FYI.

This story is over 5 years old.

News

In Francia gli operai continuano a sequestrare i manager

Il sequestro dei dirigenti aziendali è stato definito una "nuova arma sociale dei lavoratori". Dopo il caso della scorsa settimana ad Amiens, ecco una panoramica su quanto successo negli ultimi anni.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Dal film Crepa padrone, tutto va bene.

Sono circa le 2 di pomeriggio del 6 gennaio 2014 quando gli operai dello stabilimento Goodyear di Amiens, nel nord della Francia, twittano sul loro account una foto di due uomini che parlano tra loro, seduti ad un tavolo delle riunioni. Il testo recita: "jusqu’ici tout va bien." Fino a qui, tutto bene.

Gli uomini sono Michel Dheilly, direttore del sito produttivo, e Bernard Glesser, direttore delle risorse umane. In mattinata operai e sindacalisti della CGT (Confédération générale du travail) hanno “sequestrato”—loro preferiscono dire prelevato—i manager della Goodyear dopo la decisione dell’azienda, presa il 31 dicembre 2013, di chiudere la fabbrica e licenziare 1.173 persone.

Pubblicità

L’uscita è bloccata da una serie di pneumatici giganti—non c’è il rischio che i due scappino. Dopo i continui rifiuti dell’azienda di parlare con i propri lavoratori, ora qualcuno è costretto ad ascoltare.

#goodyear , les dirigeants retenus ne risquent pas de s'échapper, vus les pneus qui bloquent la porte pic.twitter.com/kqP8hjWYRH

— matthieu chouvellon (@matchouv) January 6, 2014

Franck Jurek della CGT spiega all’AFP le ragioni dell’azione: "Vogliamo mettere pressione sulla direzione e tornare al tavolo delle trattative. L’obiettivo è vedere se qualcuno è interessato ad acquistare lo stabilimento, e se non arriva nessuna offerta, procedere con un piano di partenze volontarie per tutti, che preveda molti soldi."

La vertenza della Goodyear di Amiens, che dura da più di un anno, è diventata importante per una serie di motivi. Stefano Montefiori ha ricordatoche, proprio ad Amiens, il presidente francese François Hollande "promise in campagna elettorale una legge contro i cosiddetti licenziamenti di convenienza borsistica, quelli decisi non perché una fabbrica non è redditizia ma al puro scopo di fare salire le azioni." Il colosso americano, invece, ha affermato che lo stabilimento non è abbastanza produttivo e che dunque è un costo inutile.

Nel febbraio 2013 Maurice Taylor—soprannominato the Grizzly e capo della Titan, azienda di cui si è parlato come possibile acquirente—aveva scritto una lettera al ministro del Rilancio produttivo francese, Arnaud Montebourg, che l’aveva pregato di comprare lo stabilimento. La risposta di Taylor era andata ben oltre i confini del bullismo:

Pubblicità

"Ho visitato la fabbrica di Amiens un paio di volte. Salari alti, gli operai parlano per tre ore e lavorano per altre tre. Signor ministro, ci prende per stupidi? Siamo noi, Titan, ad avere i soldi e le capacità. Titan si comprerà una fabbrica cinese o indiana, pagherà gli operai meno di un euro all'ora e spedirà ai francesi tutte le gomme di cui hanno bisogno. Lei può tenersi i suoi cosiddetti lavoratori. Titan non è interessata alla fabbrica di Amiens. Cordiali saluti, Maurice M. Taylor, Jr"

Da allora la situazione non si era mai sbloccata, e nessuno aveva saputo dire ai dipendenti a quale destino sarebbero andati incontro. Di qui la decisione di questi ultimi di tentare il tutto per tutto, “sequestrando” i manager per più di 30 ore. Il "Grizzly" ha commentato l’azione alla radio francese RTL con la solita sfrontatezza: "Sono pazzi. Voglio dire, rendiamocene conto! Non c’è motivo di fare una cosa del genere!"

#goodyear des salariés rebaptisent leur entreprise #badyear pic.twitter.com/PZjQfNvVZX

— matthieu chouvellon (@matchouv) January 7, 2014

Nel pomeriggio del 7 gennaio i due manager vengono liberati, e la CGT annuncia l’occupazione della fabbrica: "Lo spettacolo è appena cominciato." La Goodyear, per contro, denuncia operai e sindacalisti per "detenzione e sequestro," danneggiamento e furto. La direzione dell’azienda si scaglia anche contro queste "azioni che mettono in pericolo le persone e i beni."

Pubblicità

Ma cosa rischiano in concreto gli operai? Il codice penale prevede pene dai 10 fino a 30 anni di carcere per il sequestro di persona, ma in casi come quello della Goodyear il diritto non è mai applicato alla lettera. L’avvocatessa Cladia Chemarin ha dichiarato che "i tribunali tengono conto del clima sociale e si mostrano più indulgenti in questo genere di conflitto sociale." In un certo senso, è un po’ come se il “sequestro” dei manager (bossnapping in inglese) fosse diventato l’ultimo stadio per regolare i rapporti di forza tra la dirigenza e i sindacati. Del resto, negli ultimi anni casi come quello della Goodyear ad Amiens sono stati tutt’altro che isolati.

Il 2000 ha marcato il ritorno a forme violente di conflitto sociale. Nel luglio di quell’anno, dopo aver ricevuto la lettera di licenziamento collettivo, gli operai della Cellatex a Givet minacciano di far saltare la fabbrica e di sversare materiale tossico in un fiume. Nel 2002 la dirigenza della Daewoo di Mont Saint-Martin manifesta l’intenzione di delocalizzare l’attività in Cina. Appena vengono a conoscenza della circostanza, gli operai occupano la fabbrica, sequestrano dei dirigenti e minacciano di sversare acido cloridico e fluoridico nel fiume Chiers. Nel 2006 gli operai della Duralex di Rive-de-Gier sequestrano per diversi giorni i dirigenti, e alla fine riescono a ottenere le indennità di licenziamento che aspettavano da più di un anno. Nel 2008 due dirigenti dello stabilimento Kléber-Michelin a Toul vengono “prelevati” da una dozzina di operai; la fabbrica poi chiuderà nel 2009, facendo perdere il lavoro a 826 persone.

Pubblicità

L’esplosione della crisi fa registrare un’ondata di casi di bossnapping—quattro solo nel mese di aprile del 2009. Il fenomeno assume dimensioni tali da diffondere il panico tra i dirigenti. L’avvocato Sylvain Niel preparò persino un "manuale di sopravvivenza" pubblicato dal quotidiano economico La Tribune, nel quale venivano dispensati consigli "antisequestro" per "evitare di cadere in trappola durante una trattativa." Libération parlò invece di una "nuova arma sociale dei lavoratori"—un’arma a cui quest’ultimi non hanno rinunciato. La pratica del bossnapping, come evidenziato qui, non è rimasta confinata nelle fabbriche e nei siti operai, ma è arrivata anche nei luoghi del terziario. È il caso dei dipendenti del centro studi Faurecia, che nel 2009 "bloccarono per cinque ore tre quadri dirigenti del gruppo," segno che le "pratiche di lotta radicale potevano guadagnare anche i ceti medi colpiti dalla crisi."

Questo "repertorio d’azione," che, come visto, va oltre il semplice “sequestro,” viene ritenuto dai lavoratori non solo legittimo, ma particolarmente efficace per la sua capacità di attirare i media nazionali e internazionali, solitamente molto distratti e superficiali sulle questioni lavorative. In tal senso, il caso della fabbrica Continental di Clairoix è piuttosto indicativo. Nel 2009 l’azienda annuncia la cessazione dell’attività. Motivazione ufficiale: la crisi nerissima del settore automobilistico. La CGT e gli operai si oppongono alla decisione e si rivolgono alla giustizia per mantenere aperto lo stabilimento. Quando però il tribunale respinge l’istanza il 21 aprile dello stesso anno, la collera dei lavoratori si riversa per le strade e arriva alla sede della sottoprefettura a Compiègne, che viene completamente devastata.

Pubblicità

Due giorni dopo i disordini, il 23 aprile 2009 un delegato sindacale della CGT (Xavier Matthieu) viene invitato nel telegiornale serale di France 2 per spiegare la protesta dei “Conti” di Clairox. Il giornalista prima afferma di “capire la vostra rabbia”, poi chiede a Matthieu di “lanciare un appello alla calma.” Il delegato gli risponde così:

"Non lancio proprio nulla. Non ho alcun appello da fare. La gente è arrabbiata, e la rabbia deve esprimersi. C’è un detto, ripetuto durante le manifestazioni, che fa: 'chi semina miseria raccoglie la rabbia.' Questo è quello che sta succedendo adesso. Ci sono più di mille famiglie che finiranno per strada, che creperanno nell’arco di 23 mesi senza avere più nulla, che saranno costrette a vendere le proprie case. Dovete capirle, queste cose. Non vogliamo crepare."

Cosa pensano i francesi di queste pratiche radicali? Più di un sondaggio ha evidenziato come la popolazione "approvi" o quantomeno "comprenda" i sequestri dei manager; l’élite politica e intellettuale li ha sempre condannati, considerandoli o atti disperati (e dunque inutili) oppure direttamente criminali. Lo scrittore e filosofo Bernard-Henri Lévy, per esempio, è arrivato addirittura a paragonare gli operai ai terroristi palestinesi di Settembre Nero e i sequestri dei manager a quelli degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco ‘72.

A parte certi improbabili parallelismi, spesso e volentieri la “negoziazione forzata” ha permesso di raggiungere risultati significativi. L’ha ammesso anche la rivista americana BusinessWeek in un recente articolo: "il bossnapping e pratiche simili si sono rivelate strumenti di negoziazione efficaci per i sindacati francesi." Qualche esempio: nel 2009 quattro dirigenti della Caterpillar di Grenoble erano stati presi in ostaggio dagli operai che protestavano contro i licenziamenti; dopo 24 ore, l’azienda aveva aumentato di 80mila euro l’indennità a ciascun operaio. Lo stesso anno, Ariston fece lo stesso e aumentò considerevolmente l’indennità agli operai dopo che questi avevano chiuso il direttore fuori dallo stabilimento. Altri casi di sequestro, come quello che ha coinvolto il manager della 3M di Pithiviers, si sono risolti con aumenti degli assegni di mobilità per gli operai.

Pubblicità

In tutto ciò, non può essere ignorato il contesto economico generale in cui si trova la Francia in questo momento. Think tank economico-finanziari, banche e analisti hanno ormai consegnato lo scettro di "malato d’Europa" alla Francia, che rischia di entrare nuovamente in recessione e vede aumentare di mese in mese il tasso di disoccupazione (ora siamo ufficialmente al 10.9 percento).

Il clima, secondo la definizione del sociologo François Dubet, è quello di una "rivolta sociale fredda" permanente, in cui il bossnapping s’inserisce appieno. In fondo, spiega il sito francese Basta!, queste azioni estreme non solo perseguono obiettivi concreti e di breve termine, ma pongono al centro della vita pubblica due questioni fondamentali per una società occidentale travolta dalla crisi: il deficit di rappresentanza e la redistribuzione della ricchezza.

Segui Leonardo su Twitter: @captblicero

Altro dalla Francia:

La nuova alienazione del lavoro formato Amazon