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'Eccezionale veramente' è la morte definitiva della comicità in televisione

Eccezionale Veramente è un talent show di La7 dedicato a comici emergenti che mette insieme Gabriele Cirilli, Diego Abatantuono, Paolo Ruffini e Selvaggia Lucarelli. Poteva uscirne qualcosa di comico? No.

Fino a qualche tempo fa, La7 poteva essere considerata al più un generatore automatico di talk show politici, ospitate di Andrea Scanzi e malinconia. Poi qualcuno ai vertici del canale deve essersi accorto che tra tutti i prodotti proposti dalla concorrenza un'area non sembrava ancora presidiata a sufficienza, e da lì è nata la folgorante idea dei talent comici.

Il primo tentativo di La7, Il boss dei comici, è durato due puntate ed è stato chiuso per i bassi ascolti. Così, qualche tempo dopo si è deciso di rilanciare col botto attraverso un programma mestamente promosso, sul quale scommettere-ma-non-troppo, e privo del comico di punta della rete: Maurizio Crozza.

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Il risultato è Eccezionale veramente, un talent show che mette in palio un contratto da 100.000 euro con Colorado Film e che ha per giuria tre comici di indiscutibile spessore che tutte le testate internazionali amano invidiarci, cioè Diego Abatantuono, Paolo Ruffini e Selvaggia Lucarelli.

Ora: le premesse potevano non essere delle migliori (e anzi sembravano inserirsi perfettamente nella lunga tradizione televisiva italiana di programmi concepiti male e realizzati peggio). Ma siccome la comicità mi sta molto a cuore, ieri ho deciso di sottopormi volontariamente alla visione della prima puntata per capire cosa ci riserva il futuro del settore in Italia.

Poco dopo essermi sintonizzata, alle 21, noto innanzitutto come per la conduzione si sia voluta fare una scelta di profilo: infatti è stato ingaggiato Gabriele Cirilli, il cui ruolo principale all'interno della puntata sarà essere interrotto bruscamente dal montaggio mentre parla o rassicurare tutti sul fatto che ci stiamo divertendo mettendosi a ridere senza alcun motivo. Con una clip viene introdotto anche l'ospite d'onore della puntata, un fresco e reattivo Renato Pozzetto. Come assolutamente normale per uno show incentrato sulla comicità, scopro anche che nessuno dei presenti si sente in dovere di dire qualcosa di divertente durante tutto il primo quarto d'ora, fino alla presentazione dei primi concorrenti, il duo Marco e Chicco.

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Loro per primi introducono la nota formula vincente numero uno della comicità che ci accompagnerà tutta la serata, lieve come una bastonata sul cranio: la parlata meridionale dialettale + punchline fulminanti a tema sessuale/donne zoccole.

Al momento dei giudizi scopro inoltre che Selvaggia Lucarelli aveva premuto il pulsante per interromperli ed è l'unica a dare un parere mediamente critico sull'esibizione. Si configura così da subito quella che è evidentemente la violenza più truce di tutta quest'esperienza, cioè l'essere costretti contro la propria volontà a essere d'accordo con Selvaggia Lucarelli circa il 90 percento delle volte.

Per fortuna il secondo concorrente si evolve da questi stereotipi arcaici di comicità e propone una forma d'intrattenimento assolutamente nuova e sempre appassionante. Infatti è un ventriloquo.

Il ventriloquo alla giuria piace tantissimo ed è anche corredato di storia strappalacrime; va da sé che la finale è assicurata.

A seguire ci sono gli Sformato Comico, che propongono una variabile rivoluzionaria dello schema prima indicato inserendo il dialetto veneto al posto di un accento meridionale.

Per fortuna però, non rinunciano ai capisaldo del genere, con un rinfrescante pezzo sulle mogli che invecchiano e sulle parole buffe tipo "mail" o "render".
Però loro vengono fermati dai giudici quindi plano direttamente sul terzo concorrente.

Il fatto che il concorrente arrivi munito di chitarra mi fa già un po' agitare, ma in realtà non c'è niente di cui preoccuparsi: Chitarrina propone un colto divertissement sulle ambiguità della lingua italiana, di cui ho voluto raccogliere un piccolo, ma necessario florilegio:

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• "un bottone non è una grande botta"
• "il barista non fa le bare"
• "la cascata non è chi ha battuto la testa"

Subito dopo l'esibizione, commentandola con i giudici, il concorrente non manca di far notare che "si potrebbe andare avanti per ore" e in effetti sì, probabilmente dopo la botta in testa di cui sopra si può, quindi su questo non mi sento di fare polemica.

Dopo Chitarrina però arriva un momento in grado di riscattare quanto visto fino a quel punto. Lui:

L'imitatore di Antonio Banderas nella pubblicità del Mulino Bianco rappresenterà infatti uno dei picchi di analisi e presa sulla contemporaneità di tutto il programma.

Contando anche la sua esibizione in finto spagnolo sono passati circa quaranta minuti dall'inizio del programma e non è ancora stata pronunciata una battuta in italiano piano, regolare, senza additivi. Un gorgo infinito di accenti, costumi e parrucche a mascherare la debolezza delle punchline. Un fatto che ribalta in toto un'importantissima e sorprendente regola: se una battuta fa ridere solo in romanesco o in veneto o in finto spagnolo e non in italiano normale probabilmente quella battuta non fa ridere.

Per smentire questa regola, il concorrente successivo ci regala finalmente il pezzo sulle differenze fra Nord e Sud Italia che aspettavamo da anni e i giudici riconoscono subito del "mestiere" nei pezzi più coraggiosi, come quando accenna al fatto che al Sud si ama mangiare molto di più che al Nord.

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Poi dal nulla arriva lui. Francesco Birardi.

È difficile davvero descrivere quello che ho provato mentre seguivo un'esibizione di cui non arrivavo a percepire il senso o il filo logico, mentre Paolo Ruffini e tutti gli altri in studio si scassavano dalle risate per una sequela di parole assolutamente casuale. Sto ancora decidendo se si trattasse di un grande momento di situazionismo oppure di un messaggio di Al Qaeda, ma sono comunque ancora un po' scossa.

Alle 22.10 viene annunciato il primo concorrente donna. Che si rivela essere un uomo mascherato.

La prima manche potrebbe anche procedere in tutta tranquillità fra giochi di parole e suoni strani, mentre il mio attaccamento alla vita terrena viene progressivamente sgretolato dall'aumentare del numero di minuti di visione, ma accade l'impensabile. Approfittandosi di un momento in cui ero girata, sullo schermo compare Dario Fo.

Il suo intervento sulle forme del ridere è così fuori luogo nel contesto che per la seconda volta dall'inizio della trasmissione dubito di quello che sto vedendo e mi chiedo sinceramente se non si tratti di un'operazione di hackeraggio di RaiTre e Tyler Durden ai danni di La7.

Da qui in poi ho ricordi comprensibilmente un po' confusi, ma non ho problemi a immaginare che anche la seconda manche se ne sia andata fra imitazioni, vocette, cabaret e problemi di ogni sorta.

Perché in fondo, tutto quello che serviva per formulare un giudizio lo avevo già. Questo: in un format come Eccezionale Veramente , il problema non è la carica dilettantistica da Corrida dei concorrenti, ma il completo fraintendimento del concetto di talento comico che fornisce. Un talento in cui il punto non è più uno spirito controintuitivo di osservazione della realtà, né la capacità di sorprendere il pubblico con una punchline brillante o un ragionamento deviato.

In Eccezionale Veramente il punto sembra essere strappare brandelli di risate registrate a botte di ululati, volgarità varie ed eventuali, pura e semplice pigrizia cognitiva. È un contenitore perfetto e su misura come una tomba di tutto ciò che ha viziato e inquinato l'eredità greve della commedia all'italiana, di un conservatorismo becero che riflette l'incapacità non tanto di fare una comicità nuova ed efficace, quanto anche solo di pensarla.

La cosa più triste è che un qualsiasi tweet di somejoio92 di Spinoza è più tagliente e connesso con le nostre esistenze di un intero programma messo su da professionisti in cerca di talenti giovani, mentre elementi fondanti della comicità come la satira e il commento della contemporaneità vengono totalmente tagliati fuori dall'idea di intrattenimento televisivo. Come se fossimo incastrati in un Drive In perenne, infinito, a reti unificate.
E fossero tutti contenti così.

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