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Musica

Vent'anni dopo, "Richard D. James" di Aphex Twin è ancora tanto innovativo quanto immaturo

L'album del producer inglese uscito nel 1996 usava la lente dell'infanzia per analizzare l'umanità con una freddezza tuttora futuristica.

Nel 1977 i pionieri elettronici tedeschi Kraftwerk pubblicarono l'inquietante "Hall of Mirrors", che conteneva un verso che sottolineava il fascino iperreale delle maschere pulite e robotiche che usavano come immagine pubblica: "He fell in love with the image of himself / And suddenly the picture was distorted". Dopo decenni, è difficile non considerare profetico questo verso rispetto al lavoro di Richard D. James, conosciuto ai più con il nome di Aphex Twin, che condivide con i suoi progenitori un certo gusto per l'alterazione del proprio viso al servizio di una musica multiforme. Mentre i Kraftwerk sembravano voler trascendere la propria umanità in maniera scherzosa, James e il suo collaboratore Johnny Clayton hanno adottato una tattica opposta, decostruendo le foto del producer per farlo sembrare ancora più umano e fallibile. È una mossa che, ai tempi, sembrò rappresentativa delle sue composizioni, lavori che apparivano giocare sulla strana linea che separa l'uomo dalla macchina.

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Anni prima che la sua faccia fosse sostituita a quella di bambini terrificanti o di belle ragazze in bikini, i connotati deformi di James erano apparsi nel dipinto sulla copertina del suo album del 1995 …I Care Because You Do, e in modo ancora più minaccioso sulla foto che adornava il seguente Richard D. James Album, che presentava la faccia dell'artista in primo piano su uno sfondo bianco accecante. Il suo sorriso è più sinistro, le sue zampe di gallina più ombrose, i suoi pori più dilatati. Nel 1996, Aphex Twin era al picco della sua fama quasi-mainstream, e la copertina di Richard D. James fu la prima impressione che molti ebbero di lui; sembrava rivelare tutto il potenziale di questo strano troll, con un ghigno più vicino allo Stregatto che a un ricco bastardo da favoletta.

Dopo aver pubblicato Selected Ambient Works 85-92 e Selected Ambient Works Vol. II rispettivamente nel 1992 e nel 1994, due album di ambient eterea a suo dire ispirati dai sogni lucidi, il nostro uomo decise di mettersi a fare scherzi. Non per fare il fanboy, ma fa paura pensare che Selected Ambient Works Vol. II, …I Care Because You Do e Richard D. James Album siano stati pubblicati a un anno di distanza l'uno dall'altro. Il primo e l'ultimo sarebbero già abbastanza per un'intera carriera, e li ha fatti una persona sola, con in mezzo il disco di transizione Do che collega due opere così diverse che finisce per non assomigliare a nessuna. Richard D. James Album esce da questa progressione rapidissima come un Aphex Twin completamente diverso, pieno di melodie concrete e strutture nervose che fanno sollevare completamente la nebbia delle sue composizioni ambient.

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Nonostante la sua grande prolificità, non aveva dato alcun segnale di voler prendere questa direzione. Selected Ambient Works Vol. II, privo tanto di titoli quanto di un ritmo riconoscibile, era tutto trama, tormentata e bellissima (il primo volume, più pop, fu leggendario, ma James non era comunque riconosciuto esattamente come uno melodico). Le varie escursioni tra acid-synth e banger da rave che aveva pubblicato con vari alias fino a quel momento (AFX, Polygon Window, Caustic Window) non avevano un vero, riconoscibile biglietto da visita a parte il suo logo e la sua crescente leggenda. …I Care Because You Do aveva i beat, ma mai ripetitivi; la esasperante "Wax the Nip" aveva una batteria che sembrava totalmente fuori tempo e "Ventolin" stava sempre sull'orlo dell'inascoltabile con i suoi sibili a frequenze ultrasoniche, probabilmente concepiti per imitare quelli che si sentono quando si esagera con la medicina del titolo. Stava imparando a fare le sue marachelle, ma gli venivano ancora un po' incasinate.

Quindi la cosa più scioccante di Richard D. James Album al suo arrivo soltanto un anno dopo non è il suo tuffo di testa all'interno della jungle e della drill'n'bass, ma piuttosto la sua nitidezza. Le sue interiora contorte e nodose sono ben riposte all'interno; non c'è un attimo in tutto il disco che sembri fuori posto, e ogni sorpresa improvvisa ha la sua funzione comica o melodica—come la repentina balbettante voce umana che interrompe "4" un paio di volte, o la galoppante pila di percussioni che fa capolino più e più volte in "To Cure a Weakling Child". Il mix è vivace e frizzante, pieno di cunicoli e scale e oboe barocchi e pizzicati a fianco di scherzetti e scoregge. In alcuni punti fa venire in mente un sonaglio appeso sopra una culla ("Logon Rock Witch"), in altri evoca la gioia costruttiva di aprire una scatola di Lego ("Carn Marth").

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Se tutto questo sembra infantile, è perché lo è. Nel 1996, anno di uscita dell'album, James disse in un'intervista che l'album era un tributo a suo fratello morto (Richard è il Gemello Aphex, capito?). Se possiamo credere all'uomo che aveva dichiarato di possedere un carro armato e di aver vissuto in una banca, quel fratello nacque morto, tre anni prima che la mamma di James lo concepisse e gli desse lo stesso nome. A riprova di questo fatto, la copertina dell'EP Girl/Boy uscito poco prima di Richard D. James Album ritrae una lapide che si presume appartenesse al fu fratellino di James (la foto fu anche inclusa nel libretto della versione americana dell'album). Visto che il nome "Richard James" è piuttosto diffuso, e Aphex Twin è conosciuto per aver mentito ai giornalisti per gran parte della sua carriera, ci sono molti motivi per essere scettici rispetto a questa storia. Ma che grande storia: Richard D. James Album potrebbe essere il primo album elettronico dell'era post-rave che parla di qualcosa.

Indipendentemente da quanto vi fidiate della storia della lapide, non c'è dubbio che Richard D. James Album, con i suoi suoni giocattolosi e le sue melodie da ninna-nanna, sia un album che esplora i temi dell'infanzia dal punto di vista sonoro—nello stesso modo in cui l'ha fatto, ad esempio, Michel Gondry in film come ​L'arte del sogno​. ​E la trama narrativa è un ottimo punto d'ingresso alla sua bizzarra iperattività. Ad ogni modo, i bambini si inventano un sacco di bugie. L'autore aveva una presa salda sull'atmosfera e sul packaging da ragazzo che ha contrapposto a forse la musica più bella e allegra della sua carriera, che è poi il punto focale di tutto questo discorso.

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La traccia di apertura, "4", potrebbe essere tranquillamente la canzone più bella del repertorio di Aphex Twin, e uno degli incipit migliori della storia della musica. Essenzialmente è uno strumentale di pop da camera, con un synth tenerone che lancia archi meditativi sopra un pattern percussivo ribollente e pieno di stop-and-go. Ha parti che si potrebbero definire strofa e ritornello, e diventa sempre più intensa mano a mano che le attraversa, prima di interrompersi con un'interferenza lasciando spazio a una persona che si schiarisce la gola e ripartire. Questo succede tre o quattro volte sempre nello stesso modo, suggerendo un pezzo che va avanti all'infinito, il che è un concetto importante per un bambino. "4" è tanto bella quanto piena di meraviglia, concepita con precisione e con un meraviglioso finale (e cuore) aperto.

Seguono i breakbeat più giocosi di "Cornish Acid", mentre "Peek 824545201" sfreccia a gran velocità, mettendo insieme percussioni aliene alla Autechre sotto una linea melodica rilassante suonata con un organo spettrale pieno di basse. "Fingerbib" poi conquista la scena, una ballata per synth stordito, che cresce e surfa sulla cresta di un ritmo scheletrico. Queste sono le melodie più forti della carriera di James e le sue prime composizioni a raggiungere un tale livello di ricchezza. A quanto pare questo album gli ha portato via più tempo che qualunque altro, e il suo impegno è evidente. Anche gli schizzi improvvisati, come la post-classica "Goon Gumpas", hanno un distinto sapore malinconico.

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Poi c'è il debutto alla voce di James. In "To Cure a Weakling Child", filtra la sua voce per sembrare (naturalmente) un bambino, circondato da un baluginare di quello che sembra un collage di schiocchi di lingua. In "Milkman", la strofa è una banale ma sospetta invocazione del personaggio che dà il titolo al pezzo ("I wish the milkman would deliver my milk in the morning") che fa da premessa a un ritornello osé ("I would like some milk from the milkman's wife's tits"). E la versione americana del disco comprende l'EP Girl/Boy​, che significa che finisce con lui che sussurra "I am always throwing up / Vegetables with cheese, if you please."

L'umorismo è sempre stato presente in Aphex Twin, che si tratti di musica, estetica o mitologia, ma mai così esplicitamente. Se è servita la cornice narrativa di un tributo a un infante immaginario per rendere possibile questa sintesi, che importa. Ma in questo album tocca una pace interiore diabolica—una collisione di impulsi caotici e melodici che continuerà a incarnare per vari anni e uscite—prima di avere lui stesso dei figli, molto più avanti.

Mentre le sue opere precedenti toccavano l'impressionismo, questa è la prima volta in cui è sembrato costruire un vero personaggio. Le qualità umane dei suoni all'interno di questa nuova paletta erano abbastanza forti da sostenere non solo un'impressione, ma emozioni reali—proiettare calore da un universo iper-matematico spesso criticato in quanto freddo. C'è un'innocenza franca, calcolata, in Richard D. James Album, che raggiunge un equilibrio tra l'ordine inoffensivo della musica classica ripensata per bambini e ritmi innovativi che si schiantano contro un muro come manichini da crash test. È uno dei suoi dischi meno perfetti dal punto di vista uditivo, con canzoni più brevi e sentieri ben marcati, che mette da parte per un attimo il dolore e il rumore per se stessi. Potrebbe essere visto come un precedente dell'orrore fisico distorto e influenzato da Marilyn Manson che si percepisce sul più industrial Come to Daddy, ma a parte una certa tendenza verso la drum'n'bass, quello che i due condividono è una brutale umanità.

Richard D. James Album è uno dei dischi elettronici meglio realizzati di tutti i tempi; riascoltandolo nel 2016, sembra non solo avanti per i suoi tempi, ma avanti per un'epoca più colorata e policroma che stiamo ancora aspettando o che ancora non siamo in grado di immaginare nella nostra mente post-puberale collettiva. Ti fa capire che quel mostro in copertina non è un cattivo, ma è dalla tua parte, come quelli di Nel paese delle creature selvagge. Se la musica elettronica è maturata negli ultimi 20 anni, Richard D. James Album è una foto d'infanzia dell'immaginazione selvaggia che tutti ci lasciamo alle spalle. Tutto quello che rimane è quello stupido ghigno.

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