Innanzitutto chiariamo una cosa: si chiama panzerotto, il calzone è un’altra cosa.
Se c’è un ossessione per noi pugliesi a Milano è quella di ridurre, in tutti i modi possibili, la distanza da casa. Devo dire che oggi trovare la Puglia a Milano non è un compito difficile: la leggenda narra che sia la più grande città pugliese dopo Bari (cosa che non fatico a credere), e c’è perfino un quartiere che si chiama Bisceglie (come la città a mezz’ora dal capoluogo).
Ora che la mia regione è cool grazie a vip, influencer e matrimoni regali non c’è nemmeno più bisogno di mimetizzare il dialetto. Fondere le espressioni idiomatiche milanesi e pugliesi è addirittura consigliato negli ambienti più altolocati.
Questa esplosione ha portato anche alla proliferazione di luoghi devoti al culto del cibo in salsa pugliese, e in particolare quelli dedicati a un cibo da strada, il panzerotto. Perché è buono, economico, e prende tanti like su Instagram.
Innanzitutto chiariamo una cosa: si chiama panzerotto (o panzarotto, almeno in Puglia). Il calzone è un’altra cosa. Non m’interessa aprire una diatriba sulla questione, ma d’ora in poi sappiate che mi riferirò all’Altissimo solo con questa parola (per i linguisti all’ascolto, qui trovate l’etimologia).
Sbrighiamo subito un’altra questione, visto che ci siamo: il panzerotto si mangia fritto. Quello al forno è un’aberrazione (presente anche in Puglia) per salutisti, e a noi pugliesi i salutisti non piacciono (anche perché la nostra è una cucina povera e sana).
Per trovare i migliori panzerotti di Milano mi sono portato dietro uno chef
Prima di raccontarvi del mio viaggio alla ricerca del miglior panzerotto di Milano, mi urge fare altre due premesse. La prima è di dirvi che sì, potete fidarvi di me, sono un pugliese DOC, ma ho pensato che un po’ di scienza gastronomica potesse aggiungere credibilità al mio scritto. Così ho chiesto di accompagnarmi ad un amico chef, pugliese anche lui: Lucio Mele.
Se non avete già sentito il suo nome, beh, sappiate che è il cuoco dietro al miracolo Pescaria (l’altro street food protagonista di file chilometriche a Milano). Spero di avervi rassicurato: questo articolo sarà assolutamente serio, attendibile e severo - col panzerotto non si scherza.
L’altra è quella di dipanare i vostri dubbi su cosa sia un panzerotto: per esempio, non è una pizza fritta napoletana (comunque buonissima). L’impasto è più o meno simile, mentre cambiano la forma e il ripieno.
Il panzerotto pugliese è
Questa è la ricetta base. Seguitela attentamente perché il panzerotto è nei dettagli.
L’impasto è semplice: acqua, farina 00, lievito di birra, olio extra vergine d’oliva, sale e un po’ di zucchero. C’è chi, come Lucio, mette la patata per dare più colore.
L’impasto va rigorosamente trombato - come si dice a Bari, non chiedetemi il perché - cioè lavorato coi pugni chiusi dalla parte delle falangi, e poi graminato, steso. Dopo la lievitazione, si stendono i panetti e si procede con il ripieno. Salsa di pomodoro e mozzarella fior di latte è la versione classica; poi c’è chi aggiunge i capperi o acciughe, o chi preferisce un ripieno alternativo con carne trita o cime di rapa.
La chiusura è il momento clou del processo: il disco viene richiuso a mezzaluna facendo fuoriuscire l’aria per evitare che il panzerotto esploda letteralmente quando immerso nell’olio.
La cottura avviene in olio d’arachidi caldissimo (perché regge meglio le alte temperature). Il panzerotto va accarezzato con amore e ruotato su entrambi i lati per ottenere una doratura perfetta. Una volta pronto, va lasciato solo qualche secondo ad asciugare su carta da cucina e mangiato all’istante, bollente.
Questo aspetto è fondamentale. Diffidate da chi vi serve un panzerotto che è evidentemente lì da molto, troppo troppo tempo.
Panzerotti pugliesi a Milano: iniziamo da Luini
Luini, Milano. Foto Alice Gemignani
Il nostro tour non può non cominciare che da Luini, autentica leggenda in città, perfino premiato con l’Ambrogino d’Oro. Praticamente qui Luini è sinonimo di panzerotto. Vi svelerò un segreto: nei miei sette anni qui mi sono sempre rifiutato di andarci. I motivi sono vari, ma vi basti pensare che già alla vista il “panzerotto” di Luini può apparire delizioso (alla pari di un Big Mac), ma di sicuro, ecco, non è un panzerotto.
Comunque, decidiamo di sacrificarci per voi e, alla fine, lo facciamo. Spendiamo 5,20 euro per due panzerotti.
La temperatura è fra il caldo e il tiepido, ma non bollente. Questa ci sembra una precisa scelta di marketing: il panzerotto bollente sarà pur fedele alla tradizione, ma non è assolutamente tourist-friendly. Rischi di sporcarti le scarpe di Gucci comprate in Rinascente e di ustionarti irreparabilmente per il resto dei tuoi giorni. Mangiare un panzerotto bollente richiede un certo know-how.
Panzerotto, ovvero l'accessorio fashion per la prossima stagione. Foto Alice Gemignani
Secondo lo chef, il panzerotto ha un impasto un po’ troppo spesso, la doratura è invitante, la salsa di pomodoro è acidula e sembra ketchup, la mozzarella è in realtà una scamorza, quindi non fila e non produce la classica acquetta ustionante.
Una riuscita reinterpretazione in chiave globalista, fotogenica per #foodiegram e #selfie, perfetta per momenti di fame chimica o per saziarsi in una faticosa giornata di visita della città.
Promosso, come promuoveremmo a pieni voti il kebabbaro che ci salva il culo alle 4 del mattino.
Il Panzerotto del Senatore
Foto Alice Gemignani
Prendiamo la metro e da piazza Duomo ci spostiamo qualche fermata più in là, a Porta Venezia. Appena risaliti in superficie, in corso Buenos Aires, è molto probabile che veniate investiti e inebriati da una nube di fritto. Quello è il segno che siete nei pressi de Il Panzerotto del Senatore, la nostra seconda tappa.
Questa panzerotteria, che si è trasferita in questa via da due anni (prima era in zona Colonne), è stata aperta da pugliesi provenienti dalla Valle d’Itria, quella zona della Puglia dove i muri sono tutti rigorosamente intonacati di bianco.
Il nome del locale deve la sua origine al Senatore Cappelli, che nell’800 coltivava grano in Puglia e che, con l’aiuto del genetista Nazareno Strampelli, creò una tipologia di frumento di qualità superiore.
Ed effettivamente, il panzerotto qui mostra una materia prima eccellente in tutte le sue componenti: dal fior di latte al pomodoro, il panzerotto è una gioia papillogustativa (ed è fritto al momento).
Il panzerotto filante deI Il Panzerotto di Senatore. Foto Alice Gemignani
La mozzarella fila che è un piacere. Ci convince meno, invece, su altri fronti: l’aspetto alla vista è un po’ anemico (forse la temperatura dell’olio è troppo bassa), il ripieno manca di pomodoro e l’impasto è un po’ spesso e troppo lievitato.
Promossa la filiera, da rivedere l’impasto e la frittura. Comunque, un buon panzerotto. Costo 2,70 euro, né alto né basso.
Il Panzerotto (via Spontini)
Il Panzerotto di via Spontini. Foto Alice Gemignani.
Qualche centinaio di metri più avanti, nei pressi della fermata Lima, giri l’angolo ed arrivi in via Spontini. Ma la vera star qui non è la prima sede dell’omonima pizzeria, ma l’insegna qualche passo più avanti: Il Panzerotto - nome più minimal ed efficace non si poteva trovare - è uno spazio accogliente dove si respira pugliesità in ogni metro quadro (in vetrina c’è persino un mini ulivo).
Si vede che dietro ci sono due pugliesi veri: sui muri non ci sono appesi i soliti stereotipi catchy dedicati alla Puglia, ma due grafiche che parlano da sole, quelle che starebbero rispettivamente alla pagina 1 e 2 nella Bibbia del Panzerotto.
Foto Alice Gemignani
Se penso che qualche anno fa in un bistrot pugliese mi avevano servito il panzerotto con le posate (“perché i milanesi lo vogliono così”), per me questa è una boccata d’aria fresca.
Il panzerotto de Il Panzerotto è IL PANZEROTTO. Non ci sono cazzi: quando varchi l’ingresso di questo locale, vieni automaticamente catapultato nei vicoli di Barivecchia. La doratura è perfetta, la forma è quella tradizionale con la chiusura non ripiegata, il ripieno è saporito, filante ed acquettoso. Anche qui fritto al momento e servito alla temperatura corretta, all’ideale soglia fra il ricovero nel reparto grandi ustionati e il paradiso.
L’impasto, elemento nel quale si celano la maggior parte dei segreti legati a questo cibo, è leggero, tanto che ne potreste mangiare altri tre o quattro com’è d’uopo.
I panzerotti de Il Panzerotto di Milano. Foto Alice Gemignani
Come dovrebbe essere un panzerotto
L’unico neo, che il Cracco che alberga dentro di noi c’impone di segnalare, è la presenza nel ripieno dell’origano: più che un neo, è una scelta che ad alcuni potrebbe piacere, ad altri meno. Su questo io e Lucio ci dividiamo: io apprezzo un ripieno più pulito, senza troppe interferenze, mentre allo chef piace una nota più profumata.
Ovviamente trovate anche la birra Peroni ghiacchiata, compagna imprescindibile del panzerotto. Questo è un locale di amore e passione senza ostentazioni.
In più, non fa mai male dirlo, si rivelerà essere il panzerotto più economico del tour: 2 euro e 50. Feels like home.
Panzarotti
Panzarotti in viale Bligny. Foto Alice Gemignani
Decidiamo di spostarci a Milano sud, più precisamente in viale Bligny 1. Anche qui luogo di pugliesi veri, da Cerignola (FG), che nel 2013 hanno aperto Panzarotti (variazione foggiana del termine).
Foto Alice Gemignani
Il punto forte qui è la mole impressionante di ripieni che puoi mettere nel panzerotto (una pratica diffusa in Puglia). Mancano sfortuntamente i salumi pugliesi, come il capocollo di Martina Franca. Per rimanere fedeli alla linea, decidiamo di optare per la versione classica, pomodoro e mozzarella.
Qui, purtroppo, le cose non vanno bene: più che un panzerotto, ci sembra un pane fritto con ripieno di mozzarella per pizza e tanto pomodoro. L’impasto è gommoso, e te ne accorgi non appena addenti la punta.
Se c’è una cosa che ami dell’esperienza gustativa di un panzerotto è quel contrasto fra la fragranza dell’esterno e la morbidezza dell’interno, qui del tutto assente e sostituito da una massa indistinta probabilmente fatale per la digestione.
È anche uno dei due panzerotti più costosi: 3 euro.
Da pugliesi a pugliesi ci spiace doverlo bocciare sonoramente e, nelle nostre preferenze, viene scalzato perfino dall’odiato Luini.
Mimì Gourmet
Mimì Gourmet, zona Paolo Sarpi. Foto Alice Gemignani.
Prendiamo un tram e da zona 24 Maggio ci spostiamo alle porte di via Paolo Sarpi, in piazzale Baiamonti, dove il baracchino di Mimì Gourmet domina da anni, dal giorno alla notte. Il luogo è stato aperto da pugliesi inizialmente come rivendita di funghi e tartufi, mentre ora è gestito come bistrot urbano da un ragazzo lombardo che non tradisce le chiari origini meridionali.
Lo chef, nonostante le origini certamente non pugliesi, dimostra di aver appreso bene la SRP - Sacra Ricetta del Panzerotto. Lo osserviamo mentre stende la massa, la stende, la farcisce un generoso ripieno e immerge le due mezzelune nell’olio bollente. L’olio è nuovo e pulito.
La preparazione del Panzerotto. Foto Alice Gemignani
Chiusura del Panzerotto. Foto Alice Gemignani
Foto Alice Gemignani.
Curiosi di assaggiare il panzerotto e intrattenuti da Giulio, approfittiamo delle coperte per scaldarci un attimo. È uno dei giorni più freddi dell’anno ed è assolutamente perfetto così: la panzerottata, il rituale che comprende la preparazione e la degustazione collettiva di un numero elevato di panzerotti in compagnia di amici e/o parenti, è un must per combattere i rari giorni di freddo pungente in Puglia.
Degustazione collettiva. Foto Alice Gemignani.
Poi assumo anche la posa tecnica di addentamento del panzerotto: se il panzerotto è fatto bene ed ustiona, DEVI per forza mangiarlo così oppure vai in lavanderia.
Posa di addentamento professionale del panzerotto. Foto Alice Gemignani
Giulio, che apre Mimì Gourmet da pranzo a notte nei mesi più caldi e organizza anche dj set in questo spazio al centro di piazzale Baiamonti, ci porge due panzerotti dorati, belli a vedersi e fedeli alla tradizione.
Il panzerotto fragrante e bollente. Foto Alice Gemignani
Il panzerotto qui è fragrante e bollente; l’unico difetto secondo noi è la materia prima, meno saporita di quella assaggiata in via Spontini o dal Senatore.
Il panzerotto è da secondo posto sul podio e si può migliorare con pochi sforzi. Punto a favore è che da Mimì puoi mangiarlo mentre sorseggi un calice di champagne o un buon vino (anche se la Peroni era finita, e non va bene): très chic.
Sciura Maria
Sciura Maria e i suoi muri pugliesi. Foto Alice Gemignani
L’ultima tappa del nostro tour è in via Cenisio, non molto distante da Mimì. Al numero 33 c’è la seconda sede di Sciura Maria (l’altra è in viale Monza), attività avviata da tarantini che si sono stabiliti a Milano negli anni ’70.
Appena entri ti sembra subito di stare in una rosticceria come ne trovi tante in Puglia: verace, essenziale e con l’immancabile presenza della birra locale, in questo caso la Raffo, la più amata dai tarantini.
Acquistiamo due panzerotti, al costo di 3 euro l’uno, e mentre friggono la famiglia ci racconta la genesi di Sciura Maria. Maria è la mamma, la depositaria della ricetta, mentre sono stati figli e padre ad avviare l’attività, trasformandola da una passione ad un lavoro vero e proprio. Una famiglia di veri pugliesi. Vi risparmio il resto della storia perché versereste più lacrime che durante C’è Posta per Te.
I panzerotti di Sciura Maria. Foto Alice Gemignani
Arrivano i nostri panzerotti, dorati e profumati, accompagnati da Peroni e Raffo d’ordinanza. Troviamo anche qui qualche difetto sull’impasto, troppo spesso e gommoso. Il ripieno è buono, ma la mozzarella è migliorabile. Dobbiamo dire che esistono diverse scuole di pensiero sul panzerotto e la ricetta varia di provincia in provincia, ma a nostro parere il panzerotto dovrebbe essere più sottile e fragrante.
Non il miglior panzerotto del tour, da terzo posto ex-aequo con Il Panzerotto del Senatore.
Giunti alla fine di questo tour, faccio un giro su TripAdvisor che mi conferma che i milanesi dovrebbero parlare più di business e meno di panzerotti. Per fortuna, ci siamo fatti lo sbatti per voi e ora sapete dove e come mangiare un panzerotto a modo.
Se invece la vostra preoccupazione è mangiare il panzerotto senza sporcarvi la sneakers scamosciata, allora mettetevi in fila da Luini. Ma, per favore, non andate in giro a dire che quello è un panzerotto, perché starete volutamente attentando al cuore di un pugliese.