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La mia prima volta al nightclub

Visita guidata nella vita notturna che non potete permettervi.

Foto di Nate Miller

Il weekend scorso ho partecipato a un tour organizzato per i locali di Hollywood. Non ero mai stata "al club". A dire il vero, non ero mai stata in un club, cosa che avrete sicuramente dedotto dal fatto che mi sono riferita al “club” come “club”.

Hollywood è basata completamente sulle apparenze. E non c'è luogo dove questa triste e solenne verità sia evidente più che nei locali notturni.

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Harris, l’adorabile ragazzo che ha organizzato il tour, mi ha spiegato che “Se sei carina, a Hollywood, la gente ti offre volentieri cose. E questo, se esci con le tue amiche che magari non sono tutte delle gran bellezze, è un modo per divertirsi comunque.” Il “questo” si riferiva all’Hollywood Club Crawl, del quale è co-ideatore e organizzatore.

Dietro pagamento di una quota d'iscrizione, il Crawl offre alla plebe come voi e me una “leggendaria nottata a Hollywood” aprendovi le porte di quattro locali diversi senza dover affrontare situazioni umilianti come pagare extra, aspettare in fila o essere giudicati per il vostro aspetto (o per la sua totale inadeguatezza). Mentre Harris parla io mi guardo intorno. Nessuna delle persone che mi circondavano era “una gran figa”, ma di sicuro non erano bruttone.

Volete solo farvi un giro con gli amici? A meno che non siate un noto [PRESUNTO] stupratore come Kobe Bryant, dovrete prendere un tavolo e ordinare un sacco di bottiglie, cosa che visti i prezzi tra i 300 e i 3000 dollari vi prosciugherà il conto in banca. Serata tra donne? Spero non vi dispiaccia compromettere irrimediabilmente il vostro ego (e le vostre amicizie) quando vi diranno che solo le ragazze attraenti del vostro gruppo possono entrare.

Il “club” è senza vergogna. Il “club” è spietato. Ma dai al Crawl i tuoi soldi, e ti restituirà la tua umanità.

Siete curiosi di sapere quanto dovrete sborsare per avere la garanzia di essere trattati come esseri umani? Due pezzi da dieci. Ci vogliono 20 miseri dollari per evitare danni irreparabili alla vostra autostima. Signore e signori, il Crawl fa ciò che farebbe il Signore. Cioè, fa ciò che farebbe il Signore se Questi esistesse.

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Harris è cresciuto in un maneggio, cosa che lo ha preparato perfettamente alla sua attuale carriera. Quella sera c’erano 150 persone, e il suo ruolo era di portarle tutte da un club all’altro. La quota di partecipanti che riescono a reggere il colpo fino al quarto e ultimo club si aggira intorno al 70 percento, e ciò è dovuto al fatto che, entrando al Boulevard3 [sic], che ospita il celeberrimo shower show, la gente “non se ne vuole più andare.”

Non volevo nemmeno cominciare. Alle dieci di sabato sera sono entrata nel primo locale, un “gastropub” a Cahuenga. C’era “We Found Love” di Rihanna a un volume che definirei aggressivamente alto; ma avrei scoperto più tardi che “aggressivamente alto”, per questa gente, significa “volume normale”. Il ritornello, “[finding] love in a hopeless place” sembrava davvero appropriato.

Ragazzini entusiasti e con gli occhi sgranati trangugiavano shot e miagolavano nel vuoto. Erano lì, ho immaginato, per trovare l’amore. In caso di fallimento, una sega in un angolo buio sarebbe bastata. Le loro probabilità di trovare l’amore in questo ambiente, tuttavia, erano le stesse di trovarci Joseph Kony.

Un gruppo di ragazze che festeggiavano un addio al nubilato, strizzate in abiti attillati, saltellava sulle note di “Milkshake” di Kelis, non perdendo mai d’occhio gli smartphone. Un gruppetto di ragazzi la cui estetica urlava “studenti di ingegneria” fumava sigari nel patio, avvolgendo con anelli di fumo una coppia che beveva sangria e il loro neonato addormentato. Diverse donne adulte sfoggiavano senza ritegno fasce, tiare e lustrini. Harris, con un urlo, ci ha incitati a finire i nostri drink. Il tour ha avuto inizio.

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Una per una, le entità umane che Harris aveva il compito di gestire sono uscite dal gastropub. Un senzatetto che aveva piazzato la sua roba davanti all’uscita è stato ignorato en masse dal branco di ubriachi. L’aria sul marciapiede era satura dell’olezzo di colonia a buon mercato. Un ragazzo dietro di me, pieno di stupore, ha mugugnato al suo amico, “Guarda tutte queste spilungone,” e ha aggiunto, meravigliato, “Cazzo.”

La prima tappa era il Couture, il club fashion. Un distributore di sigarette ronzava in un angolo della stanza piccola e con il soffitto basso. Le cameriere, che indossavano orribili bustier/shorts fuori moda, avevano dei walkie-talkie infilati nella scollatura. Giovani professionisti rimbalzavano senza alcun senso del ritmo su una non-musica il cui testo esprimeva il desiderio del cantante per uno qualunque dei corpi presenti alla festa. Una donna se ne stava lì indignata ad aspettare che un uomo le offrisse un bicchiere dalla bottiglia da 450 dollari appena comprata. Ero annoiata ancor prima di entrare. In ogni caso, non ero ubriaca.

Dopo il Couture ci siamo trascinati al Boulevard3. In un contesto nel quale i club generalmente sopravvivono per un massimo di sei mesi, il fatto che il Boulevard3 sia aperto dal 2006 è un’anomalia. Dev’essere un bel posto, ho pensato. Bello è un concetto relativo.

La prima cosa che ho sentito appena arrivata sono stati gli urli di Lil’ Jon. La prima cosa che ho visto, una donna con addosso solo mutande e reggiseno che sguazzava in uno stagno pieno di bolle di sapone. Forse era un tentativo di scongiurare la candida. Ho apprezzato il gesto.

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All’interno una donna si è aggressivamente impadronita del palco. Un uomo con bastone e cappello è comparso subito accanto a lei. Un secondo uomo senza maglietta è apparso e ha cominciato a ballare ancora più selvaggiamente. La folla è impazzita.

Ho speso 11 dollari per un gin tonic. La ragazza delle bolle mi ha fatto fare un giro sulla sua altalena. Non sono arrivata al quarto locale.

Ma nonostante tutto mi sono divertita. Anche se dovrei perdere qualche chilo.

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