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In Italia la solidarietà per Charlie Hebdo è diventata una farsa

Tra teorie del complotto, gadget in vendita su eBay, articoli sulla posizione di Maometto nell'inferno dantesco e finti Kalashnikov a Porta a porta, in Italia il dibattito sulla tragedia di Charlie Hebdo è diventato una farsa.

Negli ultimi giorni, è girata molto una copertina di Charlie Hebdo diventata un simbolo della libertà di satira: mi riferisco a quella in cui Maometto si copre la faccia con le mani e dice: "C'est dur d'être aimé par des cons" ("È dura essere amato da dei coglioni.") Visto il delirio collettivo a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni, col senno di poi la frase potrebbe benissimo riferirsi a quanti hanno preso parte alla gara di solidarietà di questi giorni senza aver compreso del tutto che cosa stessero facendo.

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Ieri, circa quattro milioni di persone in tutta la Francia—e circa un milione solo a Parigi—sono scese in piazza per commemorare la strage di Charlie Hebdo, in una manifestazione definita "senza precedenti" dallo stesso Ministro dell'Interno francese. Si è trattato di una grande risposta popolare al terrorismo ma, per certi versi, anche di una manifestazione controversa, visto che tra i capi di stato e le autorità presenti c'erano anche i rappresentanti di paesi che non possono proprio considerarsi dei campioni della libertà di stampa.

In Italia le reazioni sono state molto variegate. Mentre giornalisti e altri si scoprivano improvvisamente amanti della satira, alcuni dei personaggi più discutibili del mondo politico italiano hanno cercato di salire sul carro di Je Suis Charlie con risultati orripilanti.

Così, Mario Borghezio è andato in giro per Milano ad attaccare manifesti con le vignette di Charlie Hebdo sui kebab, Daniela Santanché ha detto di voler pubblicare la rivista in Italia e l'assessore veneto all'Istruzione Elena Donazzan ha inviato una circolare ai dirigenti scolastici della regione chiedendo che "nelle aule venga affrontato il tema del terrorismo di matrice islamica" e invitando i genitori degli studenti musulmani a condannare gli attentati francesi "se vogliono distinguersi dai terroristi."

Ma, al di là dei tentativi opportunisti dei politici di sfruttare la tragedia per i loro fini, in generale l'opinione pubblica italiana non sembra aver realizzato granché quanto successo mercoledì a Parigi. A causa forse dell'impatto della tragedia e della sua vicinanza temporale, il dibattito sull'argomento è stato fino ad ora piuttosto confusionario.

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Il caso più emblematico è quanto successo nell'ultima puntata di Porta a porta, dove a un certo punto Bruno Vespa ha imbracciato un Ak-47—una copia, naturalmente, come si è premurato di precisare subito agli spettatori. Ignazio La Russa, tra gli invitati, ha intimato a Vespa di badare a quel che faceva, perché "non si punta mai un fucile, nemmeno se scarico."

Altri esempi dello stato confusionale in cui è rimasta per giorni l'Italia si possono ritrovare nelle assurdità che si sono scritte sui fatti di Parigi e sui loro strascichi. Il punto più alto è stato raggiunto da Libero—una garanzia nel settore—che ha pubblicato un articolo intitolato "Dante aveva già capito tutto: ecco dove e come aveva messo Maometto." L'articolo comincia così: "c'è una satira anti-Maometto più feroce di quella di Charlie Hebdo. Circola liberamente in Europa e non solo da secoli. A scriverla fu uno dei più grandi scrittori della storia dell'Occidente. E la si studia anche in tutte le scuole." Immagino abbiate capito qual è la "satira" a cui si riferiscono.

Tutto questo, unito alla coda lunga degli avvenimenti di Parigi, ha favorito anche il proliferare delle solite teorie del complotto. Sul blog di Beppe Grillo, Aldo Giannulli ha spiegato che "i conti non tornano" e ha ipotizzato la presenza di altre "manine" dietro l'attentato; il deputato M5S Paolo Bernini, invece, ha parlato apertamente di "false flag." Ma l'elenco delle teorie del complotto nate in seguito a presunte incoerenze nel video dell'esecuzione del poliziotto o nelle foto della scena del crimine è piuttosto lungo.

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Di conseguenza, era naturale che nel nostro paese anche le dimostrazioni di solidarietà dovessero essere confusionarie. Nel fine settimana ce ne sono state molte, alcune delle quali piuttosto sconclusionate e provenienti da ambienti che hanno poco o nulla a che vedere con la satira o con la libertà d'informazione.

Durante il derby della capitale, la Lazio è scesa in campo con una maglia su cui campeggiava la scritta "Je suis Charlie." A quanto pare, la scelta è stata motivata dal fatto che "la Lazio si è sempre dimostrata attenta alle vicende extra-calcistiche." Durante la conferenza stampa pre-partita, inoltre, l'allenatore della Roma Rudi Garcia ha fatto in modo che ogni giornalista trovasse sulla propria sedia una matita, "come simbolo di libertà." Anche la Pro Sesto, club che milita in serie D, ha giocato usando un pallone con scritto "Je suis Charlie" in segno di solidarietà.

— AS Roma (@OfficialASRoma)January 10, 2015

Negli ultimi giorni sono poi circolate almeno due false copertine di Charlie Hebdo. Una, completamente e nera con la scritta "Urgent recherche: 6 dessinateurs" ("Cercarsi urgentemente: sei disegnatori"), pubblicata su Twitter da una trasmissione satirica francese è stata presa per vera da tutto il mondo.

— Les Guignols (@LesGuignols)January 8, 2015

In Italia invece ne è circolata un'altra—che raffigurava l'Italia come un ammasso di merda, accompagnata da un didascalico "Italie merde." Nonostante si vedesse lontano un miglio che era palesemente falsa e fatta con Paint, in molti ci hanno creduto. L'autore ha detto di averla realizzata per trollare "tutti quelli che da qualche giorno si sono magicamente scoperti amanti di Charlie Hebdo e difensori della satira."

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Ma c'è stato anche chi, invece che trollarli, i nuovi amanti di Charlie Hebdo ha deciso di tentare di sfruttarli economicamente: ad oggi eBay è pieno di merchandising della rivista, tra magliette e tazze "Je suis Charlie," vecchi numeri in vendita a prezzi stratosferici, borse, penne, accendini e portachiavi.

In meno di una settimana, tra interpretazioni e appropriazioni, la forza della campagna sembra essersi esaurita. Sono stati scritti moltissimi articoli sul perché siamo tutti Charlie, sul perché non lo siamo, sul perché alcuni di noi lo sono e altri no, sul perché siamo tutti Ahmed—il poliziotto brutalmente ucciso dai terroristi. Ogni possibile tentativo di cavalcare l'onda è già stato fatto. Alla fine, tra articoli sulla posizione di Maometto nell'inferno dantesco e finti Kalashnikov a Porta a porta, il passaggio dalla tragedia alla farsa è stato compiuto.

Segui Mattia su Twitter: @mttslv