Piatto principale Ristorante Zenobia Torino
Tutte le foto dell'autore.
rifugiati

Il primo ristorante siriano aperto da rifugiati a Torino è anche spettacolare

Zenobia è il primo ristorante siriano-libanese di Torino, aperto dalla famiglia Malawi nel 2017, dopo la fuga dalla guerra civile siriana.

Apprendiamo dopo la pubblicazione, che il ristorante Zenobia purtroppo chiuderà il 17 luglio 2019. Come si legge dalla loro pagina Facebook, chiuderà le porte per sempre a causa di scadenza del contratto del ristoro.
L'autore è stato nel ristorante a maggio 2019, prima che la notizia fosse comunicata.

Siamo arrivati in Italia il 3 maggio 2016, quasi tre anni fa, quando in Siria la guerra era insostenibile anche per i civili, gli scontri mettevano a repentaglio la vita di qualsiasi cittadino

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L’ultima cena in salsa mediorientale che ricordi è stata una delle più memorabili della mia vita, non tanto per la padella incrostata delle uova fritte o il pollo rinsecchito, quanto per il silenzio assordante che accompagnava il mio tè al cardamomo sotto una parata di stelle, circondato dal nulla assoluto nel deserto del Wadi Rum, in Giordania. Quando, purtroppo, non collegavo ancora forma e sostanza, nella chiave filosofica che preferiate.

A distanza di un anno e mezzo, sono alla disperata ricerca della sostanza perduta in quella notte d’agosto. Per questa ragione gastro esistenziale, mi trovo a Porta Palazzo, Torino, in uno dei quartieri più vivi e multietnici della vecchia capitale sabauda, dove sorgono e coesistono due mercati profondamente diversi: quello all’aperto di Piazza della Repubblica, che ben rappresenta l’eterogeneo pot-pourri culturale della zona, e il nuovissimo Mercato Centrale, raduno di botteghe alimentari decisamente più chic.

ristorante zenobia torino

Il ristorante Zenobia a Torino. Tutte le foto dell'autore.

Sono diretto a Zenobia, il primo ristorante siriano-libanese di Torino, aperto nel luglio 2017 dalla famiglia Makawi, fuggita dalle bombe e dalla distruzione della guerra civile siriana, uno dei conflitti più sanguinosi scaturiti dalle rivolte della Primavera Araba. Un unicuum nell’offerta gastronomica della città, che ancor prima di chiarirmi le idee sulla differenze fra cucina siriana e libanese, può raccontarmi una storia di vita vera, in cui il cibo gioca un ruolo di àncora alla Siria e quello di valore identitario da trasmettere in Italia, nell’ottica di uno scambio culturale.

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Mi accoglie Talal, l’ultimo genito della famiglia Makawi, un ragazzo di 18 anni che si divide fra gli studi e la sala del ristorante, parlando un italiano splendido. “Siamo arrivati in Italia il 3 maggio 2016, quasi tre anni fa, quando in Siria la guerra era insostenibile anche per i civili, gli scontri mettevano a repentaglio la vita di qualsiasi cittadino. Là avevamo un’attività d’import-export per materiali di macchinari pesanti, eravamo una comune famiglia borghese, senza alcun tipo di problema familiare o economico”, fino a quando le bombe non hanno distrutto gioielli architettonici come i minareti e le cupole della Moschea Khalid Walid, a Homs. “Oggi la situazione è migliorata, ma gli strascichi del conflitto ci sono ancora, sia a livello psicologico, perché c’è grande paura a girare per strada, sia per quanto riguarda la disponibilità di risorse come il gas o la corrente. Noi ce ne siamo andati, ma abbiamo parenti e amici che vivono questa situazione”.

In questo contesto difficile, “la fortuna ha voluto che, tramite delle conoscenze, siamo riusciti a richiedere l’espatrio attraverso i corridoi umanitari organizzati dalla Comunità di Sant’Egidio e della diaconia Valdese. Così siamo arrivati a Roma, lo stesso giorno ci siamo trasferiti a Torino, le due città dove rispettivamente mio padre, Jamal, e mia madre, Wejdan, hanno frequentato un corso di cucina formativo, prima dell’apertura di Zenobia”. Tra l’altro, la famiglia Makawi è stata protagonista del documentario “Portami via”, curato dalla giornalista Marta Cosentino, per esporre il progetto dei corridoi umanitari, un ponte di speranza fra le devastazioni della guerra e il sogno di un futuro migliore.

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ristorante zenobia torino tavola

“Attraverso la cucina siriana, avremmo potuto portare qualcosa di nuovo e unico nel panorama gastronomico di Torino. Abbiamo avuto coraggio, perché non avevamo metri di paragone. La cucina siriana, o libanese, non ha l’appeal e il richiamo di quella italiana ”

Il futuro migliore si materializza nella decisione di aprire un ristorante perché “in primis, non avremmo potuto avviare un’attività d’import come in Siria, quindi abbiamo pensato che, attraverso la cucina siriana, avremmo potuto portare qualcosa di nuovo e unico a Torino, rispecchiandoci e facendoci conoscere. Consideriamo anche il fatto che in un ristorante io, mio fratello e le mie due sorelle possiamo dare una grossa mano, nella gestione della sala, ai miei genitori.

Abbiamo avuto coraggio, perché non avevamo metri di paragone, non sapevamo se potesse realmente piacere. La cucina siriana, o libanese, non ha l’appeal e il richiamo di quella italiana o di quella giapponese”. Chiedo a Talal qual è la loro clientela. Lui sorride e ribatte “Ci credi se ti dico che il 97% dei nostri clienti è italiano? Ed escono tutti soddisfatti. Gli ospiti stranieri spesso vengono dai consolati, tipo quello americano o francese. Poco tempo fa è venuta a mangiare la sindaca di Torino, Chiara Appendino, un esempio che dimostra l’interesse e la curiosità suscitati dalla nostra cucina. In effetti, credo che la cucina mediorientale in generale sia molto assimilabile a quella mediterranea, per ingredienti, sapori e palato. Carne, pollame, pesci, verdure e cereali, su tutti il bulgur e il riso, tanto aglio e cipolla, erbe aromatiche. Forse noi usiamo una varietà maggiore di spezie, perché le mettiamo dappertutto e ci aiutano a diminuire il sale e il piccante, ma per il resto sono due culture gastronomiche allineabili”.

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hummus zenobia torino

L'antipasto con hummus e baba ganoush.

E finalmente arriviamo alla sostanza, il cibo: “Gli unici prodotti che compriamo e arrivano dal Libano sono le spezie e le bevande, perché tanto hanno un lungo periodo di scadenza, mentre tutto il deperibile lo acquistiamo qui. Il menu di Zenobia ricalca il tipico pasto siriano, aperto da una moltitudine di meze, piccoli antipastini, principalmente vegetariani, siano verdure crude, cotte, condite all’aceto o con olio e limone, o salse a base di vegetali o legumi, fra cui non può mancare l’onnipresente hummus o il baba ganoush, una salsa a base di polpa di melanzana arrostita, addizionata con tahina, succo di limone ed erbe aromatiche. Buona anche la Mutabbal, in cui il caviale di melanzana viene mischiato allo yogurt bianco e alla pasta di semi di sesamo, ma la scoperta personale è stata il Fatayer, una sorta di sofficissimo fagottino di pasta lievitata ripieno di spinaci, servito caldo.

Al di là delle zuppe o delle minestre di legumi, la portata principale si compone di un piatto unico, a base di carne o pesce, accompagnato da semplice riso, un’insalata di verdure crude e il pane arabo, il khubz, meno sottile e più croccante della pita, ma sempre impastato con acqua, farina e lievito di birra. Gli spiedini di carne alla griglia, pollo, vitello, manzo, agnello, sono contraddistinti da un’immancabile nota speziata, ma non sono per nulla piccanti. Peculiare il kibbeh, un battuto crudo di carne d’agnello che viene pestata e tritata più volte, insieme al bulgur e alle cipolle, fino ad ottenere una pasta omogenea.

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“Non esistono differenze fra la cucina siriana e quella libanese: possono cambiare i nomi delle preparazioni da una regione all’altra, ma essenzialmente le basi delle ricette e gli ingredienti previsti sono quelli, perché la matrice culturale è uguale”

piatto zenobia torino

Il piatto principale.

Prima di divorarmi dei croccantissimi dolcetti di pasta fillo ripieni di anacardi caramellati, Talal mi spiega che “Non esistono differenze fra la cucina siriana e quella libanese: possono cambiare i nomi delle preparazioni da una regione all’altra, ma essenzialmente le basi delle ricette e gli ingredienti previsti sono gli stessi. Siria e Libano erano un Paese unico (sotto l’egida dell’Impero Ottomano, prima del suo disfacimento e delle relative indipendenze), ma il discorso è valido per tutta l’area mediorientale che comprende anche Giordania e Palestina, perché la matrice culturale è uguale. Può variare qualcosa da persona a persona, a seconda della fede religiosa, ma questo è un altro discorso, più individuale e di scelta personale”.

Sul fronte bevande, escludendo quelle fermentate proprio per una questione di osservanza, si spazia dal tè nero, verde, alla menta fino alla birra analcolica, passando per beverage più tipici e caratteristici, come lo gelab, una bevanda ai frutti di bosco, acqua di rose e datteri, l’ ErkSuss, succo di radice di liquirizia, o la limonata homemade, più nota a Damasco come polo, ovvero succo di limone, menta, zucchero e acqua di rose. ”Noi le proponiamo in menu, ma difficilmente le consumiamo durante i pasti, perché sono piuttosto dolci e stucchevoli dopo qualche bicchiere. Vanno meglio come rinfrescanti a metà mattina o pomeriggio”.

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interni zenobia torino

Gli interni del locale

Come se l’avessi dato per scontato, alla fine chiedo a Talal se lui e la sua famiglia si trovino bene a Torino. “Mah, partiamo dal presupposto che si sta bene, pur di non essere nel bel mezzo di una guerra, ma non condivido assolutamente determinate posizioni politiche il relativo trattamento nei confronti dei migranti, dello straniero in generale. Non si possono cogliere soltanto i risvolti negativi dell’arrivo dei migranti, chi spaccia droga, chi uccide, chi delinque, perché tantissime persone come noi vengono in Italia per lavorare, per salvarsi, solo per avere un’opportunità. Purtroppo bisogna viverle certe situazioni, per comprenderle fino in fondo. Io stesso, che vivo, studio e sono integrato qua da tre anni, sono stato vittima di episodi razzisti a Torino, perciò avverto questa forma di pregiudizio nei nostri confronti”.

Baklava

Tranquillo Talal, io da buona forchetta al massimo posso distinguere fra chi mi fa mangiar bene e chi meno. Per cui da oggi siamo ufficialmente amici, con l’invidiabile diritto di offrirmi un pranzo ogni volta che passo da Torino.

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