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Musica

La petizione per chiedere a Ramazzotti di non suonare in Israele

Nonostante in molti lo preferiscano fuori dai confini nazionali, c'è chi ha i suoi buoni motivi per chiedergli di annullare il concerto a Tel Aviv.

L'immagine associata alla petizione di bdsitalia.

Lo scorso gennaio è uscita una news su ANSA in cui si annunciava che il trenta aprile prossimo il cantautore italiano Eros Ramazzotti si esibirà a Tel Aviv, in Israele, per la prima volta nella sua pluritrentennale carriera. "Shalom Tel Aviv. È la prima volta che vengo in Israele. Sono molto felice. È il 30 aprile. Ciao." Con queste parole Eros ha annunciato il suo concerto, ma subito si sono alzate voci di protesta. Una in particolare, quella della campagna BDS Italia—che si propone di sostenere la Palestina tramite il boicottaggio di aziende israeliane e iniziative promosse in Israele—chiede al cantautore di cambiare idea riguardo alla data.

Così recita una parte del testo della petizione lanciata da BDS:

L'appello al boicottaggio culturale si rivolge a tutti gli artisti del mondo chiedendo loro di non esibirsi in Israele e di non partecipare a eventi che mirino a normalizzare la drammatica situazione in atto ponendo sullo stesso piano l'occupante e gli occupati, l'oppressore e gli oppressi. Infatti, come più volte sottolineato dall'arcivescovo sudafricano Desmond Tutu "Esibirsi oggi in Israele sarebbe come farlo per il regime sudafricano durante gli anni dell'apartheid".

Ora ci sono due semplici vie per uscire dall'impasse del concerto di Eros a Tel Aviv: far finta di niente e gioire del fatto che un fastidioso cantante italiano se ne stia lontano dalla patria per qualche giorno, oppure prendere coscienza della motivazioni che muovono BDS a voler porre l'attenzione sulle disparità, sui casi di razzismo e sui soprusi nei confronti dei palestinesi da parte di Israele e delle potenze che lo sostengono.