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Perché Chi l'ha visto? è uno dei programmi migliori della televisione italiana

Chi l'ha visto è una delle trasmissioni più longeve della televisione pubblica italiana, e da fan che non si vergogna, cercherò di spiegarvi perché dovreste guardarlo anche voi.

"Infatti è il computer personale di Salvatore Parolisi, eccolo qua, abbiamo tutti i siti che lui ha visitato, ve ne parliamo in fascia non protetta… Ebbene, i siti visitati erano questi, scusate ma ve li leggo: SCOPATA FANTASTICA CON DUE BELLE TRANS, GRANDE ZOCCOLA TRANS, GRANDE ZOCCOLA TRANS AMANTE DEL CAZZO, UN TRANSESSUALE SI INCULA AMICO E FANNO SESSO… Mi fanno cenno, mi dicono 'piantala di leggere'… In effetti fa impressione no?"

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Per chi non è un Chilavister, questo virgolettato potrebbe risultare enigmatico, quantunque in una simile successione di parole gli errori interpretativi siano ben pochi. Eppure nella sua letterarietà incarna perfettamente lo spirito di Chi l'ha visto?, e in particolare la sua evoluzione negli ultimi anni––quella che, da uno dei programmi più longevi della televisione pubblica italiana, l'ha portato a raggiungere picchi di share anche del 40 percento.

Essenzialmente Chi l'ha visto? è un programma che dal 1989 si occupa delle vite degli altri in maniera molto efficace: tratta di gente che è scomparsa o che si è allontanata da casa all'insaputa dei famigliari e che poi non verrà più ritrovata, oppure verrà ritrovata a prescindere dall'essere morta o viva. Il programma copre un enorme spettro di "sparizioni", da quelle temporanee di anziani con perdite di memoria e persone malate bisognose di medicine ad allontanamenti volontari e fughe, fino a rapimenti, omicidi e famosi misteri irrisolti della cronaca nera italiana.

È proprio quest'ultima tipologia di casi (come il rapimento di Emanuela Orlandi, il Mostro di Firenze, i delitti di Elisa Claps, Sarah Scazzi e Melania Rea) a rappresentare il nucleo del programma su cui col tempo si è costruita la fidelizzazione del pubblico, che nei primi mesi del 2015 ha toccato un'audience media di tre milioni a puntata. E se ne parlo qui non è solo perché il programma è appena ricominciato, ma perché io stesso faccio parte di quel seguito fedelissimo che ha sviluppato nei suoi confronti una vera forma di dipendenza.

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Siccome sono un Chilavister e non ho problemi ad ammetterlo, mi è stato chiesto di spiegare cosa significhi partecipare alla più contemporanea fanbase televisiva italiana e al tempo stesso di convincervi del fatto che, se non l'avete mai guardato, vi siete persi qualcosa. Potreste pensare che in un programma del servizio pubblico che si occupa di persone scomparse ci sia poco da scherzare. E infatti non scherzo: Chi l'ha visto? è a tutti gli effetti un format molto interessante per gli analisti di marketing, perché riesce a coniugare il concetto ormai usatissimo di "alto" e "basso", dove l'utenza è sparpagliata in ampie sacche geografiche, di istruzione e reddito, per intenderci dai fighetti metrosexual vicino alla cerchia dei Bastioni alla pensionata di Favignana.

Chi l'ha visto? stesso, del resto, si pone in maniera decisamente aggressiva nell'individuare i responsabili di sparizioni e delitti, e se un singolo caso gli sta a cuore, impiega l'artiglieria dei suoi inviati, la delazione di anonimi, le indiscrezioni provenienti dalle forze dell'ordine e ricambia queste ultime con scoop che serviranno in seguito a smascherare appunto assassini, tracciare piste e nuove indagini verso la risoluzione del singolo caso. Nel farlo mette a disposizione un numero telefonico, attraverso il quale il pubblico può comunicare altri casi di persone scomparse o allontanatesi da casa e trasmettere informazioni utili per la ricostruzione dei fatti.

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Il "diritto di cronaca" permette al programma di bypassare in scioltezza tutta la vague vagamente bigotta e moralizzatrice restaurata ai vertici della televisione di Stato, che si prefigge un modello integerrimo di rigore formale à la BBC (tra l'altro, a ben vedere, ci sono delle belle schifezze di programmi anche lì), quello cioè di un network attento a non emettere programmi che suscitino sdegno etico, interrompendo per esempio il successo decennale L'Isola dei famosi (poi passato ad aver successo su Canale 5) ma permettendo che nella striscia preserale rimanga un programma dove uno sceglie un pacco e può vincere se è fortunato cinquecentomila euro. Ma questo è un altro discorso.


A proposito di cronaca, il nostro video su Cronaca Vera.

Attuale sacerdotessa del programma e pronunciatrice di "grande zoccola trans amante del cazzo" è Federica Sciarelli: brava con piglio da brava, orgogliosa portatrice sana di un porro a un lato della bocca, è empatica con i famigliari degli scomparsi e molto diretta qualora si metta in testa di aver individuato un responsabile di occultamento e delitto; tenace, non molla mai ossa e nel corso delle settimane, adottando una tecnica a imbuto e orizzontale che parte da "semplice illazione" e arriva a "forte sospetto" e corroborata da prove vieppiù schiaccianti, prende una posizione netta nei confronti dell'ipotetico colpevole. In genere ha sempre ragione.

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Volendo citare un caso dei tanti di cui si è occupato il programma—a volte permettendo tra l'altro la riapertura delle indagini—potrei raccontare tante turpi storie con molti colpi di scena e personaggi, ma confonderei molto le idee perché le trame sono complicatissime e tanto inverosimili da sembrare inventate. Quindi ne scelgo solo una, la più inverosimile di tutte, che tiene da qualche tempo in grande tensione ogni Chilavister che si rispetti.

Per cominciare immaginatevi un altrove abbastanza particolare: il paesino dove tutto è avvenuto si chiama Ca' Raffaello che, sebbene si trovi a soli 50 km da Rimini, è in provincia di Arezzo, quindi una bizzarra exclave toscana in terra romagnola; abitanti 289, pochini davvero, non succede mai niente, anche se ho la netta sensazione che si scopi molto di più in paesini come questi che ad Amburgo.

Ma all'improvviso succede l'impensabile: a scuotere i caraffaellesi, o per meglio dire i parrocchiani di Ca' Raffaello, ci pensa il nuovo sacerdote arrivato dritto dal Congo che si chiama padre Gratien e che si porta appresso una serie di suoi insostituibili compaesani con i quali monta delle messe-happening, evocazioni etniche con bonghi e canti e balli. Esiste un video girato col telefonino di un parrocchiano che meglio di qualsiasi parola descrive il sentimento di stupore misto a divertimento, ma anche molta fremdschämen dei caraffaellesi di fronte a questa novità assoluta della parola di Cristo.

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Padre Graziano, che somiglia moltissimo a un Sergio Japino nero, è un istrione che si fa presto voler bene dalla piccola comunità, ma è una delle paesane a essere letteralmente folgorata dalla sua presenza. La donna si chiama Guerrina Piscaglia, e ha un marito e un figlio. Col tempo la sua frequentazione con il parroco diventa sempre più assidua—"Vengo in canonica, cucino il coniglio e poi facciamo l'amore," reciterebbe uno degli sms inviati a padre Gratien—e a un certo punto sopraggiunge anche una presunta gravidanza. Insomma, ve la faccio breve: la mattina del primo maggio del 2014 Guerrina Piscaglia scompare nel nulla. Ci sono una serie di depistaggi del parroco, ma la Giustizia e soprattutto Chi l'ha visto?—nonostante il cordone di sicurezza formato da congolesi molto aggressivi con le troupe televisive—riescono a inchiodare il prete (che si scopre in corso di indagine assiduo frequentatore di prostitute limitrofe). Padre Gratien è ora in carcere con l'accusa di omicidio e occultamento di cadavere, cadavere che per inciso non è mai stato ritrovato. Capirete bene perché il caso Piscaglia sorpassi True Detective a 300 all'ora a destra.

Ecco dunque, per concludere, cinque motivi per vedere Chi l'ha visto?, divenendo di fatto un Chilavister:

- Perché la sua estetica iperrealista che, passando da voli raso-tetto di riprese con droni for dummies a piani d'ascolto di pubblico attonito in studio, è epitome di una riscrittura del camp che fagocita American Horror Story e lo digerisce e caga con impressionante disinvoltura.

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- Perché permette, attraverso la visione di ogni singolo servizio trasmesso, di analizzare il grado di alfabetizzazione e comprensione del testo della popolazione italiana.

- Perché i maglioni di Gianloreto Carbone e le ciocche di capelli sfibrati di Maria Lucia Monticelli—due fra i bravissimi inviati del programma—comporrebbero l'installazione più discussa di Art Basel.

- Perché con la riproposizione degli orrori ci ricorda la supremazia culturale della provincia—e quindi del famigerato paese reale—senza l'ipocrisia di aspirazionali velleità cittadine.

- Perché in ultimo, Chi l'ha visto? non è che la fedele rappresentazione dei sentimenti più fondativi dello zeitgeist anni Dieci che sono la diffidenza e la paura.

Insomma se non vedete Chi l'ha visto?, e quindi non appartenete alla cerchia dei Chilavister, siete dei retrogradi sfigati che non comprendono appieno lo stato di inequivocabile degrado mondiale, senza offesa beninteso.

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