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razzismo

Nell'Italia del 2016 un fascista è arrivato a uccidere un migrante per strada

Al di là delle versioni contrastanti su cosa sia effettivamente successo a Fermo, una cosa è certa: nel 2016, i razzisti e i neofascisti possono massacrare un migrante per le strade dell'"accogliente" provincia italiana.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
[Emmanuel e Chinyery durante il loro matrimonio - Foto della Comunità di Capodarco]

Fuggire dalle violenze di Boko Haram in Nigeria, sopravvivere alla Libia e alla traversata verso l'Italia, per poi finire ucciso dalla violenza razzista e neofascista per le strade di Fermo – una tranquilla cittadina di provincia – mentre si sta camminando insieme alla propria consorte.

È questa, in sostanza, l'agghiacciante vicenda di Emmanuel Chidi Namdi, il richiedente asilo nigeriano di 36 anni morto ieri dopo una giornata di coma irreversibile.

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Chidi Namdi era arrivato in Italia otto mesi fa insieme alla moglie Chinyery — che durante il viaggio ha anche perso il figlio che aspettavano. Entrambi avevano trovato accoglienza presso il seminario arcivescovile di Fermo gestito da don Vinicio Albanesi, il quale è anche il presidente della comunità di Capodarco. Lo stesso prete li aveva sposati lo scorso 6 gennaio nella chiesa di San Marco alle Paludi.

"Ho fatto fare loro la promessa di matrimonio," ha raccontato don Vinicio, "non avendo i documenti e non potendo fare l'unione ufficiale, ho ripreso un formulario del medioevo e poi abbiamo fatto una grande festa."

Nel corso della conferenza stampa convocata ieri mattina, il sacerdote ha fornito la versione dei fatti – secondo quanto denunciato da Chimiary – di quanto accaduto nel pomeriggio del 5 luglio 2016.

La coppia si stava recando in centro per comprare una crema, quando all'imbocco di via Veneto "ha incrociato questi due signori sulla panchina. I due hanno iniziato a provocarli. Hanno dato alla ragazza della 'scimmia'. Il ragazzo si è avvicinato a chiedere spiegazioni. Abbiamo saputo che da diverso tempo erano li a provocare i neri che passavano."

A quel punto sarebbero avvenuti i primi diverbi e collutazioni. "Mentre il grande aggrediva Emmanuel il piccolo ha aggredito la ragazza. Anche lei ha ricevuto botte," ha continuato don Vinicio.

"Avrà una prognosi di 5 giorni. A detta della ragazza è stato divelto un palo della segnaletica rimovibile ed il 36enne nigeriano ha ricevuto questa grande botta al cranio nella parte posteriore. È caduto a terra in avanti ed hanno continuato a picchiarlo. La botta con il segnale stradale l'ha presa lui, Emmanuel, e poi è stato praticamente maciullato. Ha tutta la parte destra tumefatta e secondo l'analisi che abbiamo fatto era già in coma mentre lo picchiavano."

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Finora un aggressore è stato identificato e fermato per omicidio preterintenzionale con l'aggravante della finalità razzista. Si tratta del 38enne Amedeo Mancini: imprenditore agricolo della zona, è noto per le sue idee neofasciste e per essere un ultras della Fermana, la squadra di calcio locale. Secondo le cronache, l'uomo ha collezionato ben sette Daspo e ha un lungo elenco di patteggiamenti per "lesioni personali." Un investigatore ha detto a Repubblica che spesso avrebbe insultato "per motivi razziali i ragazzi ospiti del centro di Don Vinicio." Il fratello, interpellato da La Stampa, ha riferito che Mancini "tira le noccioline, quando vede un negro, ma lo fa per scherzare perché è un allegrone."

"Questo signore purtroppo lo conosciamo bene," ha dichiarato Albanesi. "Chiama 'scimmia' tutti gli africani e non è nuovo alle risse. Ha provocato Emmanuel, che ha cercato di difendere la sua compagna di vita."

La dinamica dei fatti fornita dall'indagato – che tramite il suo avvocato ha fatto sapere di essere "distrutto" dall'accaduto – diverge in maniera significativa da quella di Chinyery. Mancini avrebbe spiegato di "aver avuto l'impressione che Emmanuel e la moglie stessero rubando un auto," e che per "evitare il furto" sarebbe intervenuto insultando il richiedente asilo, che a sua volta avrebbe reagito.

L'uomo – e a quanto pare altri tre testimoni – sostiene poi che la moglie della vittima abbia inveito contro di lui e tentato di mettergli le mani addosso. A quel punto Chidi Namdi, scrive il Resto del Carlino, avrebbe "spinto il suo contendente fino all'altra parte della strada, per poi imbracciare il palo della segnaletica stradale e colpirlo, facendolo cadere a terra." Mancini si sarebbe quindi rialzato e "avrebbe sferrato un pugno al volto a Chidi Namdi, facendolo finire sull'asfalto, dove ha sbattuto la nuca."

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La procura - che sta cercando di verificare le varie versioni, tra cui quella della presunta "supertestimone" - ha ricostruito come Mancini, insieme ad un amico, avesse insultato pesantamente ("scimmia africana") Chinyery. Da lì sarebbe nata una collutazione tra Emmanuel e l'italiano, quest'ultimo spinto a terra con un "segnale stradale"; a quel punto, secondo i pm, Emmanuel si sarebbe allontanato "manifestando con tale gesto di aver posto fine alla lite e abbassando la guardia." Mancini successivamente lo avrebbe raggiunto e gli avrebbe sferrato un "violento pugno al volto," tramortendolo e mandandolo in coma irreversibile.

L'episodio si inserisce comunque in un contesto politico e sociale locale che è molto meno idilliaco di quanto possa apparire a prima vista.

Ieri uno status molto condiviso di Massimo Rossi – ex presidente della provincia di Ascoli Piceno – ha denunciato "la barbarie razzista che cresce nell'indifferenza, nell'indulgenza e nella compiacenza di larghi settori della comunità, della politica, delle istituzioni. L'hanno ammazzato di botte dopo averlo provocato, paragonandolo ad una scimmia, due picchiatori, figli della città, cresciuti nell'humus del fascistume infiltrato ampiamente nella tifoseria ultras."

Don Vinicio Albanesi dal canto suo ha parlato di un "clima difficile" e detto che "la provincia è infida," perché "o minimizza o fa considerazioni generali in un clima che generalmente desta preoccupazione. […] Queste due persone che hanno commesso il gesto sono conosciute in tutta Fermo. C'è la copertura che non è esplicita ma è infida, io la chiamo vigliacca."

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In più, sempre secondo il sacerdote, a Fermo ci sarebbero "piccoli gruppi, di persone che si sentono di appartenere evidentemente alla razza ariana. Fanno capo anche alla tifoseria locale e secondo me si tratta dello stesso giro che ha posto le bombe davanti alle nostre chiese. E se lo dico, significa che non è una semplice impressione."

Il riferimento è ad una serie di episodi risalenti a qualche mese fa. A maggio era stato trovato un ordigno rudimentale sotto il portone della chiesa di San Gabriele dell'Addolorata; tra febbraio e marzo due bombe erano scoppiate davanti al Duomo e all'ingresso della chiesa di San Tommaso; nella notte tra il 12 e il 13 aprile, infine, un'altra bomba aveva danneggiato la chiesa retta da monsignor Albanesi.

L'ipotesi principale era quella di gesti intimidatori contro la chiesa fermana, che tra le altre cose accoglie migranti – solo nel seminario arcivescovile, infatti, sono ospitati 124 richiedenti asilo.

Ieri sera, comunque, si è tenuta una fiaccolata di solidarietà proprio nel seminario. Centinaia di persone vi hanno partecipato, incluse le autorità cittadine e il sindaco Paolo Calcinaro. Quest'ultimo ha poi dichiarato che "per una città come la nostra e per la sua comunità, questa notizia è la morte della comunità."

"Noi seguiremo il processo come parte civile se il giudice ci ammetterà," ha poi concluso. "Ho tante scuse e tante domande. Spero che solo unendosi e superando le sciocche divisioni questa città possa e debba trovare la sua forza e la sua vera natura."

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Don Vicino Albanesi, infine, ha invitato i presenti a reagire. "Non volevo che questo episodio diventasse una zuffa finita male," ha detto, "perché è stata una provocazione: fredda e violenta."

Il presidente del consiglio, Matteo Renzi, ha annunciato via Twitter che porterà "il governo oggi a Fermo" contro "l'odio, il razzismo e la violenza." Matteo Salvini, leader della Lega Nord, si è affidato a Facebook per comunicare che "chi uccide, stupra o aggredisce un altro essere umano va punito. Punto. A prescindere dal colore della pelle" – salvo poi prendersela con "l'invasione organizzata" che "non porterà nulla di buono."

E al di là delle versioni contrastanti su cosa sia effettivamente successo, una cosa è certa: nel 2016, i razzisti e i neofascisti possono massacrare un migrante per le strade dell'"accogliente" provincia italiana.

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