Di Amma ce n'è una sola

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Di Amma ce n'è una sola

Siamo andati a farci abbracciare dalla guru Mata "Amma" Amritanandamayi, in visita a Busto Arsizio nell'unica tappa italiana del suo tour mondiale.

Foto di Toni Zugna.

Busto Arsizio è uno di quei tanti comuni nel Nord Italia— principalmente lombardi—indistinguibili l'uno dall'altro. Hanno tutti un buffo doppio nome che sa di campionato dilettanti e centri commerciali, una zona industriale e una invivibile e un paesaggio da 500 tonalità di grigio. Per arrivarci da Milano basta prendere un treno LeNord da Cadorna o fare una scelta sbagliata nella tua vita.

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Questo novembre si è aggiunto un altro motivo, grazie alla presenza di Mata "Amma" Amritanandamayi, in visita per tre giorni a Busto Arsizio nella sua unica tappa italiana di un tour mondiale che si ripete ogni anno da più di vent'anni. E non ci vuole molto per notare come la figura di Amma contrasti palesemente con la quotidianità del Varesotto. Sono le 9 di mattina e alla fermata in stazione per la navetta ci sono già decine di persone raccolte intorno a un palo della luce su cui è stata issata un'enorme icona della guru indiana. A dieci minuti di treno c'è l'Aeroporto di Malpensa e questo ha permesso alla gente di venire dai luoghi più disparati. C'è una signora sui 60 appena atterrata da Palermo; tiene stretta a sé una foto di Amma quando chiede a un'intera famiglia veneta se è diretta nella giusta direzione. Marito e moglie con figlio di quattro anni in braccio sono tornati anche per il terzo e ultimo giorno e si offrono di aiutarla. L'unica che non risponde entusiasta è la figlia più grande; ha dei grandi occhi scuri sempre socchiusi, capelli raccolti da un berretto alla parigina e abbraccia, dondolandosi, le ginocchia seduta su un gradino. C'è una donna di Milano che nasconde sotto il giubbotto nero un tipico vestito indiano che va a salutare due uomini napoletani appena giunti. Parlano dei loro viaggi in India e poi la donna mostra proprio uno degli oggetti recuperati dall'ultimo di questi viaggi: un anello di plastica con al centro una palla rossa e all'esterno un ingranaggio giallo. "È un fiore," dice. "Mi guida e mi protegge nella vita," aggiunge dopo aver allungato e piegato le dita per ammirarlo meglio. Nonostante le rispettive distanze dei luoghi di origine molti si conoscono o riconoscono dai precedenti incontri con Amma. Un'anziana di passaggio chiede il perché di tutta questa gente e riceve un invito a unirsi. "Provi signora, provi!", ma l'anziana declina.

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Sulla navetta c'è una coppia inglese e una polacca con tre figli che ha drasticamente mutato la propria vita al solo scopo di seguire Amma. Quando la guida passa con una borsa per le offerte sono quelli che donano di più. Vengono da un piccolo paese al confine con la Russia, ed è il padre quello che ha coinvolto e convinto il resto della famiglia. Quindici anni fa è stato il cugino a portarlo in uno di questi incontri di massa. Racconta di quanto fosse scettico, ma che bastò varcare la porta d'ingresso per farlo scoppiare a piangere per quattro ore consecutive. "Abbracciare Amma mi ha sollevato da tutte le mie paure e ansie e mi ha avvolto nell'amore," dice. Da allora porta moglie e tre figli, ormai ventenni, ogni anno in un Paese diverso risparmiando per i 365 giorni precedenti. Passano gli interi tre giorni di avvenimenti nei vari palazzetti e centri congressi, in fila per nove o dieci ore, dormendo come molti altri sul pavimento.

Questo non è certo circoscritto solo a questa famiglia. Secondo gli organizzatori italiani in più di 30 mila attendono anche fino alle 9 di mattina un abbraccio di Amma. MalpensaFiere—luogo solitamente utilizzato per esporre automobili, moto e macchinari industriali—è interamente occupato da tutte queste persone, e dai 500 volontari che cucinano, puliscono, trasportano e si occupano della sicurezza delle giornate. Il guardaroba del piano terra è dominato da dozzine di valigie di fedeli utilizzate per i cambi di abito in bianco e per prepararsi a dormire nel polo congressi. Ma è dalla sala stampa, posizionata in un gabbiotto al piano più alto, che si capisce l'imponenza dell'operazione. Metà MalpensaFiere è dedicata alla zona ristoro, l'altra a permettere il ricevimento dell'abbraccio e l'acquisto di merchandising di Amma.

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Ci sono centinaia di sedie, quasi tutte occupate da persone in vari stati di agitazione o estasi. Molti meditano, occhi chiusi, indifferenti a tutto ciò che succede attorno, ciondolano con il proprio corpo seguendo mantra interminabili cantati e letti dal palco. Una ragazza in prima fila non riesce a staccarsi dal monitor che trasmette i primi piani degli abbracci di Amma. Ogni volta che qualcuno affonda la faccia fra il petto della guru inizia un pianto più intenso. Due donne sono sedute e abbracciate a morsa fra di loro, come se aspettassero che qualcosa le separi; rimangono nella stessa posizione per tutta la mia permanenza a MalpensaFiere. Ovunque vecchi hippie, sopravvissuti a viaggi fisici e psicotropi, malati accompagnati, disperati, imprenditori, neonati, panettieri. Uomini e donne in cerca di una epifania. Qualcuno pronuncia la parola "Santa". Quando chiedo com'è iniziata per loro con Amma rispondono sempre citando lo scetticismo iniziale, mutato però immediatamente in un pentimento per la propria valutazione sbagliata.

Un paio di volontari portano del cibo alla guru. Amma non ha fame, ma assaggia comunque per non mortificarli e loro ritornano in cucina commossi. Del pane viene spezzato e fatto passare, e spezzato ancora. Nelle mie mani arriva da un signore americano sui 60, è alto, con lunghi capelli bianchi raccolti in una coda. Non è venuto dagli Stati Uniti apposta, ma si trovava a Parigi e ha deciso d'impulso di venire, senza dire nulla alla famiglia in vacanza. "Sono abituati al mio particolare rapporto con Amma," mi confessa sorridendo. Mi racconta anche di come una decina di anni fa abbia abbandonato tutto per seguirla nel suo tour americano. Con la moglie è andato a una tappa ad Atlantic City, rimanendo scettico. Il giorno seguente cambiò però tutto. "Ci siamo entrambi svegliati con un'energia che mai avevamo sentito nel nostro corpo che ci ha spinto a tornare," dice. È stato anche testimone di diversi miracoli attribuiti ad Amma. "Durante il secondo giorno ho improvvisamente sentito un calore particolare nel mio corpo," si anima mentre lo racconta, poi si ferma per raccogliere l'emozione e continua. "Ho aperto gli occhi e il mio cuore era privo di pregiudizi o dubbi verso le migliaia di persone presenti." Dice anche che il cugino smise immediatamente di provare un dolore alla schiena che lo perseguitava "da anni". Dopo quella esperienza si convinse di seguirla per le tappe restanti, per chiederle un nuovo nome. "Avere un nome da Amma significa accettarla come propria guida spirituale," dice. Dopo diversi stop per tutta la Costa Est, i soldi per gli alberghi finirono, ma decise di andare avanti dormendo in spiaggia. "Quando si incontra Amma per la prima volta è normale sperimentare un processo di purificazione," e si fa improvvisamente serio. "Durante quel viaggio la lingua cominciò a farmi così male da impedirmi praticamente di parlare o mangiare." Mi racconta anche altre esperienze collegate ad Amma, alternando momenti di lucidità che si avvitano presto in visioni mistiche e incoerenti che arrivano a fatica al nulla, come se questa volta gli fosse capitato un placebo. Quando gli chiedo se alla fine è riuscito ad avere il suo nome annuisce prima di scappare alla fila per l'abbraccio.

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Sono molti anche i bambini cresciuti in famiglie dedicate al culto di Amma, un paio di ragazzi italiani tengono uno stand dedicato al gruppo giovanile che si occupa di visitare le case anziani o le comunità di recupero. Hanno sui vent'anni e Amma fa parte della loro vita da quando, neonati, i genitori li portarono a prendere un abbraccio. Non mi sanno spiegare perché, crescendo, e poi, ora da adulti, la seguono ancora. "È una sensazione positiva," mi dice uno di loro. "E i miei fanno ancora yoga." Come tutti gli altri volontari si recano spesso al centro di Amma in India per lavorare e aiutare gratuitamente la comunità che considera Mata Amritanandamayi una vera e propria santa vivente in grado di "trasformare" l'acqua in pudding di riso. "L'ultima volta sono stato un paio di mesi," mi rivela il più giovane dei due. "Ho fatto l'imbianchino." La storia è simile per Fabian, un ingegnere francese di quasi trent'anni che ha lasciato la sua università a Lione (pubblica) per trasferirsi a insegnare pro bono in quella fondata da Amma (privata) in India.

L'addetta stampa mi chiede se voglio provare anche io l'abbraccio. Vado verso la fine della doppia fila centrale, ma invece vengo immediatamente portato all'inizio. Nessuna delle persone in fila da ore, magari giorni, ha qualcosa da ridire. Il meccanismo è un rituale organizzato e perfettamente coordinato da una decina di assistenti di Amma, ciascuno con un compito preciso da svolgere rapidamente e con efficienza, come un vero e proprio pit stop di rifornimento karmico. Il primo assistente mi prende per il braccio e mi fa sedere in prima fila. La seconda mi chiede se parlo inglese. "Kneel," dice subito. Poi ci sono altri due assistenti che mi circondano da entrambi i lati per assicurarsi che sulla fronte non ci sia del sudore. Sono armati di una scatola di Kleenex legata alla gamba sinistra; mi fanno cenno che non ho bisogno di riparazioni. Quello di sinistra ci ripensa e mi dà comunque una passata in fronte. "Come up here," e vengo incastrato fra lo spazio creatosi tra le due persone inginocchiate prima di me. Qualcuno si abbassa con l'ennesimo fazzoletto per assicurarsi che non stia piagnucolando. Amma sta abbracciando una signora bionda sui cinquant'anni che scoppia a piangere al primo tocco; la dondola sulla sua spalla cercando di calmarla, infine la rilascia e un'aiutante la solleva. Ora mi spingono per farmi avanzare, mentre qualcuno controlla che le mie braccia siano allineate alle gambe. Alzo lo sguardo per vedere appena Amma che mi sorride e agguanta verso di sé. Mi stringe forte e dice qualcosa di incomprensibile, ricalcando sempre la stessa metrica. Ha un profumo di incenso e spezie. Non ho visioni cosmiche e improvvise realizzazioni che siamo tutti parte di un'unica materia indivisibile. Mi torna in mente Edward Norton stretto fra le grosse tettone di Bob all'inizio di Fight Club. Penso al fatto che l'incenso mi fa sempre venire un terribile mal di testa. Odio sempre gli stessi stronzi di prima.

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Il tutto finisce dopo una ventina di secondi, e anch'io vengo sollevato via. Prima però mi danno un mandarino, un petalo e una caramella all'arancia. Mi consigliano di sedermi su apposite sedie posizionate ai lati di Amma per riprendermi dall'esperienza vissuta. Quelli che mi hanno preceduto rimangono in silenzio mentre osservano altri strisciare per la possibilità di farsi abbracciare da questa donna.

Sono tutti eccitati e rapiti dal momento. Sta per succedere qualcosa di meraviglioso e unico e incredibile che darà finalmente una svolta e un senso alla loro vita, ancora una volta.

Segui Matteo su Twitter @bknsty