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Illustrazione di Juta.
Cultura

Non riesco a smettere di inventare bugie su tutto

Con le bugie compulsive inizi a mentire senza neanche accorgertene—abbellendo, esagerando o inventando cose a caso, fino a perdere il controllo.
Niccolò Carradori
Florence, IT
Juta
illustrazioni di Juta

Alle elementari ho raccontato a un mio amico che mi ero fidanzato con Christina Ricci, quella di Casper. Durante la ricreazione lo avevo obbligato ad ascoltare, con dovizia di particolari, la storia di come lei mi avesse promesso amore eterno durante una vacanza in Corsica passata con i rispettivi genitori. Non ricordo se i genitori di Christina Ricci fossero con noi quell'estate, ma di sicuro lei non c'era.

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Non era la prima volta che raccontavo una bugia, figuriamoci, ma credo fosse la prima che ne raccontavo una totalmente inutile. Da sempre dicevo ai miei amici che mio padre e mia madre erano felicemente sposati, anche se avevano divorziato: ma sapevo di farlo perché provavo vergogna, e volevo nascondere una situazione che mi addolorava. Che senso poteva avere invece raccontare quella cazzata su Christina Ricci? Nessuno, eppure ricordo di aver provato una strana sensazione di benessere, come se fossi in una bolla protettiva, mentre mi inventavo quella panzana. Sensazione che ho provato più e più volte nel corso dell'infanzia e dell'adolescenza.

Ho usato questa storia inutile come introduzione perché quando si parla di "bugie" penso sia necessaria una distinzione. Tutti nella vita, prima o poi, mentono. Per convenienza, per paura, o semplicemente perché vogliono tenere sotto riserbo un dettaglio privato. Addirittura a volte si è obbligati a farlo.

Mentire continuamente e compulsivamente, però, è un'altra cosa.

"Spesso," mi ha detto M, 29 anni, "mi sorprendo mentre sto inventando una serie di fandonie durante una conversazione, e non riesco a capire nemmeno perché abbia iniziato. Abbellisco, esagero, o stravolgo la realtà quasi completamente a caso."

Il rapporto con questo tipo di menzogna è strano da spiegare: a volte sei talmente abituato a nascondere la verità che gli strati di bugie si sommano senza che tu te ne renda conto. "Per un periodo della mia vita," mi ha detto C, 34 anni, "ho avuto bisogno di prendere delle benzodiazepine per dormire. Non lo sapeva nessuno, e dicevo ai miei genitori e a mio marito che le goccine che mi vedevano ingurgitare servivano ad alleviare fantomatici disturbi mestruali. Andavo di nascosto dal medico, e me le facevo prescrivere in continuazione. Quando per caso hanno trovato le ricette, ho inventato altre bugie per giustificarmi. E questo ha innescato un meccanismo di non ritorno, che alla fine ha creato una situazione complicata in famiglia."

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Tracciare il confine esistente fra menzogna compulsiva e menzogna patologica è complicato: la menzogna patologica è spesso legata e inserita nella sintomatologia di disturbi maggiori come disordini della personalità (borderline o narcisistico) e del comportamento. Io, così come M e C, non ho mai ricevuto una diagnosi legata al mio rapporto con la menzogna, e non presento gli altri sintomi correlati ai disturbi sopra citati. Ma ho avuto la mia buona dose di analisi per scandagliare questo rapporto problematico con la verità—e le relazioni, come vedremo più avanti.

M, C, io e molti altri abbiamo inventato balle per anni: alla nostra famiglia, ai nostri amici, ai professori a scuola, e anche a semi-estranei delle cui opinioni apparentemente non ci fregava niente. Diventa quasi un riflesso involontario, che si ingigantisce nel tempo e crea delle situazioni paradossali. Ma cosa ci spinge a mentire? È il bisogno di manipolare gli altri? È un rifiuto della realtà? Ma soprattutto: è un aspetto del carattere, o è un comportamento dovuto a ragioni sistemiche?

Per la dottoressa Cristina Nesti, terapeuta specializzata in medicina psicosomatica, non esiste alcuna attitudine alla menzogna. "Il bisogno compulsivo di mentire, o l'urgenza di omettere la verità, sono dei condizionamenti dovuti a fattori ambientali. Ma per capirlo bisogna scindere la bugia in età infantile da quella in età adulta. Tutti i bambini piccoli attraversano una fase naturale in cui mentire è visto come un modo per scampare ai rimproveri dei genitori, ma se si cresce in un ambiente che accoglie e accetta la verità (in cui non si giudica, non ci si arrabbia o non si va in ansia), allora pian piano il senso di fiducia che il bambino mostra per le risposte degli altri cresce. Chi da adolescente o da adulto mostra un rapporto compulsivo con la menzogna, ha solitamente ricevuto la risposta contraria. E porta questo modello di comportamento—un modello di protezione— anche all'esterno del nucleo familiare."

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Sembra banale ricondurre un comportamento complesso come la menzogna al contesto familiare, ma se ci penso bene, i rapporti mediati dal maggior numero di bugie, nella mia vita, sono stati quelli con la famiglia. E lo stesso vale per molte delle persone con cui ho parlato: "Ancora oggi il rapporto con i miei genitori è fatto di mezze verità o menzogne," mi ha detto C. "Mia madre è sempre stata molto ansiosa, e non abbiamo mai avuto in generale un buon confronto: ogni conversazione in cui tento di mettere delle cose vere sul tavolo diventa sempre una discussione, e siccome siamo tutti irascibili la situazione spesso degenera in lite."

"La componente fondamentale della menzogna," continua la dottoressa Nesti, "è il senso di disistima e di inefficacia che viene da un contesto in cui ci si è sentiti non accettati, anche inconsciamente. Per questo si mente: per rendersi più piacevoli, più ricchi, più accettabili agli occhi degli altri. Si mente perché ci si sente in difetto, e si pensa che se non si rispettano certe aspettative i rapporti si comprometteranno."

"Quando mi sono trasferita in un'altra città per un master," mi ha detto M, "ho conosciuto dei nuovi amici. E fin dall'inizio ho cominciato a inventare per loro una vita che non avevo vissuto. Gli dicevo di aver fatto determinati viaggi, di aver preso determinate droghe, di aver avuto molti più ragazzi di quelli con cui ero stata. Mi inventavo di tutto. E ogni volta che gli amici del mio paese venivano a trovarmi dovevo stare attenta a dove finivano le conversazioni per evitare di essere sbugiardata. È andata avanti così per tutta la durata del master."

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Io, che per tutta la triennale ho avuto un libretto per gli esami che sostenevo realmente, e uno per gli esami che dicevo a mio padre di aver sostenuto, non posso che confermare queste sensazioni. Inizialmente pensavo di poter controllare la situazione, credevo che sarebbe stata solo una menzogna transitoria—ma dover continuare a giustificare qualcosa che avevo creato per sentirmi meno inetto, e mandare avanti questa pantomima, mi faceva stare sempre peggio.

Questo meccanismo viene approfondito dalla dottoressa Nesti, che dice: "I bugiardi sembrano dei manipolatori. Ma in realtà sono loro a venire manipolati dall'ambiente, sono loro a doversi accomodare agli altri. Anche quando ricorrono a delle furberie, o a degli inganni. Per questo si inventano delle falsità in base alla situazione in cui si trovano: perché non pensano mai di avere il diritto di ottenere quello che desiderano solamente attraverso ciò che sono. C'è sempre qualcosa da mascherare o da inventare." E quindi veniamo al dunque: esiste un modo per uscirne? Secondo la dottoressa Nesti, l'unico modo è affrontare la questione ambientale. "I paradigmi che abbiamo introiettato ce li portiamo dentro sempre, se non li affrontiamo e smontiamo. Chi è cresciuto in un ambiente di disconferma dell'identità è come se si portasse dentro una parte di infanzia che non se ne va mai: l'aspettativa del giudizio su chi siamo, il senso imminente di rimprovero, sono tutte componenti di una parte della vita che con l'età adulta dovrebbe terminare. Gli adulti realmente formati si sono confrontati con se stessi, e si sono accettati."

Ad un certo punto, verso i 24 anni, ho capito che la mia vita stava andando in una direzione che non sapevo controllare e mi sono imposto di mentire di meno. Ma quel senso di impotenza quando si tratta di essere sinceri lo provo ancora oggi: dire la verità su cose che mi mettono in difficoltà è sempre un grandissimo sforzo, e spesso mi sento totalmente nudo. Per questo di frequente vado in oversharing preventivo: alle nuove persone che conosco metto subito in mostra i miei lati più ignobili, così sanno già tutto. Come a dire, "io sono fatto così, così, e così: le miserie della mia vita sono queste. Ora lo sai, non chiedermi altro."

A volte capita ancora che ci ricaschi: recentemente ho detto una gigantesca bugia a una ragazza con cui stavo uscendo, che non specificherò perché magari può leggere questo articolo (ma comunque mi scuso con lei). L'insegnamento principale che mi sento di lasciare da tutta questa vicenda, però, è: nessuno può dirvi chi siete, e salvarvi dalla responsabilità di capirlo da soli. Non c'è abbastanza liquido amniotico per coprire tutto il mondo.

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