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Cosa sarà di Expo ora che Expo è finito

Expo è finito da qualche ora, e anche se ovunque viene descritto come un trionfo, dietro ci sono un sacco di problemi. Uno dei più grossi è il destino del milione di metri quadri su cui fino a sabato sorgeva l'Esposizione Universale.

L'albero della vita. Foto di Stefano Santangelo

Expo è finito da qualche ora, e se un milanese qualunque avesse passato l'ultimo anno sotto terra senza accesso all'informazione, riemergendo nel tardo pomeriggio del 31 ottobre 2015 avrebbe sentito il commissario Giuseppe Sala annunciare che con questo evento l'Italia "ha conquistato il mondo."

Il clima da battaglia vinta era rintracciabile anche in moltissimi editoriali successivi alla chiusura, così come nelle dichiarazioni di politici e figure istituzionali, con il prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca, nominato a commissario straordinario per Roma per far sì che "il Giubileo funzioni come Expo."

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"Today Milan salutes world and proves what Italy is capable of when works together" @giulianopisapia #orgoglioExpo pic.twitter.com/hEFPxFgPxO
— Expo Milano 2015 (@Expo2015Milano) October 31, 2015

Quanto accaduto in questi mesi, dagli scandali e i ritardi fino alla questione del reale costo di Expo, racconta una storia un po' diversa, in cui si inserisce anche la moratoria sulle indagini della procura di Milano. Il primo punto critico, infatti, riguarda i conti. Se con i 21,5 milioni di biglietti venduti si è andati oltre "la soglia psicologica" annunciata da Sala prima dell'inizio dell'evento, il numero non è necessariamente indicativo della cifra incassata, per cui si deve tener conto di eventuali come biglietti omaggio, abbonamenti, offerte, e biglietti serali al prezzo di cinque euro. La cifra potrebbe quindi risultare ben inferiore a quella che avrebbe consentito di andare in pari con gli 800 milioni spesi per la gestione, per la quale si era calcolata la vendita di 24 milioni di biglietti al prezzo medio di 22 euro l'uno—entrate che comunque coprirebbero solo una parte dei 2,3 miliardi di euro spesi per la realizzazione dell'evento.

Dopo mesi di rapporto critico con il mondo del lavoro—dall'uso di volontari non pagati ai metodi di selezione controversi, fino all'ombra di scelte politiche dietro assunzioni e licenziamenti—un altro nodo rimane quello dei lavoratori. Al di là dei volontari, che da quest'evento dovranno trovare il modo di sfruttare solo l'esperienza, per i circa 12.000 lavoratori non è previsto nessun tipo di riassunzione o di prolungamento del contratto ma solo, per 3mila di loro, 40 ore di corso di formazione e ricollocamento in un'agenzia interinale.

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Dentro il padiglione del Brasile, che ha scelto di mettere all'asta oggetti di design e attrezzature del padiglione.

A questi problemi, ora si aggiunge anche il destino del milione di metri quadri su cui fino a sabato sorgeva l'Esposizione Universale. A partire da oggi, lontano dagli occhi dei visitatori e dall'attenzione mediatica, avrà infatti inizio una nuova fase, quella in cui si dovrà smantellare il tutto e convertire l'area di Rho-Pero in una destinazione che eviti che venga abbandonata nel disinteresse generale—un finale non estraneo alla storia delle grandi opere in Italia.

A quanto annunciato nelle settimane precedenti, già oggi, 2 novembre partiranno i lavori di smantellamento dei padiglioni, per cui i singoli paesi avranno tempo fino al 30 giugno, anche se Sala ha dichiarato che "saranno finiti prima di maggio."

Inoltre, a breve dovrà essere presentato un progetto che riveli la destinazione dell'uso dell'area di Rho-Pero per il futuro. In linea con la partenza in ritardo, nonostante negli ultimi mesi siano state discusse varie idee e il dibattito sul futuro dell'area sia sterilmente in corso fin da prima dell'inizio di Expo, ancora mancano progetti concreti. Matteo Renzi ha annunciato che sarà a Milano il 10 novembre per "raccontare cosa faremo in quell'area, e in che tempi."

Per ora si sa che la società che si occuperà dello smantellamento dei padiglioni sarà Arexpo, fondata nel 2011 con il compito di acquisire da pubblici e privati i terreni che hanno ospitato l'esposizione.

Anche il governo sarà parte attiva nella gestione dello smantellamento del sito e nelle decisioni riguardo il suo futuro, con una quota che dovrebbe essere stabilita nei prossimi giorni. L'annuncio era arrivato già a ottobre, dopo una lettera risalente al mese precedente in cui Maroni e Pisapia di comune accordo si rivolgevano al Presidente del Consiglio chiedendo "che il Governo entri nel capitale della società Arexpo Spa acquisendo una quota azionaria pari a quella della Regione Lombardia e del Comune di Milano [ circa il 27 percento]."

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Nel frattempo tra Arexpo e Expo SPA, la società che si è occupata dei lavori di preparazione dell'area, sono sorti i primi veleni. A far discutere sono i conti delle bonifiche effettuate sull'area di Rho-Pero. In preparazione a Expo, infatti, la società Expo Spa aveva anticipato i soldi per i terreni dell'area a una bonifica il cui prezzo era stato preventivato per 5,4 milioni di euro. Il 10 ottobre scorso però, alla presentazione del conto, si è scoperto che la spesa è salita fino a 72,5 milioni—soldi che Expo Spa si aspetta di ricevere da Arexpo. La cifra è stata contestata dal presidente di Arexpo, che in un' intervista a Radio Popolare ha messo in dubbio il fine del denaro, e lo stesso Cantone, presidente dell'ANAC, ha dichiarato che esaminerà le spese.

Palazzo Italia, una delle strutture che dovrebbe rimanere in piedi dopo la fine di Expo

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In attesa di scoprire chi salderà i conti della bonifica, più chiaro sembra essere il futuro dei padiglioni. In un evento di qualche settimana fa dedicato al futuro di Expo Giuseppe Sala ha dichiarato che più di dieci "saranno smantellati e ricostruiti altrove, nei loro Paesi o in città, come quello della Coca Cola o di Don Bosco. Ma la maggior parte verrà distrutta." I lavori saranno divisi in due fasi: la prima—che parte oggi—prevede la presenza di 600 operai, mentre per la seconda, dal primo gennaio, il numero di lavoratori arriverà a 1.500-2.000, anche se ancora non è chiaro chi si occuperà di ripulire i materiali che saranno lasciati sul luogo. Per il momento si è offerta volontaria Cascina Triulza, il padiglione della società civile a Expo.

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A questo gruppo si aggiungono le strutture destinate a rimanere sul sito, tra cui Palazzo Italia, il Padiglione Zero, l'albero della vita e il Media Center—costruite con materiali il cui smaltimento risulterebbe troppo costoso. Per Palazzo Italia, l'Albero della vita e Padiglione Zero, l'uso futuro è ancora incerto, ma nel frattempo Sala, in una conferenza dello scorso 20 ottobre, ha assicurato che "la mostra [all'interno del padiglione Italia] non verrà smontata e lo stesso accadrà per il padiglione Zero."

Per adesso, si parla di utilizzare padiglione Italia e il Media Center per ospitare da aprile a settembre 2016 la XXI Triennale internazionale di Milano.

Ci ha emozionato, ci ha reso orgogliosi. Oggi diamo un ultimo saluto all'Albero della Vita. — Expo Milano 2015 (@Expo2015Milano)October 31, 2015

Per quanto riguarda l'Albero della vita, la struttura che a quanto dichiarato dall'ideatore Balich ci invidiano e chiedono in tutto il mondo, nelle scorse settimane si sono alternate notizie che ne attribuivano diverse destinazioni, tra cui Brescia, Roma, e per ultimi parco Adriano e Piazzale Loreto a Milano. Le notizie non sono mai state confermate e si sono rivelate prive di ogni fondamento, dato che Sala, pochi giorni fa, della struttura di 35 metri quadri in acciaio e legno, ha dichiarato "è molto più complesso smontarlo e rimontarlo da un'altra parte. L'idea non tiene. Inoltre è una tecnologia molto delicata e l'idea di spostarlo è molto ardita."

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Ma l'interrogativo più grande riguarda la sfida fondamentale del post Expo, ovvero decidere l'utilizzo futuro dell'intera struttura di Rho-Pero, per la quale ancora non esiste un progetto concreto. Secondo le regole fissate dal comune di Milano prima dell'inizio dell'Esposizione Universale, l'unica certezza arrivati a questo punto è che il 60 percento dell'area utilizzata dovrà rimanere verde.

Ad oggi l'idea più concreta—e del resto l'unica della quale si è parlato in dettaglio—è quella proposta dalla Statale, che prevede la costruzione di una cittadella universitaria che ospiterebbe al suo interno una parte dedicata alla tecnologia, alla ricerca e all'innovazione, e una cittadella dei servizi pubblici, nella quale andrebbero a confluire i servizi che attualmente si trovano a Lambrate.

L'Expo Gate davanti al Castello Sforzesco.

Il progetto del campus, sostenuto anche da imprese private come Assolombardia e Cassa Depositi e Prestiti e dell'Agenzia del Demanio, era stato presentato a luglio, e nelle settimane scorse era stato commentato positivamente sia dalla politica che dalla cittadinanza.

Se infatti Pisapia e Sala e il Ministro Martina hanno più volte ribadito il loro apprezzamento di fronte alla prospettiva, da un' indagine svolta tra settembre e ottobre dalla Camera di Commercio di Milano traspare che la cittadella universitaria è anche l'idea che maggiormente piace alla popolazione e, come mostra un altro sondaggio, agli operatori immobiliari—davanti a idee come quella di un'area sportiva o della trasformazione in Salone del Gusto e del Design, progetti che finora non sono mai stati presi in considerazione dalla politica.

Nel dossier consegnato a luglio si accenna a un'eventuale spesa di oltre un miliardo di euro, a cui parteciperebbero il Governo, l'Università Statale di Milano, il Demanio dello Stato e alcune imprese private accreditate attraverso Assolombardia. Si tratterebbe quindi di un progetto a compartecipazione di pubblico e privato—come del resto è stato per quest'Expo, contraddistinto dalla scelta di svolgere un evento pubblico su terreni privati. Sempre nello stesso studio, dossier di Cassa Depositi Prestiti, vengono evidenziati diversi punti critici, primo tra i quali, ovviamente, quello di dover trovare 160 milioni per la realizzazione del piano.

Nonostante quindi i nodi da sciogliere e il carattere ancora speculativo della proposta, oggi, le pagine di Repubblica riportavano che la proposta è pronta e dovrebbe essere firmata nei prossimi giorni.

Non resta che vedere cosa accadrà, con la speranza di risvegliarsi tra qualche anno e scoprire che l'aria di Rho-Pero è viva e funzionante, senza per forza essersi persi nel mezzo scandali, ritardi e discussioni sui costi reali.

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