Cinque ragazzi raccontano le loro tristi storie di corna
Illustrazione di Dan Evans.

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relazioni

Cinque ragazzi raccontano le loro tristi storie di corna

Abbiamo chiesto a cinque giovani italiani di raccontarci la loro storie di corna, fatte o subite. Un po' per ricordarsi di tenere alta la guardia, un po' perché prima o poi capita a tutti.
Vincenzo Ligresti
Milan, IT

I motivi che possono averti spinto ad aprire questo articolo sono sostanzialmente tre: hai tradito qualcuno; hai scoperto (o pensi) di essere stato tradito; supponi che prima o poi potrebbe capitarti. Perché tutti prima o poi portiamo sulle spalle questa croce.

In Italia, statistiche elaborate su un arco di tempo piuttosto lungo alla mano, la gente fedifraga cresce esponenzialmente e, di conseguenza, anche quella cornuta. Sarà perché le serie tv con quattro personaggi interscambiabili ci hanno devastato le certezze—vedi Dawson's Creek—sarà perché su internet siamo tutti interessanti—grazie Gesù per il filtro Valencia—sarà perché nessuno vuole sentire il puzzo della cacca dei bambini—qui il Rapporto Annuale dell'Istat.

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Congetture a parte, alla fine le casistiche si riducono tutte in paranoie, negazioni, smentite o conferme di tradimenti. Perché se da un lato il vissuto è personale per definizione, dall'altro il vortice di alcol, muri del pianto e "perché a me" riguarda tutti. Per ricordarci quanto il nostro essere animale sociale possa rivoltarcisi contro, abbiamo chiesto a cinque persone di raccontarci le loro storie di corna fatte e subite.

CORNA SCACCIA CORNA

Avete presente quella triste situazione in cui la vostra vita sentimentale diventa oggetto di battute lascive e scherno per il fatto che qualcuno ha avuto rapporti sessuali con il vostro compagno senza "permesso" e ciò è diventato di pubblico dominio? Ecco, l'oggetto di battute ero io.

Tutto è iniziato quando ho scelto di rimanere con la mia ragazza nonostante avessi scoperto che aveva passato due mesi interi, al mare, a farsi spalmare la crema da un tizio abbronzato e prestate. La cosa non mi aveva entusiasmato, ma stavamo insieme già da tre anni (più l'anno che avevo impiegato per convincerla a mettersi con me) e io ero profondamente innamorato. Mi sono detto che a vent'anni tutti sono passibili di stronzate, e siccome lei mi sembrava davvero dispiaciuta, ho deciso di accettare il fatto che la vita spesso è amara.

In realtà mi ci è voluto un po' per accettare veramente la cosa, ma a poco a poco siamo riusciti a ricostruire il nostro rapporto. A un certo punto ho dovuto chiederle persino di smettere di scusarsi. Ma se da un lato la nostra relazione migliorava e lei mi concedeva di scegliere dove andare, con chi vederci, quando passare a prenderla, dall'altro i nostri amici non smettevano di rivangare l'accaduto appena se ne presentava l'occasione. Se lei salutava un compagno di università, io ero il cornuto. Se lei era a ballare con le amiche, io ero il cornuto. Se lei andava in bagno mentre eravamo tutti fuori a cena, io ero il cornuto.

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Per quanto cercassi di restare e apparire calmo, dentro di me covavo un risentimento sempre più forte. Tanto che quando si è presentata un'occasione di riscatto e una ragazza ha cominciato a scrivermi, io ho subito iniziato a risponderle. Ho pensato che il karma avesse bussato alla mia porta.

Per settimane, dopo essere stato con la mia ragazza, ho passato intere nottate a messaggiare come un ragazzino arrapato con l'altra, fino a quando non ho più potuto tergiversare e le ho dato un appuntamento. Quando è entrata nella mia macchina avevo già bevuto due birre ed ero tormentato dai crampi allo stomaco. Arrivati al bar è successo tutto velocemente: davanti al primo drink era simpatica, al secondo attraente, e dopo il terzo con le gambe avviluppate sulla mia schiena nel sedile posteriore della macchina.

Per un po' ho dovuto gestire l'ansia di venire scoperto, ma devo dire che in fondo non mi sentivo per niente in colpa. Quando qualcuno mi dava del cornuto, non avvertivo più quel senso di rabbia e frustrazione: non me ne fregava più niente.

Alla fine, dopo aver chiuso con l'altra tizia, ho deciso di confessare tutto alla mia ragazza. "Forse dovremmo lasciarci," le ho detto. Ma lei è rimasta impassibile, e ha risposto di no. E non ho ricevuto mai nessuna ripercussione. Adesso i nostri amici hanno cambiato registro, e solo ogni tanto mi dicono, "Come l'hai passata liscia te, nessuno mai." Certo, continuo a essere cornuto, ma ora almeno siamo in due, a doverci un po' abbassare la testa per passare dalla porta.—Luca, 26 anni

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SIAMO STATI SEMPRE IN TRE

Lo avevo notato sul palco di un concerto, ed ero stata così brava da trovarlo, braccarlo, e tenerlo piantato su Skype una notte sì e l'altra pure a 150 km di distanza. Di lì a poco casa mia era diventata prima una sorta di camera d'albergo dopo i concerti nella mia città, e poi un luogo in cui passare praticamente tutto il tempo in cui stavamo insieme.

Mi sono resa conto del casino in cui mi ero cacciata la prima volta in cui a prendere il treno sono stata io. Quando al lunedì mattina mi ha detto che dovevo darmi una mossa, perché la sua ragazza sarebbe tornata a momenti. Mi ero messa volutamente in mezzo a una convivenza di due anni e una relazione di sette, e infastidita ho iniziato a spruzzarmi il profumo che mi ero portata con premeditazione. Lui si è incazzato, ha aperto tutte le finestre, e io sono andata via. Ma credo che non abbia mai lavato le ciabatte orribili di lei, dato che la porta del bagno era chiusa mentre mi ero abbassata per sputarci dentro.

L'anno successivo l'ho passato a ossessionarmi sui loro movimenti, a cercare informazioni su di lei, a ricevere i messaggi di lui in cui mi diceva che era innamorato di lei. O anche di me, quando era con lei. Fino a quando lei non ha preso un aereo per cercare fortuna, e lui mi ha permesso di uscire allo scoperto. Finalmente potevo conoscere i suoi amici, non dovevo più giustificarmi coi miei, e avevo la possibilità di risparmiare sul profumo. Ero orgogliosa di me e lui mi riempiva finalmente delle attenzioni che avevo sempre voluto. Tanto che per sentire una volta per tutte la sua casa un po' più mia, gli ho regalato la parete attrezzata e il nuovo divano per il soggiorno con quei quattro risparmi da stagista che mi ritrovavo sul conto. Era tutto perfetto.

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Poi lei è tornata. Per tranquillizzarmi, lui ha iniziato a dirmi che non c'era nulla di cui preoccuparsi, che era tutto archiviato. Figurati, non gli credevo. Oggi, mentre lei guarda la tele seduta sul mio divano, ogni tanto lui continua a scrivermi che non riesce a smettermi di pensarmi. Anche se non so se il suo ritorno con lei possa valere come un vero e proprio tradimento, non gli rispondo più. Penso che me la sia un po' cercata.

Nel dubbio, ho pure cambiato profumo. —Alessia, 25 anni

MIGLIORI AMICI

Nonostante fosse biondo, efebico quanto basta e con gli occhi azzurri, non ero mai stato geloso del migliore amico del mio ragazzo. Di norma non si è mai gelosi dei migliori amici del proprio ragazzo, perché gli altri ti prenderebbero per paranoico e tu finiresti per dargli ragione.

Tra l'altro lo avevo visto un paio di volte quando era venuto a trovarci a Milano, e dalla sfilza di uomini che elencava al suo seguito non mi sembrava una minaccia. Mi capitava anche di chiedere al mio ragazzo, "Come sta Alberto? Salutamelo," perché si fa così in una relazione interessata. Tutto però è sfuggito di mano quando il mio ragazzo, con il mio consenso più sereno, è andato a trovare Alberto che stava facendo l'erasmus a Madrid. Non l'ho sentito per un paio di giorni, e quando al terzo si è degnato di chiamarmi aveva una voce piuttosto strana.

Mi ha detto che doveva confessarmi una cosa, quindi sono rimasto in silenzio ad ascoltarlo mentre rammaricato mi raccontava una serata a base di sangria a poco prezzo, sensazioni turgide e letto matrimoniale in condivisione.

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Ero devastato. La mia prima relazione seria con un ragazzo se ne era andata a puttane per un tale a cui facevo dei saluti di cortesia e a cui più volte avevo offerto il divano per la notte. Non sapevo che fare e quindi sono andato a comprare dell'alcol e sono finito a casa di amici. Lì mi è sopraggiunta l'ebbra illuminazione.

Per vendicarmi ho contattato tramite Facebook il ragazzo di Alberto, e l'ho messo a parte di come anche lui fosse rimasto fregato dall'innocente amicizia dei nostri fidanzati. A mezzanotte e mezza circa mi è arrivata la sua risposta: "Ma chi sei? Che cosa vuoi? Dovresti farti i cazzi tuoi, sfigato!"—Davide, 24 anni

BANCO CRIMINALE

Io e il mio ragazzo ci eravamo messi insieme in seconda media, ed eravamo arrivati—tramite quel tipico rapporto morboso ed esclusivo da pubertà in provincia—senza troppi intoppi alla soglia della maturità ancora fidanzati.

Non avevo quasi mai avuto dubbi sulla sua fedeltà, ma le mie certezze sono cominciate a crollare precipitosamente quando una ragazza del mio liceo mi ha dato di proposito una spallata intimidatoria durante la ricreazione. Non avevo idea di chi fosse e soprattutto del perché questa mi avesse strattonata, ma dopo un paio di ricerche è venuto fuori che frequentava il corso pomeridiano della Patente Europea con il mio ragazzo. Ho fatto finta di niente per un po', fino a quando un giorno al parco ho chiesto al mio ragazzo con chi stesse messaggiando. "Una del corso di informatica, mi sa che vuole degli appunti." Forse perché ero impreparata o mi trovavo già agli albori della fase della negazione, in quel momento ho lasciato correre.

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La situazione è degenerata una sera in discoteca. Quando io, la mia compagna di banco, il mio ragazzo e altri amici eravamo fuori, e di colpo la strattonatrice si è fiondata a un centimetro dalla mia faccia per gridarmi, senza motivo, "Sei una troia!" Senza pensarci le ho tirato un bel mancino sul naso. Lei ha iniziato a piangere e a gridare "Diglielo! Diglielo," davanti al mio ragazzo mentre io speravo solo che i passanti pensassero a una performance artistica a base di epistassi. Non sapendo che fare, sono rientrata. Non riuscivo bene a metabolizzare l'accaduto, non avevo mai picchiato nessuno prima, e probabilmente—ripensandoci—avrei dovuto tirare un pugno al mio ragazzo e non a una sconosciuta sclerotica.

Fuori erano tutti in subbiglio: la strattonatrice era andata al pronto soccorso per avere un qualche referto che le permettesse di sporgere denuncia contro di me, la mia compagna di banco faceva la spola tra il piazzale e la discoteca per tenermi al corrente e il mio ragazzo continuava a scrivermi, "Ti giuro che questa è pazza, non ho fatto nulla, non ho fatto nulla." Alla fine non sono stata denunciata, anche se i miei genitori sono venuti a sapere della cosa e per un po' di tempo non ho potuto mettere il naso fuori casa.

Non ho mai scoperto se il mio ragazzo sia stato effettivamente con la strattonatrice, ma poco importa. La vera scoperta, infatti, è arrivata appena dopo gli esiti degli orali di maturità, quando il mio ragazzo e la mia compagna di banco sono venuti a dirmi che si amavano e che volevano mettersi insieme. Adesso, mentre io io continuo a ballare, loro aspettano un figlio.—Miriam, 23 anni

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TI AMERÒ PER SEMPRE

Stavo insieme a Serena da più di un anno e mezzo, ed eravamo appena tornati da una vacanza in cui eravamo stati molto felici e innamorati. In quel momento, preso dal quel vortice di sensazioni molto intense e profonde, sentivo di poter affermare a me stesso che nessun tipo di tentazione mi avrebbe mai traviato dallo stare con lei per sempre, perché ero molto convinto di tutti i miei sentimenti.

Fino a quando non sono tornato al lavoro, e dopo qualche giorno ho scoperto che una collega morigeratissima e bellissima a cui avevo fatto il filo per anni si era appena lasciata con il suo fidanzato storico, e che durante quell'estate non era stata morigeratissima per niente (per usare un eufemismo).

Aveva un atteggiamento diverso nei miei confronti, sembrava molto più disponibile e maliziosa, e quando le ho scherzosamente espresso soddisfazione per la dipartita di Antonsergio (il nomignolo che avevo affibbiato al tuo ex) lei mi ha risposto dicendo che una sera avremmo potuto vederci per bere qualcosa.

Alla fine quella sera è arrivata, e mi sono dovuto scontrare con due fazioni opposte della mia psiche: da una parte il senso di colpa e la paura di venire scoperto dalla persona da cui ero innamorato, dall'altra l'idea che la possibilità di stare con una a cui ero sempre morto dietro mi stesse passando davanti per poi magari non ripresentarsi mai più.

È finita che dopo aver scritto per cinque volte, e cancellato altrettante, un messaggio in cui mi scusavo ma non me la sentivo di vederla, gliene ho inviato uno in cui le davo appuntamento verso le 22. I miei convincimenti sentimentali verso l'amore della mia vita erano durati circa tre settimane e due giorni.

Nelle settimane seguenti mi sono sentito moltissimo in colpa; a volte avevo quasi degli attacchi di panico al terrore che la mia ragazza potesse scoprirmi, ma ciò non mi ha impedito di metterle un altro paio di corna con la mia collega. È stato quell'anno che ho scoperto finalmente di non essere una bella persona.—Alessandro, 29 anni

Tutti i nomi sono stati cambiati per evitare scherni e/o ripercussioni.

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