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Questa ragazza mette le vittime di stupro davanti alla telecamera

Sono passati due anni da quando Stephanie è stata stuprata a quando ha avuto il coraggio di raccontarlo davanti a una telecamera. Poi ha deciso di dare a tutte le vittime di violenza, maschi e femmine, la possibilità di farlo con Be Heard.

Immagine via Be Heard. Questo post è tratto da Broadly.

Sono passati quasi due anni dal momento in cui mi hanno stuprata a quello in cui ho trovato il coraggio di raccontarlo davanti a una telecamera. È successo a metà del mio secondo anno di università, quando un professore ci ha chiesto di raccontare "il femminismo nella tua vita". Ho subito sentito una stretta allo stomaco: non ho potuto fare a meno di pensare al mio stupro. Ero sempre stata incapace di ammettere a me stessa cosa mi era successo, mi ero abituata a conviverci.

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Temevo che affrontare la questione mi avrebbe fatto soffrire più del fingere che non fosse mai successo. Pensavo, "È stata colpa mia, mi sono messa io in quella situazione." Pensavo che si potesse solo considerare un evento sfortunato, un appuntamento finito male. Pensavo di non avere il diritto di chiamarlo "stupro" perché, be', me l'ero andata a cercare. Più di tutto, avevo paura che gli altri pensassero che stavo facendo tanto casino per niente—che è proprio quello che mi hanno detto alcuni miei amici subito dopo i fatti.

Quando è venuto il momento di registrare, non riuscivo a decidermi. Era tardi quando ho finalmente trovato il coraggio di settare le camere ed erano ormai le tre del mattino quando è stato tutto pronto per girare. A parte un'amica seduta in fondo alla stanza, la cui presenza mi rassicurava, la stanza era vuota. Ho schiacciato Rec e sono rimasta per un attimo ferma e zitta davanti all'obiettivo; fino a quel momento non avevo nemmeno pensato a cosa avrei detto, da dove partire. Ho cominciato da quella sera.

Ovviamente è stato doloroso rivivere il tutto. Anche solo trovare le parole è stata una lotta. Penso di aver fatto fatica perché parlarne era un po' come vedere cosa era successo per la prima volta: come se per la prima volta quello che era successo mi apparisse chiaro, non confuso. I fatti sono questi: sono stata drogata (non so se era premeditato o no) e stuprata vaginalmente e analmente, mentre avevo il ciclo, con un assorbente interno inserito. È stato difficile ammetterlo a me stessa. Ancora più difficile dirlo ad alta voce. Ma mentre parlavo alla telecamera sentivo che la stretta allo stomaco si attenuava. Per la prima volta ho pensato di poter andare avanti. Ho scoperto così che il silenzio non mi stava aiutando a dimenticare—ma solo a evitare di pensare. Solo adesso mi rendo conto di quanto sia stato faticoso.

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Il giorno della consegna ho proiettato il video davanti ai miei compagni, sperando in bene ma pronta al peggio. Sapevo che avrei avuto dei problemi a dar voce ai miei pensieri, perciò ho lasciato che fosse il video a parlare per me. Ho trattenuto il respiro sperando che capissero, che fossero dalla mia parte—terrorizzata all'idea che potesse non essere così.

Quando si sono accese le luci, ho visto che alcuni piangevano. Ho aperto la bocca ma sono scoppiata in lacrime prima di dire una sola parola. Mi ero detta che non avrei pianto, non volevo farne una tragedia o una scena strappalacrime. Ma è venuto fuori che mi sostenevano più di quanto avrei potuto sperare, e che non dovevo più sminuire quello che mi era successo. L'intera esperienza è stata così coinvolgente che non saprei più dire chi ha detto cosa. Ricordo però che è stata la prima vera conversazione che ho avuto sullo stupro, con persone che parlavano delle proprie esperienze o semplicemente mostravano empatia.

È così che è natoBe Heard, un progetto che permette alle vittime di violenze sessuali, uomini e donne, di fare quello che ho fatto io: condividere la loro storia davanti alla telecamera, sapendo che qualcuno li ascolterà e sarà dalla loro parte, e che la loro storia è importante. Voglio che le vittime di stupro possano avvalersi del miglior meccanismo di coping: parlare. Anche se la vostra famiglia o gli amici non vi ascoltano, ci sono persone che capiscono cosa state passando e sono lì per voi. So troppo bene quanto sia facile cadere in meccanismi di coping malati; forse sequando sono stata violentata ci fosse stato un progetto come Be Heard avrei agito diversamente.

Dopo lo stupro ho sviluppato una relazione poco sana con il sesso, ho fatto molto sesso occasionale credendo di poterne uscire più forte, ma in realtà mi faceva sentire usata e piena di rabbia. Ero vulnerabile e, poco tempo dopo, una persona a me cara ha usato violenza contro di me, di nuovo. Ancora una volta, ho ignorato la cosa e ho continuato a fare sesso tentando di non pensare al dolore. E non sono sola: molte ragazze e ragazzi che hanno condiviso le loro storie su Be Heard hanno fatto lo stesso.

Se potessi tornare indietro mi comporterei diversamente. Non ignorerei quello che è successo—non solo perché mi sarebbe piaciuto che il mio stupratore affrontasse le conseguenze dei suoi atti, ma soprattutto perché mi sarei risparmiata un po' di dolore. Con Be Heard vorrei evitare che altre vittime di stupro passino lo stesso. Voglio che sappiano che non sono soli, non sono i soli ad aver subito violenza e non sono i soli ad aver paura di far sentire la loro voce. E, cosa ancora più importante, voglio che tutti capiscano la portata del problema, e la ascoltino da chi lo ha vissuto.

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