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Italia

L'attivista italiano denunciato per aver criticato il governo in piazza

Abbiamo parlato con l'avvocato che è stato accusato di vilipendio alle istituzioni per aver espresso un giudizio critico sul decreto del ministro dell'interno Marco Minniti.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Gianluca Dicandia mentre parla al Pantheon [Grab via Twitter]

Lo scorso 20 giugno—in occasione della Giornata mondiale del rifugiato—la sezione italiana di Amnesty International, attivisti e collettivi antirazzisti avevano organizzato un presidio davanti al Pantheon per "smascherare l'ipocrisia istituzionale, che piange le stragi in mare ma al contempo respinge chi fugge da guerra e miseria."

Nel corso del sit-in c'erano stati due interventi—uno di Riccard Noury, portavoce di Amnesty Italia, e l'altro di Gianluca Dicandia, un giovane avvocato che fa parte della rete "Resistenze meticce."

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Parlando al megafono, quest'ultimo aveva criticato sia sotto l'aspetto tecnico che politico i decreti Minniti-Orlando su sicurezza urbana e immigrazione.

"A due mesi dall'entrata in vigore del Decreto che porta la firma Orlando-Minniti," aveva spiegato Dicandia, "vogliamo denunciare il fatto che i rifugiati e i richiedenti sono destinatari di norme allucinanti che eliminano qualunque tutela e qualunque possibilità per i migranti di stare nel nostro paese in un modo degno."

Al termine del suo intervento, come racconta a VICE News, "sono andato di nuovo tra le persone e da dietro sono passati questi due agenti che mi hanno chiesto i documenti per identificarmi. Io ho chiesto il perché e gli ho comunque fornito i documenti, perché un motivo per l'identificazione deve comunque esserci."

"Questo motivo, mi è stato spiegato, è perché probabilmente ha proferito frasi ingiuriose e cose simili."

Uno degli agenti, inoltre, aveva chiesto a Noury se conoscesse Dicandia e in seguito aveva formulato una strana domanda. "Quindi lei si dissocia da quello che ha detto prima?"

La piazza, a quel punto, si era scaldata. Gli attivisti avevano infatti chiesto conto prima dell'identificazione, e poi della richiesta di "dissociazione"—richiesta respinta da Noury, che era stato a sua volta identificato. Gli agenti avevano anche identificato altre quattro persone che protestavano.

L'episodio—ripreso dalle telecamere di Fanpage—era finito anche in Parlamento con due interrogazioni presentate da Arturo Scotto di Articolo 1 – Mdp e Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, che ad oggi non hanno ricevuto alcuna risposta.

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"Da quando esprimere un'opinione comporta l'identificazione da parte delle forze di polizia?," aveva chiesto Scotto nel testo.

"Da quando le forze dell'ordine hanno il mandato di chiedere pubblicamente di dissociarsi a persone su parole pronunciate da altri nel corso di iniziative pubbliche?"

Dicandia, dal suo canto, era convinto che "questo cosa qui non avesse un seguito. Ero sicuro."

E invece un seguito ce l'ha avuto: nei giorni scorsi, infatti, è arrivato un invito a comparire.

L'avvocato spiega a VICE News di essersi recato in commissariato, e di aver ricevuto una denuncia per "vilipendio degli organi costituzionali, quindi dell'articolo 290 del codice penale, e per minaccia o violenza a pubblico ufficiale, previsto dall'articolo 336 c.p."

Leggi anche: Il nuovo decreto sicurezza del governo sembra scritto dalla Lega Nord

L'accusa, dice Dicandia, è "allucinante. Il reato di vilipendio, per me, è quello più grave. Non per la pena, ma per quello che si porta dietro. Vilipendio per cosa? Perché ho criticato il governo?"

Il legale, in più, ha consultato la giurisprudenza in materia ed è risalito a precedenti che vanno indietro fino agli anni Settanta. "

In diversi casi la Cassazione stabilisce che criticare le leggi dello Stato anche in modo aspro, ma ovviamente, non folle, non può configurare assolutamente il reato di vilipendio," spiega Dicandia.

"L'aspetto che fa un po' paura che il vilipendio sia stato 'gettato' così. Ora dovranno arrivare in procura gli atti, e questa cosa potrebbe benissimo proseguire."

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Denuncia per vilipendio per l'attivista di Resistenze Meticce: una restrizione al diritto alla libertà di parola — amnesty italia (@amnestyitalia)14 luglio 2017

Per rispondere al clamore suscitato dalla denuncia, la questura di Roma ha fornito la sua versione dei fatti.

"La polizia ha denunciato alcuni estremisti che nel corso di una manifestazione di Amnesty International avevano diffuso all'altoparlante posizioni non condivise dagli stessi promotori, che infatti, avevano chiesto l'intervento delle forze dell'ordine," si legge in un'agenzia.

Le denunce, in particolare, sarebbero partite perché i fantomatici "estremisti" avrebbero "minacciato le forze dell'ordine di ritorsione, pronunciando inoltre 'espressioni oltraggiose nei confronti delle istitutuzioni e in particolare della Polizia di Stato."

Nell'informativa, si conclude, non sarebbe stato fatto nessun riferimento "alle posizioni critiche nei confronti del decreto che reca il nome del ministro dell'Interno."

La versione, tuttavia, non solo cozza con il contenuto del video che documenta l'accaduto; ma è stata anche smentita con forza dalla stessa Amnesty International.

"L'organizzazione," sostiene un breve comunicato, "precisa di non aver richiesto l'intervento delle forze di polizia in relazione al discorso pronunciato da un attivista di Resistenze Meticce durante la mobilitazione del 20 giugno, come riportato nella nota della Questura di Roma."

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La stessa Amnesty—nel commentare la vicenda—ha infine parlato di "una criminalizzazione della libertà di espressione che restringe in maniera sproporzionata il diritto alla libertà di parola."


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Foto: Grab via Twitter