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Il Beccaria negli anni Settanta. Foto viaMa al di là di tutte queste contingenze, la mia impressione che il classico–almeno quello che ho frequentato io–fosse una scuola intrinsecamente classista era rafforzata dall'atteggiamento che stava al fondo del suo metodo educativo: i professori per primi sembravano provare e tentare di trasmettere agli studenti un sentimento immotivato di superiorità; la consapevolezza che in quelle aule si formasse "la futura classe dirigente italiana" era ben presente. E mi è sempre parso che sugli studenti–i quali erano in gran parte di estrazione più o meno alto-borghese–questa retorica facesse presa molto bene. Su di me, invece, non era così: non potevo fare a meno di pensare che, in futuro, la classe dirigente italiana sarebbe stata formata dalle persone che mi stavano sul cazzo al liceo.Persino l'argomento pretestuoso per cui il latino e il greco ti "aprano la mente" mentre la matematica e la geometria non facciano altro che insegnarti dei metodi per risolvere dei problemi sembra in fondo tornare alla legittimazione culturale. E oltre che pretestuoso, mi pare anche insensato pretendere di stabilire una gerarchia di valore tra la matematica e il greco–e lo testimonia il fatto che io entrambe queste lezioni le passassi in bagno a farmi le canne, senza fare discriminazioni di sorta.Con questo, non trovo comunque che il classico andrebbe abolito. Anche se la mia esperienza liceale è stata lunga, frustrante e assolutamente inutile, sono certo che ci sono molti altri a cui avrà trasmesso il valore dell'impegno e della dedizione, l'importanza dell'essere metodici e scrupolosi–insegnamenti che, comunque, non sono una prerogativa della formazione classica.Per salvarlo dal suo destino di elitarietà forzata, però, bisogna smettere di difenderlo a spada tratta da qualsiasi critica gli venga mossa. Smettere di vederlo come l'ultimo baluardo di una cultura umanistica in declino nel mondo della tecnica: quelli che lo difendono su queste basi sono di solito persone che l'hanno fatto in altri tempi–più o meno nel periodo a cui risaliva la scritta "Reagan boia" che campeggiava sulla facciata del mio istituto. Nel frattempo è cambiato il liceo classico in sé: si è trincerato dietro alla sua idea di "cultura" respingendo ogni novità e rifiutando di adeguarsi alle nuove richieste del mondo del lavoro.Insomma, occorre dissipare l'aura di sacralità che lo circonda e che ci porta ad avere un'immagine falsata di cosa vuol dire andare al classico: nella maggior parte dei casi, è un'esperienza normalissima, senza certamina e feste in toga. Per quanto mi riguarda poi, sette anni di liceo classico–esatto, sette–non mi hanno insegnato nulla, in termini di bagaglio culturale, che non avrei potuto imparare da solo. La colpa è in parte anche mia, che in quel periodo della mia vita non ero particolarmente ricettivo. Ma al di là della cultura personale, aver fatto il liceo classico nel modo in cui l'ho fatto mi ha insegnato a mettere sempre tutto in discussione: se non fosse stato così, sarei uguale a molti miei ex compagni di liceo. E sappiamo tutti che non c'è destino peggiore che essere uguali ai nostri ex compagni del liceo.
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