L'Alberto di plastica

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Musica

L'Alberto di plastica

La carriera del cantautore milanese è costellata di stranezze. Oggi ci occupiamo di El Nino, il tifone che lo sconvolse negli anni Ottanta.

Nel mondo della musica italiana è necessario stare sul pezzo: le nuove uscite discografiche sono sempre calcolate per sfruttare il lancio o di qualche novellino o di artisti che invece cercano il comeback. Va quindi da sé che noi di Italian Folgorati setacciamo continuamente  informazioni per non arrivare impreparati sulla notizia, ma stavolta non è andata così. Lo confesso, il grande ritorno di cui stiamo per parlare mi è stato segnalato da un amico: mi fa "ohi ma hai visto 'sto video?" e mi posta una serie di emoji che si sganasciano condite da un prodotto.. .che non saprei come definire. Il video in questione è tratto dal nuovo (Solo nell'arrangiamento, il pezzo era uscito già tre anni fa!) singolo di Alberto Fortis, "Infinità infinita" .  Già il titolo fa strabuzzare gli occhi d'incredulità, ma il resto della canzone… Cristo… anzi, Christo, visto che il video l'hanno girato in mezzo a The Floating Piers! Nel video si vede un allampanato Fortis circondato da donzelle, fricchettoni, un simil guru, lui che fa finta che gli esca il ghiaccio dal cuore (leggermente didascalico) e poi c'è il mago Zurlì!!! In mezzo pure lui alle donzelle, se non erro: infatti gli passa subito il momento di depressione post ricordi. E poi un sacco di riprese gratuite di una barca elaborate da un drone a mille metri d'altezza.

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Io non l'ho capito il video ma mi pare di una follia tale che sublima anche la canzone: una musichina esotica infarcita di improbabili rap, alcuni distorsori a scureggia e atteggiamento spiritual-gandhiano di qualcuno in acido (Fortis ha sempre detto di seguire il credo non violento, e in particolare ha bazzicato il pensiero di Osho). Ma che dico, forse è proprio un brano erede di quel "krishna pop" che tanto fece impazzire George Harrison portandolo a produrre i Rahda Krishna Temple. D'altronde, altro eterno punto di riferimento di Fortis sono i fab four, come confessato dal titolo/scippo di "Fragole Infinite" chiara traduzione italiana di "Strawberry Fields Forever" (e poi ci lamentiamo di Zucchero che scriveva "Solo seduto sulla panchina del porto.."). Insomma mi sono accorto in colpevole ritardo di Con te, l'ultimo EP di Alberto Fortis, in cui è appunto contenuta quest'opera su cui sospendo il giudizio.

Eppure era già dal cinque aprile che circolava il video di "Con te", e Fortis era entrato nel 2016 con lo spirito di sempre, quello del cantautore atipico, agrodolce, che vuole piacere ma anche no, oppure ci prova ma non gli riesce (e ciò gli fa acquistare punti). Ad esempio la sua voce in "Con Te" è devastata dall'autotune, come piace ai figli dei Duemila (be' piace…se continua così sarà l'unica cosa che potranno ascoltare nei prossimi trent'anni). Il fatto che l'abbia inciso a New York fa capire che il desiderio internazionale di Alberto non si è mai spento. C'era infatti un periodo nella sua discografia in cui non sembrava neanche italiano, per quanto era proiettato altrove: sto parlando di uno dei dischi meno conosciuti e più sottovalutati della sua discografia: El Nino, anno 1984.

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Sgombriamo prima l'orizzonte: Alberto Fortis è sempre stato popolarissmo, forse più per il nome che per la musica. E' uno di quelli che è entrato nella leggenda da subito, con un solo disco: l'omonimo Alberto Fortis del 1979, accompagnato da una backing band d'eccezione, cioè la PFM per intero. Il motivo di tanta fama potrebbe essere il suo essere avvezzo a provocazioni a volte gratuite, come la bruttissima" A voi romani" che con la scusa di prendersela col potere capitolino e nello specifico con Vincenzo Micocci, il talent scout di mezzo Folkstudio che all'epoca si occupava di lui (bersagliato anche dalla famosa"Milano e Vincenzo") invece insultava un'intera città. Si Alberto sì, ci crediamo che fosse un'invettiva metaforica, eh? Soprattutto perché sei di Milano, è nota la simpatia che avete per noi. Ma non eri mica Venditti, caro: assomigliavi più al Ruggeri proto-leghista che in "Salviamo Milano" se la prendeva con la gente del sud (anche qui con l'idea di fare una metafora del potere mafioso). E daje, no? Te la perdono solo perché alla fine anch'io, se un milanese mi avesse tenuto al palo per un anno con un contratto firmato, senza farmi uscire un cazzo, altro che canzone razzista…

Vabè, ad ogni modo se chiedo a uno per strada "mi canti un pezzo di Alberto Fortis?" penso che l'unico brano che potrebbe cantarmi è proprio questo.  Peccato, perché il primo album è in toto un esempio di cantautorato originalissimo che mescola e riesce a frullare in maniera sagace Guccini, Cattaneo, Dalla, Gaetano, Graziani… Un po' di tutto. Mantenendo poi un'ironia nell'impianto e negli arrangiamenti unica nel panorama del periodo, con dei testi taglienti e visionari e una voce disturbante quanto basta. Dopo di quello, un disco folgorante: Fra demonio e santità, una specie di opera rock tripolare con sintoni molesti, skip fra i generi, follie varie ed evidenti citazioni del primo Faust'O, con la voce che a volte diventa stridula come fosse punk, in un concept basato sull'antitesi bene e male. A pensare che sarebbe dovuta essere la sua opera prima, si rimane stupiti dal fatto che non lo abbiano internato.

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Nonostante questa sua bizzarria innata, il tentativo è sempre stato di far passare la sua voce acidula nelle tubature auditive degli italiani, come l'LSD nell'acquedotto: ma alla fine, visto il successo limitato di Fra demonio e santità, ripiegò su un vino chiamato La grande grotta, il suo terzo disco. Bevibile, sì, e vendette molto, ma era annacquato e con punte d'aceto… Subito dopo Alberto si mise a fare il fruttarolo vendendo proprio Fragole infinite. Il quarto disco, nato dalla collaborazione quasi feticista con il suo mito George Martin (all'epoca diventato produttore degli Ultravox) non poteva che rappresentare una parentesi pop. Insomma, è sempre attento a quello che gira nel mondo, fa il globetrotter America, Inghilterra e via discorrendo. Però, ecco, il disco di cui stiamo per parlare è quello che veramente giunge come spartiacque fra il passato e il futuro di un modo di intendere la "musica italiana". Titolo messianico, ispirato inconsciamente al fenomeno atmosferico all'origine di tante rivoluzioni metereologiche, El Nino rappresenta quello che Fortis avrebbe dovuto difendere con i denti: il pop d'avanguardia dell'emigrante italiano.

La melodia c'è, ma è servita su un piatto di chiodi. La voce di Alberto è diventata uno strumento che grida, come se volesse fondere l'hardcore "confrontational" con la tradizione italiana (l'anno è propizio, e chissà che non si sia visto i Black Flag in giro). In effetti il nostro si trasferisce in America, si prende una sbornia per la cultura giapponese, l'hi-tech, e le teorie cosmiche Maya, popolo che lo ispira per la sua lungimiranza tecnologica. Insomma è pieno d'input visionari, tanto che con un anticipo di millenni, stampa sulla busta interna una chiacchierata via chat "analogica": come già detto, siamo solo nel 1984 e sullo sfondo c'è il ponte di Brooklyn illuminato a notte. Ecco qui la prima parte - Posso essere la donna della tua vita?
Non lo so.
Dovevi rispondere sì.
Avremo tutto il tempo per ripetere tutto questo. Dopo quest'apertura futuristica che è senza dubbio un dialogo a KM di distanza fra Alberto e il suo alter ego femminile in copertina (entrambi vestiti hi-tech come cyborg usciti da un anime, circondati da lettere prodotte da schede perforate), si entra nel primo brano, "Brian Francisco". Il testo parla di un reduce di guerra in Asia, con visioni da dopobomba: "Atomi fiori e un mare in più / Giappone e amore dentro me" e citazioni dal film Furyo di Nagisa Oshima e con David Bowie: "Soldati verdi e samurai / Si baceranno in bocca liberi oramai" (a proposito, conoscerà di persona Sakamoto più tardi durante le session di Assolutamente Tuo nel 1987, quando sarà prodotto proprio dal braccio destro di Bowie, Carlos Alomar). Non mancano anche gli omaggi drogastici a Lennon "Se Lucia è nel cielo coi diamanti, la berrò" per un pezzo che è singolare nella produzione di Alberto. Batteria in 4/4 serrata suonata da lui stesso, e nessun altro.

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Questa rivoluzione stilistica si basa sul fatto che il disco è interamente suonato da Fortis e da Claudio Dentes (meglio conosciuto come Otar Bolivecic, futuro produttore degli Elii), il quale si adopra in tutti gli strumenti a corde e nella produzione: metodo che ricorda da vicino quello di Roberto Colombo e Camerini per i grandi successi di quest'ultimo. E il singolo "Plastic Mexico" è l'assaggio di una coppia vincente. Un brano delirante che in un sol colpo trova atmosfere alla Mike Howlett, fiati funky, sfuriate drone, campioni da videogiochi, cantato punk e intermezzi surreali rap, tutti allo stesso tavolo: il testo ancora una volta lungimirante descrive in anticipo le mode che oggi ci pervadono "Solo la lingua giapponese e tutti in giacca blu", "E voilà nuova moda retrò", "Bombe silenziose", la nostra coppia cerca di recuperare un rapporto sognando di fuggire in nord America. D'altronde "Stop col sole, stop coi viaggi chic / Viaggio meglio al Plastic" la famosa discoteca di Milano. Un brano che profuma di futuro, di nichilismo ("Fanculo le bandiere / I popoli e le sere) di nomadismo psichico e d'istigazione al sesso contro l'onanismo Otaku ("Non sopporto chi / Si sega in un pianeta di carni bianche e seta!). La prima volta che passarono il video su una TV privata romana non credevo ai miei occhi, non pensavo che Fortis sapesse osare tanto: sembrava performance art.

"Terra 20.000" è un brano ufologico, il protagonista parte per Marte e saluta la terra per sempre: echi di nuovi metodi di riproduzione alieni che si rifanno alla vergine Maria "un bacio soltanto e un figlio nascerà fra di noi", per una ballata di altissima classe che mescola Whitney Houston all'ambient (!). Non mancano assoli di Sax erotici che rimandano immediatamente a un cool jazz futuristico.

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Il brano seguente, "Jane" vede Alberto insistere su una ritmica identica a quella di "Plastic Mexico", come fosse una drum machine impallata: nel brano echi new wave tra gli Oingo Boingo, i Police, Camerini (il riff del ritornello lo ricorda a stecca) e fiati missati con sapienti fade in. Il testo sembra legato al precedente, una storia d'amore e di robot, di mutazioni possibili e di occultismo spiritualista per cui il tempo non esiste e noi siamo l'aldilà. "Terra o spazio tutto uguale / Quanti amori quanto male", d'altronde. Alberto canta toccando picchi screamo non indifferenti, penso inauditi in una canzone pop.

Lato B: si riparte con un brano d'amore languido"Svegliati amore con me", il singolo. Sontuosi arrangiamenti d'archi che ricordano George Martin, ma il brano si avvicina agli Everly Brothers di EB84 (quindi riferimento diretto a Jeff Lynn degli ELO). Ricco di trovate e inserimenti strumentali (trovano spazio anche delle steel drums), è un gioiellino di produzione. La batteria ovviamente è identica a tutte le altre: minimalismo ritmico che sfiora la provocazione. "Svegliati e dai un bacio a chi… A chi vuoi tu", bellissimo finale contro la monogamia che l'ascoltatore medio dava invece per scontata, tiè.

E qui abbiamo uno dei migliori brani di Alberto: "La sedia elettrica" è un concentrato di punk, wave, no wave, azzardiamo anche proto grunge (e del resto nel disco Dentro Il Giardino collaborerà proprio con un gruppo post grunge, i Word). Tutti elementi mischiati a piccole dosi, incollati da un incipit Presley-oriented ("Can't help falling in love…") e una grande performance vocale del nostro. Testo meraviglioso che ovviamente è un'accusa alla barbarie della sedia elettrica molto prima dei Litfiba di "Louisiana". Batteria ossessiva, ancora una volta fotocopia delle altre.

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"Marion" narra nuovamente storie di frizione fra spirito e carne: Fortis manda messaggi per iniziati usando anche un vocoder. Una canzone d'amore in cui "Libertà non chiediamone più / Non esiste il mondo" e "Non temere,  perdi quando vuoi": resistenza passiva contro il potere, per un pezzo tra i Police e il soul, ma anche con una forza melodica che il buon Celentano scipperà impunemente per "L'emozione non ha voce". La batteria? Indovinate: identica alle precedenti. Genio.

"Mama" è il gran finale, fra il jazz l'ambient, il kraut, la fusion: con un Claudio Pascoli ai fiati in ottima forma, pezzo da accendino per aria. Una preghiera a una figura spirituale femminile non meglio identificata, che chiama dalle stelle mandando messaggi cifrati. Gran finale di archi che cita prima "A Day in the Life" con una svisata cacofonica e poi diventa una vera e propria sinfonia spaziale a perdita d'occhio messa su da Lucio "violino" Fabbri, vecchia volpe della PFM e responsabile dei violini autistici in Hibernation dei Krisma. Potrebbe essere la colonna sonora per un film di fantascienza, ma anche la "Pierino E Il Lupo" di Alberto Fortis. Fra gli ospiti inattesi vediamo un Maurizio Vandelli dell'Equipe 84 prima di finire fra le grinfie Fininvest, un Demo Morselli alle sue prime esperienze rock prima di finire fra le grinfie di Costanzo.

È stato proprio a causa di questa ricchezza di riferimenti che El Nino si è ritrovato penalizzato dalla sua stessa luce. Eppure l'idea di un disco pop "contaminato", in cui melodia e ritmo sono peculiari e il resto è il florilegio che li incorona, sarà la cifra stilistica di molti gruppi anglofoni che verranno, nel bene e nel male. La lungimiranza di Alberto non finisce qui: oltre al già citato disco con Carlos Alomar, ci regalerà altri tentativi di sperimentazione come Carta del cielo del '90, interamente suonato con l'entourage di Vasco (che ricordiamo, citò "Tra demonio e santità" in "Siamo solo noi") e con abbondanti chitarroni ipereffettati.  Se ancora ci sia spazio per Fortis in questo mondo in cui ci si deve piegare ai reality (e ahimè luici è pure già passato in mezzo) non lo sappiamo: certo auspichiamo qualcosa di più di un EP, e possibilmente spinto in luoghi in cui non serve strizzare l'occhiolino. Magari proprio nella chat che chiude "El Nino".

Hai impegni stasera?
Sì ma li libero subito.
- No, se devo essere l'amore devo cominciare a farlo senza mettermi contro le tue così.
- D
evo raggiungere gli amici al ristorante giapponese.
- Benissimo, spero solo ci sia un piatto per me.
- Senz'altro, senza agitazione.

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