno detto “Che idea meravigliosa, facciamolo.”

Sceglievi spesso gli attori nel tuo giro di amicizie?
Ogni tanto. Principalmente quelli che rimorchiavo. C’è un film intitolato Movers in the Rear—non credo che tu l’abbia visto—che parla di un tipo che cerca un ufficio da comprare, e andando in giro per palazzi vede un sacco di fattorini. Continua a guardarsi intorno per non perdersi tutti questi ragazzi carini. Poi prende un ufficio e chiama tutti i fattorini che arrivano a uno a uno. Arriva un ragazzo del telefono e cominciano a fare sesso, poi arriva un altro ragazzo, e poi un altro ancora, e si crea una vera e propria coda fuori dall’ufficio, composta da ragazzi che aspettano di entrare.

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Un trailer di

Fragments.

Ahah! Tutti i tuoi film sembrano a tema, come se avessero un leit-motiv. Guardando Violation mi chiedevo come mai avessi usato quel particolare segnale del parchimetro [violation] per farci appoggiare il protagonista.
Era un gigolò della Terza strada, vicino a dove vivevo. Era chiamato “l’isolato del gigolò”, io ci passavo ogni giorno e lo vedevo. Non pensavo alla storia della violazione ma l’ho visto e mi sono detto “Oh, carino,” quindi mi sono avvicinato e gli ho detto, “Vorresti fare un film?” e lui ha detto “Certo.”

È una pellicola abbastanza breve, non ti dà il tempo di annoiarti.
Ero pazzo di gioia perché la Kodak me l’aveva restituita. Era una delle primissime, e questo mi ha spronato a farne di più lunghe, che duravano dai 10 ai 12 minuti circa. La maggior parte delle mie pellicole era di quella durata, e credo sia abbastanza per un film porno, specialmente se c’è un solo attore.

Credo che in Fragments tu dica che è la durata ideale di una masturbazione. Hai mai pensato di inserire dei dialoghi nei tuoi film, oltre alla colonna sonora?
Mi sarebbe piaciuto molto farlo, ma non potevo. Una delle cose che mi piaceva di più era proprio trovare la musica giusta. Ho una collezione di dischi piuttosto vasta. Quando proiettavo i film mi portavo sempre dietro sia il proiettore che il giradischi.

Riguardi mai i tuoi film?
No.

Com’è stato rivederli durante la realizzazione di Fragments?
È stato interessante, ma mi ha fatto preoccupare per dettagli tecnici.

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Rivedendo i lavori passati, ti è venuta la nostalgia? I tuoi film danno proprio l'idea che sia stato un periodo molto divertente da vivere.
Quei tempi erano selvaggi, incontrollati. C’era un posto a New York chiamato “the Trucks”, nel West Side, sul fiume Hudson, e la gente andava là a tarda notte e si arrampicava dentro questi camion vuoti per fare sesso. Era fantastico. Mi ricordo di essere andato laggiù a dare un’occhiata, ma non come parte attiva. Una volta ho visto un ragazzo di colore in una scuola, che chiudeva le finestre per la notte, e ho pensato che fosse carino. Era carinissimo, il custode di notte, e gli ho detto, “Quando stacchi?” e poi sono tornato a prenderlo e l’ho portato a casa. Siamo amici ancora oggi. Sai, ora è sposato ed è nonno, ma ci siamo divertiti molto insieme.

Cosa ti ha fatto smettere di fare film?
L’AIDS. Nel 1980 l’industria si è bloccata, tutto ha chiuso.

Immagino si possa dire che i tuoi film offrono uno scorcio nostalgico dell’epoca prima dell’AIDS, sembra tutto abbastanza innocente.
Già, era davvero innocente, ora tutto è cambiato. È stato un cambiamento graduale, non improvviso. Io non mi concedevo, non mi piaceva essere penetrato durante il sesso, preferivo essere io quello attivo. Mi piaceva anche ricevere pompini. Ma tutti volevano andare oltre. Poi qualcuno ha cominciato a chiamarlo “il cancro dei gay” e la gente diceva, “Cos’ha quel tizio?” Non ci accorgevamo che eravamo nel mezzo di una rivoluzione, e poi tutti hanno cominciato a morire. Era terribile e più si andava avanti, più amici perdevo. Un giorno ho pensato “Oh Cristo, ma che sta succedendo?” Hai presente? All’improvviso non mi piaceva più, non era più divertente.

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In Fragments si dice che i tuoi film vengono considerati molto importanti culturalmente, e che sono stati molto popolari nell'ambito del movimento per i diritti dei gay.
Non ci avevo pensato, ma sinceramente dubito che gli si possa attribuire tanta importanza.

Peter fuori dal cinema dove una volta venivano proiettati i suoi film.

Lee Black Childers, il fotografo, dice in Fragments che “Era un’epoca favolosa per essere gay, perché era illegale anche solo andare in giro per strada, era elettrizzante.” Sei d’accordo?
Non credo, per niente. Non credo che camminare per strada… No, per  niente. La scena gay è molto cambiata adesso. Non si vergognano più e non si sentono colpevoli. Ma io non faccio parte di questa scena. Non sono mai stato a una manifestazione gay. Ammetto di aver guardato le parate gay, e mi piacciono, ma non ne ho mai fatto parte.

Perdevi o perdi le staffe quando si tratta della persecuzione degli omosessuali?
Sì, sono stato intervistato per il Wolfenden Report. Credo e sento, certamente, che dovremmo essere accettati. Quella è stata l’unica volta in cui sono stato davvero coinvolto nel movimento.

Ti sei mai sentito perseguitato?
No, mai.

Questa è una bella cosa da sentire. Però, data la problematica che la questione rappresenta ancora oggi nell'esercito, sono sorpreso che non ci fossero problemi quando tu facevi parte della Royal Air Force, durante la Seconda Guerra Mondiale.
No, ero molto impegnato. Essendo single, potevo pensare solo a me stesso. Ho sempre considerato il servizio militare come un’occasione per divertirsi un po’. Pensavo “Cazzo, sto solo andando a divertirmi” e così ho fatto. Sono andato in Normandia e a Bruxelles e a Parigi, dove cooperavo con gli americani, e mi sono divertito tantissimo. Ho incontrato un americano con cui ho avuto una bellissima storia e questo è tutto.

Non so come dirlo senza sembrare ruffiano, ma sembri un tipo davvero molto rilassato. E c’è qualcosa nei tuoi film—soprattutto in quelli più quotidiani, come Green Thoughts o Daydream of Crosstown Bus—che è anche tranquillizzante. E nonostante questo sono anche film eccitanti.
Penso che siano molto personali e ne sono felice perché non somigliano a niente. Sono parte di me. Non penso di avere mai avuto grandi sentimenti per il sesso. Non sono molto filosofico sull’argomento. Il film che mi ha influenzato più di qualunque altra cosa è stato Un chant d’amour. È del 1950 e parla dei carcerati e delle loro fantasie e si vede un prigioniero in una cella e poi un altro e poi quello che vivono. È un meraviglioso piccolo porno gay. Non c’è neanche una scena di sesso. Credo che quel film mi abbia influenzato più di qualunque altra cosa, e Cousteau, i suoi spettacoli e il modo particolare che ha di riprendere—sono un grande ammiratore del suo lavoro… Oh, salve.

[Due uomini della manutenzione dell’hotel bussano ed entrano, sono qui per aggiustare la serratura della porta]