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Musica

Recensione: Anna Von Hausswolff - Dead Magic

La magia sarà anche morta, ma a giudicare da questi cinque pezzi di darkwave catartica e sperimentale registrati in una chiesa di marmo a Copenhagen non si direbbe.

… È in questo silenzio, in un centro sconosciuto e soltanto immaginato, che nascono le leggende. Ahimè! Ecco perché non ci sono leggende, al nostro tempo. Perché è un tempo privato dei segreti e del silenzio; in loro assenza, nessuna leggenda può crescere. Così, più o meno, diceva Walter Ljungquist, autore svedese mancato nel 1974. Anna Von Hausswolff, sua conterranea che ha da poco superato la trentina, ha scelto parole ben precise per accompagnare il suo nuovo album, e chissà che direbbe Ljungquist se potesse vedere i nostri, di tempi. Sicuramente sarebbe d’accordo su una cosa: la magia è morta.

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La bionda di Göteborg per registrare il suo nuovo lavoro si è spostata a Copenaghen, lavorando per nove giorni insieme alla sua band e a Randall Dunn nella Marmorkirken, la Chiesa di Marmo della capitale danese, facendo uso e abuso dell’organo a canne del 1963. E che abuso; da questi nove giorni di lavoro escono cinque pezzi tra i cinque minuti e il quarto d’ora che infilano una serie di riferimenti clamorosi e una dose di personalità affatto trascurabile. C’è il drone dei Sunn O))) e il piglio vagamente cantautoriale di Marissa Nadler (e fin qui tutto regolare, entrambi vengono prodotti da Dunn); c’è la darkwave più algida dei Dead Can Dance e quella più frizzantina dei Cocteau Twins di Blue Bell Knoll quando Anna si lancia in qualche sperimentazione vocale; c’è la sacralità psych folk da deserto americano di Jon Porras ed Evan Caminiti e c’è la sacralità della musica di chiesa; c’è, soprattutto, un’imprevedibilità di fondo che rende le riflessioni di Dead Magic sorprendentemente ammalianti.

Anna Von Hausswolff sembra non volersi chetare mai, ma essere alla continua ricerca di risposte, sempre pronta a scoprire qualcosa di nuovo su di sé e sul mondo che la circonda, come una Diamanda Galás più morbida e accogliente, anche se con toni ugualmente cupi. Perché Anna si concentra sulla morte, sull’occulto e sull’esoterico, e nonostante in lei non ci sia nulla di “brutto e vendicativo”, la sua musica è una catarsi di pensieri non troppo felici. Per quanto più slegato dalla forma canzone, Dead Magic riesce comunque ad essere accessibile, per accessibile che possa essere un disco darkwave sperimentale registrato in chiesa e con un video singolo in cui l’autrice era sepolta viva.

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Per me che l’ho conosciuta soltanto lo scorso anno grazie al suo contributo su Thrice Woven, questa ragazza è un talento cristallino. O magari non proprio cristallino, più tendente all’onice, ma comunque un talento. Con Chelsea Wolfe, Emma Ruth Rundle e qualche altra (massì, infiliamoci pure Zola Jesus e la già nominata Marissa Nadler, soprattutto nelle sue versioni elettriche fissascarpe), la nuova generazione di signore tristi è una delle cose meravigliose degli anni Dieci.

Dead Magic è uscito il 2 marzo per City Slang .

Ascolta Dead Magic su Spotify:

TRACKLIST:
1.The Truth, The Glow, The Fall
2.The Mysterious Vanishing of Electra
3.Ugly And Vengeful
4.The Marble Eye
5.Källans återuppståndelse

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