Diciamoci la verità: con un quesito "debole" su un tema collaterale, un'informazione limitata e la campagna astensionista del governo, era davvero difficile che il cosiddetto "referendum sulle trivelle" raggiungesse il quorum. E infatti, ieri solamente il 32,15 percento degli elettori è andato a votare.Al di là dei possibili motivi specifici di questa sconfitta—perché è innegabile che si sia trattato di una sconfitta—l'aspetto cruciale nel determinare un esito del genere è stato indubbiamente uno: quello di aver "politicizzato" troppo la campagna, dall'una e dall'altra parte.
Pubblicità
Pubblicità
Più che il commento istituzionale di un presidente del consiglio su una mobilitazione democratica, per certi versi il discorso di Renzi mi è sembrato più affine a quello di un troll—come se si dovesse infierire sugli oppositori a tutti i costi, nonché esibire uno sconfinato sentimento di rivalsa nei loro confronti.Il punto è che quell'"odio sconsiderato" non è venuto solo dalla parte avversa al premier, ma è venuto anche e soprattuto da Renzi e dalla cerchia degli hooligan renziani che—molto più dei "grandi esperti"—presidiano militarmente Facebook e Twitter.L'esempio più noto è quello del deputato e membro delle segreteria nazionale del PD Ernesto Carbone. Ieri pomeriggio, a urne aperte, Carbone si è messo a ridicolizzare i referendari con questo tweet:Risultati ottimi. I lavoratori hanno vinto, qualche consigliere regionale ha perso. Adesso al lavoro per un'Italia più forte — Matteo Renzi (@matteorenzi)April 17, 2016
La tracotanza dei renziani non si è limitata agli hashtag: ha colpito anche gli stessi esponenti del Partito Democratico. Francesco Nicodemo—membro dello staff renziano—se l'è presa a più riprese con Michele Emiliano, sostanzialmente accusandolo di "infedeltà" al partito.Prima dicevano quorum. Poi il 40. Poi il 35. Adesso, per loro, l'importante è partecipare — Ernesto Carbone (@ernestocarbone)April 17, 2016
Pubblicità
Quel che è certo, è che il voto di ieri ha cristallizzato almeno due dinamiche che si erano messe in moto da diverso tempo. La prima l'ha rilevata Alessandro Gilioli sul suo blog, e riguarda "la distanza tra favorevoli e contrari al premier" che è diventata "probabilmente incolmabile, definitiva, irrecuperabile." Insomma: la "berlusconizzazione" del consenso—e del dissenso—intorno a Renzi sembra ormai essersi compiuta.La seconda ha a che fare con la qualità della classe dirigente renziana. "Il referendum è servito per mettere in luce la modestia di una certa classe dirigente, incapace di pensare ad altro che a regolare i conti con gli avversari interni di partito," ha scritto su Repubblica Stefano Folli, che di solito non è un editorialista antirenziano. "Ed è, purtroppo, una modestia intellettuale e politica che si mescola a una spontanea tendenza all'arroganza."Questa definizione della classe dirigente renziana—unita all'atteggiamento tenuto in questi giorni—mi ha fatto ripensare a una frase di Kurt Vonnegut. "Il vero terrore," diceva lo scrittore americano, "lo provi quando ti svegli una mattina e scopri che a governare il paese c'è la tua classe delle superiori." Ecco: ho il timore che il referendum di ieri ci abbia fatto svegliare in uno scenario del genere.Segui Leonardo su TwitterSegui la nuova pagina Facebook di VICE Italia: