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Abbiamo chiesto a un esperto di tecniche militari come invadere e conquistare l'Italia

La buona notizia è che in caso di attacco su più fronti saremmo in grado di resistere dieci minuti in più rispetto a qualche decennio fa. La cattiva è che nel giro di un'ora ci ritroveremmo comunque spacciati.

Grafica di 

​Armando Aiello.

Qualche settimana fa un banchiere italiano della City mi ha raccontato che tra gli analisti del miglio quadrato londinese nessuno crede più alla raffica di annunci sulla ripresa lanciati da Renzi. Così, mentre il mio interlocutore concludeva in maniera lapidaria "I numeri sono numeri," la mia mente ha iniziato a divagare, figurandosi uno scenario in cui da Londra si passava a Bruxelles e Berlino, e il timore di chi detiene il nostro debito diventava panico, tanto da spingere a un'invasione militare dell'Italia da parte dei paesi a cui dobbiamo miliardi e miliardi di euro.

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Detto questo, so poco di strategia militare, ma ispirato dai post delle altre redazioni di VICE e curioso di aggiungere dettagli alle mie fantasie da Age of Empires in versione 2014 ho provato a mettermi in contatto con i centri studi legati al Ministero della Difesa. Purtroppo le mie speculazioni non li hanno fatti neanche lontanamente sorridere, così, frustrato dal mancato senso dell'umorismo di quelli che un conoscente di un centro studi ha definito sospirando "eh sì… i militi… son così …", mi sono messo in contatto con Fabrizio Coticchia, Jean Monnet Fellow presso l'European University Institute, editor del blog ​Venus in Arms e analista di strategie di difesa italiana ed europea.

VICE: Scenario: sono tutti arrabbiati con noi, alleati storici compresi, perché non ripaghiamo i nostri debiti e spendiamo più di quanto incassiamo. Decidono dunque di invaderci. Cosa succederebbe?
Fabrizio Coticchia: Fino alla fine degli anni Ottanta girava una battuta: se l'Italia fosse invasa dalle forze del patto di Varsavia resisterebbe sì e no venti minuti. Oggi la situazione è un po' migliorata e per due principali motivi. Da una parte la partecipazione delle forze militari italiane a diverse missioni all'estero—Libano, Kosovo, etc—in cui decine di migliaia di soldati, il 30 percento circa delle forze armate italiane, si sono confrontati con situazioni di guerra e guerriglia; esperienze che in uno scenario di ipotetica invasione renderebbero il nostro esercito più preparato. Dall'altra, l'Italia, che è una paese di "navigatori", potrebbe fare affidamento sulle capacità della Marina. Dopo gli Stati Uniti, il nostro paese è l'unico ad avere due portaerei. L'Inghilterra ne ha una, la Francia pure e India e Cina, nonostante abbiano annunciato che presto avranno nuove portaerei, ne hanno ancora soltanto una a testa. La nostra Marina può contare sulla Cavour e la Garibaldi. Quest'ultima, anche se tecnicamente è un "incrociatore portaeromobili" è ancora in servizio e potrebbe giocare un ruolo importante.

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Ok, siamo in grado quindi di resistere dieci minuti in più rispetto a qualche decennio fa, ma in termini di numeri e potenza di fuoco come siamo messi?
Al momento possiamo contare su 170.000 soldati, anche se nei prossimi anni il numero di unità, a seguito della riforma Di Paola del 2012 [ex ministro della Difesa], sarà ridotto a 150 mila. Sui mezzi terrestri siamo invece messi così così. Da una parte facciamo ancora affidamento su mezzi che risalgono alla Guerra Fredda, quindi abbastanza obsoleti, dall'altra, nuovi modelli come il VTLM Lince o il blindato VBM Freccia sono all'avanguardia e sarebbero fondamentali in caso di invasione.

Un'altra grande leva difensiva—questa utile soprattutto in uno scenario di guerriglia post-invasione e di eventuali operazioni di sabotaggio—è quella delle forze speciali. Tra queste forze le più importanti sono gli incursori della Marina (Consubin), i paracadutisti del Col Moschin e gli incursori del 17esimo stormo, oltre che il gruppo speciale dei Carabinieri.

Nei cieli invece? 
In caso di attacco, oltre alle principali infrastrutture del paese (telecomunicazioni in primis) le basi aeree italiane di Grosseto, Trapani e Gioia del Colle dove è parcheggiato il grosso dei nostri mezzi sarebbero uno dei primi obiettivi. Se però—e questo è molto improbabile—la nostra flotta aerea non fosse distrutta da eventuali bombardamenti pre-invasione, potremmo contare su un centinaio di Eurofighter, un caccia multiruolo e decine di cacciabombardieri.

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​Un Eurofighter Typhoon dell'Aeronautica Militare Italiana. Foto via 

​Wikimedia Commons.

Dunque, se ho capito bene l'unica speranza per l'Italia sarebbe una guerriglia stile Afghanistan?
Sì, ma questo dipenderebbe anche dalla risposta della popolazione e dal supporto dato alle forze militari impegnate in azioni di guerriglia e sabotaggio.

Considerando l'astensionismo delle ultime elezioni in Emilia e Calabria non mi sembra che le persone abbiamo voglia di farsi ammazzare per l'amor di patria.
Be', al di là del clima di antipolitica, penso che in fondo si possa contare sul sostegno della popolazione. Gli studi che dimostrano come la forza identitaria nazionale sia molto spesso ritrovata in momenti di difficoltà collettiva sono tanti e penso siano corretti.

E la mafia invece? Durante la seconda guerra mondiale ha facilitato lo sbarco degli Alleati in Sicilia. I membri della criminalità organizzata parteciperebbero a un'eventuale guerriglia di resistenza o si trasformerebbero in mercenari al soldo degli invasori?
Dipende dallo scenario. Nel caso il post-invasione si prospettasse come una dittatura centralizzata e autoritaria, la mafia con ogni probabilità si schiererebbe dalla parte della guerriglia perché un'Italia divisa e in uno stato di semi-anarchia farebbe i suoi interessi economici: potrebbe cominciare a contrabbandare armi e controllare il mercato nero.

Mettiamo voglia aiutare gli invasori a entrare nel paese in cambio del controllo sul sud Italia. Quale strategia di invasione consiglierebbe?
Da più fronti allo stesso tempo. Qualsiasi attacco militare sull'Italia vedrebbe le forze navali e di terra venire dal sud in modo da isolare l'Italia dal resto del Mediterraneo, e dal nord, molto probabilmente dal Brennero, in modo da isolare il paese dal resto dell'Europa e prendere possesso delle zone più industrializzate e produttive.

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Finora abbiamo parlato di una guerra senza armi nucleari. Se gli alleati non ci abbandonassero (contando quindi sulle testate a loro disposizione) lo scenario sarebbe molto diverso?
In questo caso il deterrente nucleare dell'alleanza Nato impedirebbe qualsiasi possibilità di invasione a forze armate statuali, date le conseguenze di una possibile risposta.

Ci sarebbero poi anche le ​basi militari americane. Pensi Obama sarebbe disposto ad aiutarci?
Per aiutarci, ci aiuterebbe. È difficile però quantificare l'eventuale apporto militare delle basi americane in Italia perché non ci sono informazioni precise su uomini, mezzi e arsenale. L'esercito americano mantiene il segreto. Quello che si sa è che le basi più importanti sono una decina, mentre i depositi militari di carri armati e mezzi blindati nel paese sono circa sessanta. In termini di uomini invece, gli effettivi americani sul territorio sono tra i 12 e i 15mila.

Tornando all'ipotesi di un'Italia abbandonata a se stessa, ma restando in ambito nucleare: non ci sarebbe proprio nulla da fare davanti a una minaccia nucleare?
Ci sono studi, e la maggior parte degli esperti sono concordi, secondo cui su due delle basi americane in Italia (quelle di Aviano e di Ghedi) sono presenti rispettivamente 70 e 50 testate nucleari, ognuna con una potenza di circa dieci volte quella di Hiroshima. Siamo alla pura fantapolitica, ma un modo di rispondere a un attacco nucleare sarebbe quello di utilizzare le testate americane presenti nelle basi.

Ok, facciamo finta di esserci riusciti. Come le usiamo?
Una soluzione—ma su questo fronte abbiamo bisogno ancora di qualche anno—sarebbe quella degli F-35, che sarebbero in grado di trasportare testate nucleari. Gli Eurofighter, al momento, sono concepiti per il combattimento aria-terra. I caccia Tornado sono considerati sempre più "obsoleti" dalle Forze Armate.

Ok, ultima domanda: qualche tempo fa l'ISIS ha minacciato di invadere Roma. Su Internet si dice che per farli scappare basterebbe la pressione fiscale italiana, ma al di là delle battute che non fanno ridere, è sensato preoccuparsi?
No, direi di no. Basta pensare che non riescono a controllare bene neanche il territorio occupato tra la Siria e l'Iraq. Eventualmente quello che potrebbero fare sono attacchi in stile Mumbai, ovvero azioni di terrorismo plateali volte a creare panico. Non credo però sia nel loro interesse. Come dimostrato fino ad ora il loro principale interesse è il controllo delle aree per lo sfruttamento delle risorse necessarie ad auto-finanziarsi. In questa visione attaccare l'Italia non avrebbe molto senso.

Segui Alberto su Twitter: ​@albertomucci1