Interpretazione artistica dell'esopianeta Trappist-1f, che si trova nel sistema TRAPPIST-1. Tutte le immagini via NASA.
La rocket science non è uno scherzo. È una materia complicatissima, tanto da essere diventata un vero e proprio sinonimo di "concetto difficile da comprendere." I primi problemi da affrontare riguardano dunque l'energia necessaria per poter lasciare il nostro pianeta e la tecnologia in grado di produrla.
Razzo Saturn V, utilizzato nelle Missioni Apollo. Fino alla decima sono state missioni di test, mentre l'allunaggio rimasto nella storia è noto anche come missione Apollo 11.
È per questo motivo che, per andare nello spazio, utilizziamo motori a razzo: essi generano energia sfruttando la combustione di propellente chimico, bruciato ad altissima pressione e scaricato ad un'enorme velocità. Il concetto di base è il terzo principio della dinamica di Newton, quello di "azione-reazione": se il corpo B imprime una forza ad un corpo A, quest'ultimo gli restituirà una forza uguale e di verso opposto. Allo stesso modo, il motore imprime al gas di scarico una spinta verso il basso, mentre quest'ultimo reagirà somministrando la stessa identica forza al razzo nella direzione opposta.A questo punto, perchè non sparare un razzo su TRAPPIST-1? Il motivo è che, utilizzando un grosso razzo come il Saturn V — usato dalla NASA nel programma Apollo durante gli anni Sessanta e Settanta —, impiegheremo oltre un milione di anni per arrivare a destinazione.Pensate ai sistemi propulsivi spaziali come se fossero il cambio della vostra automobile
Uno dei Main Engine dello Space Shuttle, qui fotografato in fase di test. Si tratta di un propulsore chimico a idrogeno liquido ed ossigeno liquido.
I motori ionici, per esempio, sfruttano fenomeni elettromagnetici per generare spinta, utilizzando gas come propellente. Il funzionamento è basato sul bombardamento del gas attraverso un fascio di elettroni, che lo ionizzano; attraverso una griglia caricata elettricamente, poi, questi ioni vengono accelerati ed espulsi, generando spinta (sempre attraverso il terzo principio della dinamica).
Il volo STS1 dello Space Shuttle Columbia, nel 1981. Si tratta del primo Shuttle della storia. Il Columbia è poi esploso nel 2003, durante un rientro in atmosfera.
Appurato che con i vari Space Shuttle, Saturn V (e persino i nuovi Falcon Heavy ed SLS) impiegheremmo circa un milione di anni per raggiungere TRAPPIST-1, dobbiamo assolutamente trovare il modo per premere sull'acceleratore.
L'abitacolo della capsula Dragon V2 di SpaceX, che dovrebbe portare equipaggi su Marte. SpaceX rappresenta uno dei giocatori principali nella partita dei viaggi spaziali finanziati da aziende private.
Costruzione del telescopio spaziale James Webb, che andrà a rimpiazzare l'Hubble e sarà in grado di analizzare l'atmosfera di TRAPPIST-1 (tra le altre cose).
Esiste un limite fisico alla velocità, imposto dalla fisica relativistica: la velocità c (quasi 300.000 km/s), ovvero la velocità di propagazione di un fotone nel vuoto. La teoria della relatività, dimostrata da Einstein e fino ad ora inconfutata (anche se non mancano i tentativi in questo senso), afferma che è fisicamente impossibile superare la velocità della luce.Il motivo? Analizzando la formula completa della quantità di moto relativistica ci accorgiamo che, per avere una velocità pari a c, occorrerebbe energia infinita.Tralasciando il divario tecnologico presente tra i nostri mezzi attuali ed una velocità solo paragonabile a quella luminare, immaginiamo di poter viaggiare veloci quasi come la luce.
Alla velocità c, impiegheremo quasi 40 anni per raggiungere TRAPPIST. Si tratterebbe di un lasso temporale davvero enorme per un viaggio, ma almeno sarebbe ancora sensato in relazione alla durata di una vita media umana.Procedendo alla velocità c, inoltre, lo scorrere del tempo subirebbe una gigantesca distorsione all'interno della navicella, un effetto della relatività all'interno di sistemi di riferimento non inerziali.
In parole povere? Sulla Terra passerebbero circa 40 anni, mentre per gli astronauti all'interno si tratterebbe di giorni o mesi, a seconda della velocità di crociera. Pur essendo sostenibile per l'equipaggio, inoltre, sarebbe comunque un viaggio della speranza; le informazioni e i dati trasmessi alla Terra avrebbero una latenza di quasi un secolo.L'ultima speranza risiede nella nostra ignoranza: è assolutamente plausibile che, all'interno dell'universo, esistano leggi fisiche e meccanismi a noi sconosciuti.