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Perché abbiamo così paura dei disastri aerei?

Abbiamo indagato le cause dell'attenzione spropositata che i media e le persone dedicano agli incidenti aerei. E abbiamo scoperto che entrano in gioco voyeurismo, empatia e paura.

Patrick Aventurier/Getty

Martedì il volo Germanwings 4U 9525 partito da Barcellona e diretto a Düsseldorf si è schiantato sulle alpi francesi. Nell'incidente sono morti sul colpo 144 passeggeri e sei membri dell'equipaggio. Tra le vittime ci sono alcuni cittadini tedeschi, spagnoli e turchi oltre che una scolaresca tedesca di ritorno da una gita. Mentre le autorità erano al lavoro per recuperare la scatola nera dell'aereo, i notiziari di tutto il mondo hanno dedicato all'argomento ogni genere di speciale.

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Come per ogni grave tragedia, è naturale che gli organi di informazione se ne occupino in modo approfondito. Dopotutto, i disastri aerei sono terribili. Si ricollegano a una paura viscerale che nasce dal fatto che noi umani non siamo fatti per volare—perciò il pensiero che qualcosa vada storto lassù è particolarmente terrificante. Forse è per questo che i media—VICE compreso, come attesta questo articolo­—hanno avuto tanta fretta di parlarne. L'aggiornamento continuo e questa attenzione spasmodica vengono dedicati ai disastri aerei come a nessun altro tema, e assomigliano, a volte, a un semplice ficcanasare. Dato che il sito dello schianto è su un terreno piuttosto difficile da raggiungere, e il mistero è ancora da risolvere, è probabile che questo martellamento continuerà ancora per un bel po', costringendoci a porci la questione: perché siamo così morbosamente ossessionati dai disastri aerei?

La risposta ovvia al perché ci sia così tanta attenzione da parte dei media è che l'anno scorso è stato particolarmente ricco di questi avvenimenti. Tra la sparizione del MH370 un anno fa, lo schianto del volo Malaysia Airlines 17, lo scorso luglio, e la tragedia del volo 8501 di AirAsia a dicembre (e questi sono solo tre degli otto voli fatali di quell'anno), sono morte almeno 992 persone nel 2014—cifra record dal 2005.

Ma anche se il 2014 è stato un anno particolarmente funesto, quelle morti hanno rivelato che volare è ora più sicuro di quanto non lo sia mai stato, e comunque molto più sicuro che prendere qualsiasi altro mezzo di trasporto. Stando alle statistiche del 2000, ci saremmo dovuti aspettare 39 incidenti aerei mortali nel 2014. Il fatto che ce ne siano stati solo otto dimostra che le linee aeree si sono concentrate sulla sicurezza e sulla manutenzione dei mezzi­. I voli privati invece sono decisamente meno sicuri. Anche dopo tutte queste tragedie, le probabilità di morire su un aereo nel corso della vostra intera vita sono una su 8.321 (per fare un esempio, quelle di morte in incidente a piedi sono una su 723, e per avvelenamento accidentale una su 119). Ogni volta che salite in macchina avete una probabilità su 100 di morire, ed è tremila volte più pericoloso salire in moto che su un aereo.

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In questi giorni si è detto che, forse, ci sono dei segnali che indicano alcuni problemi endemici al modello Airbus A320, coinvolto nell'incidente sulle Alpi. Ma questi aerei, anche uno vecchio di 24 anni come quello precipitato, sono tra i modelli più automatizzati e sicuri dei cieli. Ce ne sono circa 5.600 in servizio in tutto il mondo, e hanno trasportato più di un miliardo di persone solo nel 2014. Sono stati coinvolti in 12 incidenti mortali da quando il modello è uscito nel 1988 (e in qualche incidente non mortale come il miracolo del Hudson nel 2009). Questi dati, secondo gli esperti di sicurezza dei Boeing, ci danno un ottimo tasso di 0.14 incidenti per milione di voli.

Ma anche se sappiamo che gli aerei sono sicuri, prestiamo molta più attenzione ai disastri aerei che a incidenti mortali più comuni. Nel 2014, i media hanno dato il 43 percento in più di copertura ai 992 morti nei disastri aerei che ai 1.24 milioni morti nel mondo a causa di incidenti stradali. Non è una sorpresa. È la classica corsi agli ascolti (e quindi agli introiti).

Quanto alle motivazioni dell'eccessiva attenzione per i disastri aerei, sembra che entrino in gioco molti fattori. In parte ha che fare con la nostra ossessione per qualsiasi disastro "apocalittico", che a sua volta, secondo Eric Wilson, professore alla Wake Forest University e autore di Everyone Loves a Good Train Wreck: Why We Can't Look Away , si origina da un impulso voyeuristico unito a uno empatico:

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"La fissazione per i disastri aerei può tirar fuori le parti peggiori e migliori di noi: una specie di scarica di adrenalina che si genera dalla sofferenza altrui e contemporaneamente una più completa comprensione del concetto di dolore e sofferenza," ci ha detto Wilson. "E c'è anche il sollievo: non è successo a noi."

I disastri aerei, ci ha spiegato Wilson, sono un ottimo argomento da spolpare perché sono incidenti su larga scala, e forniscono immagini forti, quasi cinematografiche. In questi incidenti, a differenza di quelli stradali, muoiono centinaia di persone tutte assieme.

"In più possiamo immaginarci coinvolti in un incidente del genere­: se è capitato a loro, poteva capitare anche a noi. Mentre la maggior parte di noi non può immaginare come sia morire in guerra, dato che non è mai stata in guerra."

In più, dato che anche nella nostra paura siamo consapevoli che gli aerei sono sicuri, e che incidenti così eclatanti (destinati a diventare delle tragedie nazionali) sono rari, queste storie hanno un effetto molto forte sulle menti degli spettatori. Quando poi le tragedie sono avvolte dal mistero, le storie rimarranno molto più fissate nella memoria del pubblico, perché gli indizi verranno a galla pian piano.

L'attenzione ossessiva per questi eventi gioca un ruolo importante nelle nostre nevrosi quotidiane. Il 43 percento degli americani ha paura di volare (sia perché, ripeto, non siamo nati per volare, sia perché non abbiamo il controllo del nostro destino come ce l'abbiamo al volante) e il nove percento è terrorizzata dagli aerei, e si rifiuta di volare. E come per ogni morbosa fissazione, c'è una app anche per questa: Am I Going Down? ci permette di indulgere nella nostra ansia, accertandoci di quante possibilità ci sono che il nostro volo si schianti.

Tutto questo ficcanasare, unito alle immagini impressionanti di un disastro aereo e alle nostre nevrosi sul volo dà come risultato una­ potente ricetta per il successo mediatico. Fortunatamente sembra che questa ossessione non stia facendo crescere troppo la paura di volare, che è sempre abbastanza stabile. Non so però quanto faccia bene questo continuo martellamento ai danni della nostra sanità mentale, e sicuramente non è il massimo per coloro che sono direttamente toccati da queste tragedie, quando il loro dramma personale diventa rapidamente cibo per gli spettatori.

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