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Italia

Armi, cocaina e appalti: come la nuova mala sta cercando di impadronirsi della Sardegna

Dopo la scomparsa dell'Anonima Sarda, i gruppi criminali si sono contesi il business del narcotraffico sull'isola. Ma attorno alla nuova 'mala' e alle sue ramificazioni più o meno organizzate c'è molto, molto altro.
Un murale a Orgosolo. [Foto via Flickr/Marco Ghitti]

La Sardegna "non è immune dalla criminalità organizzata." Era il giugno 2013 quando Roberto Saviano, pronunciò questa frase dal palcoscenico del festival di letteratura di Cagliari.

Alle orecchie di molti l'affermazione risultò azzardata, in virtù della credenza secondo cui i sardi - grazie al senso di auto-giustizia e ai concetti di onore e vendetta su cui era basata la loro cultura pastorale - avrebbero sviluppato degli 'anticorpi' contro la mafia.

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Questa teoria nel tempo è stata sostenuta da numerosi studiosi, tra cui Pino Arlacchi, che nel libro "Perché non esiste la mafia in Sardegna?" spiega come i valori espressi dal codice barbaricino - che sancisce la tutela della dignità del singolo individuo anche attraverso azioni violente - hanno tenuto i cosiddetti balentes lontani dalla criminalità organizzata vera e propria.

Ma nonostante l'articolo 416 bis del codice penale - che si riferisce alle associazioni di stampo mafioso - sia stato applicato in Sardegna solo una volta nei confronti della cosiddetta 'rosa nera d'Ogliastra' (alias Maria Ausilia Piroddi) e del suo 'clan', alcuni episodi di cronaca sembrano in parte poter contraddire la tesi della Sardegna "immune" dalla malavita.

"Il pericolo mafioso nell'isola è reale," spiegava l'ex procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. "Esistono contatti con la malavita sarda per il traffico di stupefacenti e penetrazioni delle cosche in crescita nel settore turistico."

Vecchi banditi, nuovi business

Le parole di Grasso e quelle di Saviano sembrano trovare conferma nell'ultima vicenda che ha coinvolto il più famoso bandito sardo del dopoguerra, Graziano Mesina, arrestato nel giugno 2013 nell'ambito di un'operazione che ha sgominato due organizzazioni criminali dedite al narcotraffico.

Una delle due bande era capeggiata dallo stesso Grazianeddu, com'era soprannominato, condannato all'ergastolo e graziato nel 2004 dall'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. L'altra banda faceva invece riferimento alla 'ndrangheta.

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Il processo è ancora in corso. Mesina, accusato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti, si è difeso affermando che, se davvero fosse stato interessato alla droga, nel 2009 (quando l'inchiesta era già stata avviata) non avrebbe accettato di partecipare al reality show 'L'Isola dei Famosi' — a cui poi il bandito non prese parte solo perché la proposta fu ritirata in extremis.

In ogni caso, è ormai stato provato che il commercio di droga ha sostituito i sequestri di persona come fonte principale di guadagno della mala isolana.

L'attività della cosiddetta Anonima Sarda subì una definitiva battuta d'arresto in seguito all'introduzione della legge sul congelamento dei beni della vittima e al cambiamento della struttura economica dell'isola.

Operazione a Sassari contro il traffico internazionale di stupefacenti [via canale YouTube dell'Arma dei Carabinieri]

In concomitanza con il boom del turismo sulle coste sarde, i vari gruppi criminali capirono che gli stupefacenti sarebbero potuti diventare un enorme business.

E avevano ragione. Si stima che solo il traffico di cocaina frutti in Sardegna circa 200 milioni di euro all'anno.

La droga, cocaina in primis, circola soprattutto nelle periferie di Cagliari e di Sassari, per mezzo di spacciatori locali.

Ma ben presto il traffico di stupefacenti, per via della posizione geografica strategica della regione, ha attirato anche elementi esterni.

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Da una parte, bande criminali straniere, per lo più albanesi, nigeriane e colombiane, che operano fra Spagna, Albania, Belgio, Africa e Sudamerica. Dall'altra - come sembrerebbe nel caso dell'inchiesta riguardante Graziano Mesina -, personaggi legati alla 'ndrangheta, ma anche alla camorra e a Cosa Nostra.

I punti di accesso dei narcotici (cocaina, eroina, hashish, spice), in molti casi contenuti all'interno di ovuli ingeriti da corrieri di varie nazionalità, sono principalmente i maggiori porti e scali aeroportuali dell'isola — definita nell'ultimo rapporto della Direzione Nazionale Antimafia "una sorta di piattaforma ideale per il traffico delle sostanze stupefacenti [provenienti] dal Marocco e dalla Spagna destinate al continente."

Sequestro di 500 kg di hashish provenienti da Napoli nascosti in un motoscafo a Cagliari [via canale YouTube della Polizia di Stato]

"La Sardegna è diventata un punto di irradiazione della droga in buona parte del Mediterraneo, e in questo ha sostituito la funzione che negli anni passati aveva avuto la Corsica," spiega a VICE News Giovanni Meloni, professore dell'Università di Sassari.

"Le autorità istituzionali tendono ad affermare che in Sardegna c'è un ingresso di droga ma non un'uscita solo perché questa uscita non è stata trovata (e forse nemmeno cercata)," prosegue Meloni. "È ingenuo pensare che dosi così massicce di droga siano destinate esclusivamente al mercato interno." La popolazione della Sardegna supera a malapena la metà di quella di Roma."

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Ma la nuova mala sarda, oltre a commerciare sostanze stupefacenti, si dedica anche alla coltivazione della canapa indiana, specialmente nella zona centro-orientale dell'isola.

Secondo i dati della Direzione Centrale Servizi Antidroga (DCSA), dal 2012 la Sardegna è la quinta regione italiana per numero di sequestri di piante di cannabis. Nel 2015 ne sono state confiscate oltre 16.300, per un totale di 107 sequestri.

"Alcune situazioni hanno le caratteristiche della presenza inequivocabile della criminalità organizzata," dice Giovanni Meloni. "Esistono piantagioni sorvegliate da uomini armati, proprio come quella in Sicilia dove poco tempo fa è stato ucciso un carabiniere."

Armi e violenza

C'è poi un altro traffico illegale attorno a cui ruota la delinquenza isolana: quello delle armi. "Mentre ai tempi della 'French connection' era la Corsica a rifornire di armi i banditi sardi, oggi questo commercio è alimentato soprattutto dalla criminalità organizzata," spiega a VICE News il procuratore di Sassari Gianni Caria.

Anche le rapine spesso sono finalizzate al conseguimento di armamenti di vario genere. "Molti cacciatori sono vittime di rapine finalizzate al furto degli strumenti di caccia," afferma Meloni.

"Le armi in Sardegna sono largamente diffuse. La propensione alla violenza tipica della società pastorale esiste ancora, anche se la balentia [che, specie in Barbagia, indicava il valore del vero uomo sardo] è scomparsa."

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Basti pensare che Nuoro, con cinque morti ammazzati ogni 100mila abitanti (la media nazionale è di 0,9), detiene il primato italiano della città con più omicidi in proporzione alla popolazione.

"Oggi - continua Meloni - la figura del balente è [erroneamente] incarnata dal ragazzino che per essere stato guardato male da qualcuno estrae la pistola e spara." Come ha fatto appena un anno fa un diciassettenne che ha ucciso a fucilate un rivale in amore, sparandogli in faccia.

Ma le armi rappresentano anche uno strumento, un mezzo attraverso cui realizzare rapine in grande stile, "che denotano un'organizzazione di tipo militare molto raffinata," commenta Meloni.

Nel settembre 2015 banditi armati di kalashnikov e fucili hanno assaltato un portavalori sulla superstrada 131, dopo avere incendiato due auto per bloccare la circolazione in entrambi i sensi di marcia. Il bottino, pari a mezzo milione di euro, con tutta probabilità è stato poi investito nel narcotraffico.

Rapina al caveau di un istituto di vigilanza a Nuoro [via canale YouTube della Polizia di Stato]

Dalle intimidazioni ai politici alla 'sindacopoli' sarda

Una caratteristica che accomuna il vecchio banditismo con la nuova mala è il ricorso agli attentati, laddove con attentato - come spiega Antonietta Mazzette, responsabile dell'Osservatorio sociale sulla criminalità in Sardegna - si indica in generale un'azione mirata a incutere paura, con bombe, auto incendiate, pallottole spedite per posta.

Gli attentati riguardano in genere imprenditori, titolari di esercizi commerciali, sindaci e assessori. Recentemente il procuratore di Tempio Pausania (Sassari), Domenico Fiordalisi, ha ricevuto addirittura minacce di morte.

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Secondo quanto riporta la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni agli amministratori locali, la Sardegna sarebbe la regione italiana con il più alto numero di attentati contro gli amministratori locali.

Talvolta la situazione è diventata così pesante da rendere impossibile l'amministrazione di un Comune. Il caso più eclatante è accaduto a Lula, paesino con meno di 1.500 abitanti in provincia di Nuoro rimasto senza consiglio comunale per 13 anni — fino al 2002, quando fu eletta sindaco Maddalena Calia.

A detta del procuratore di Sassari Gianni Caria, il fatto che gli attentati nei confronti degli amministratori avvengono soprattutto in centri piccoli "dimostra che si possono ricondurre a interessi di ambito locale."

"La minaccia attraverso il danno è una caratteristica essenziale della criminalità organizzata per controllare il territorio," puntualizza Meloni, secondo cui emergono i primi segnali di una connivenza tra politica e mafia e quindi di una vera e propria infiltrazione mafiosa nell'isola.

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"Se la mafia ci ha messo tanto ad arrivare è perché la Sardegna è diventata appetibile solo recentemente, grazie all'attività turistica sulle coste e alla valorizzazione dei beni immobili, mentre prima la sua ricchezza erano le greggi di pecore," chiarisce il professore.

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"Bisogna però essere cauti, perché indagini e processi sono ancora in corso. Non ci sono sentenze definitive."

Meloni non è però l'unico a fare riferimento a episodi che lasciano pensare alla penetrazione della criminalità organizzata nella politica locale.

Andrea Viola, ex consigliere del Partito Democratico a Golfo Aranci, Comune di 2.400 abitanti in Gallura, nel 2012 segnalò che da anni lavorava in municipio un imprenditore vicino a Cosa Nostra, Salvatore Costanza. "La maggioranza di accusò di infangare il nome del paese," racconta Viola a VICE News.

Il pentito Giuseppe Vaccaro avrebbe poi riferito alle autorità che, a detta di Costanza, "La Sardegna è come la Sicilia", in quanto "prendere i lavori" sarebbe altrettanto facile.

Operazione a Oristano contro un giro di appalti truccati e tangenti [via canale YouTube della Guardia di Finanza

Ma le notizie di cronaca non finiscono qui. Nell'aprile del 2015 è scoppiata la cosiddetta 'sindacopoli sarda', un'inchiesta che ha coinvolto diversi amministratori, imprenditori, funzionari e politici, accusati di truccare appalti pubblici.

L'ultimo filone dell'indagine risale allo scorso aprile e riguarda una gara milionaria per il completamento della statale Sassari-Olbia in cui sembra essere coinvolto anche l'europarlamentare di Forza Italia Salvatore Cicu — già accusato di avere riciclato denaro per il clan dei Casalesi.

Il riciclaggio di denaro sporco

Se per verificare i legami tra mafia e politica bisognerà aspettare ancora, il riciclaggio di denaro sporco in Sardegna da parte della criminalità organizzata peninsulare (ma anche di boss russi) sembra invece diventato un'abitudine consolidata.

"[Il reimpiego di soldi] tocca la gestione delle energie rinnovabili, il trasporto e lo smaltimento di rifiuti, ma anche alcuni massicci investimenti immobiliari," spiegava a La Nuova Sardegna nel 2013 Salvatore Sechi in qualità di consulente della Commissione parlamentare antimafia.

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Nel 2015 gli immobili sequestrati alla mafia sono stati 213, di cui 62 solo a Olbia.

Un altro elemento che suscita il timore di infiltrazioni della criminalità organizzata è il continuo trasferimento di boss mafiosi in regime di 41 bis nelle carceri sarde (appena qualche mese fa ne sono stati portati 90 nel carcere di Bancali, vicino a Sassari). Ma con i detenuti spesso arrivano anche i loro famigliari e fedelissimi.

In ogni caso, sembra che per il momento la tipica struttura gerarchica e la stabilità delle organizzazioni mafiose non abbia intaccato la mala sarda.

"La criminalità autoctona è formata da gruppi di persone che operano insieme solo con lo scopo di commettere un determinato reato, ma poi ognuno prende la propria strada," ribadisce il procuratore Caria.

"Ormai non esistono più neppure famiglie sarde in grado di esercitare un certo potere," dice a VICE News Maria Luisa Salis, di 'Libera Sardegna'. "I nuovi delinquenti sono cani sciolti."

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_Foto in apertura di Marco Ghitti via Flickr in_ Creative Commons