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Attualità

Fermi tutti: da qualche parte nel mondo si sono inventati la parola "inculator"

Da ore, decine di italiani stanno commentando un post in inglese che presenta ignaro la figura dell'inculator, una fusione tra un incubatore e un acceleratore aziendale che sta facendo sognare un po' tutti.

Grab dal post originale.

Il mondo è un posto crudele: succedono un sacco di cose brutte e il più delle volte tenersi informati procura moltissima tristezza—un senso di impotenza e inutilità che ci fa sentire minuscoli davanti alle angherie del reale. Ma oggi no. Oggi brindiamo: oggi raccontiamo lo strabiliante mito dell'INCULATOR.

Un po' come il mondo infatti, anche internet è un posto molto grande e crudele composto di svariati non-luoghi. Tra i vari, una delle regioni più misteriose è quella popolata dai colletti bianchi: imprenditori, commerciali e geniali start-upper che ogni giorno si ritrovano in un altissimo grattacielo scintillante—sopra di esso svetta un'insegna: "LinkedIn," il social network per trovare lavoro in cui non ho ancora capito come trovare lavoro.

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Dentro Palazzo LinkedIn succedono cose curiose: i confini nazionali vengono travalicati, le competenze diventano medagliette da boy-scout e, soprattutto, le barriere linguistiche vengono abbattute. Il risultato è un mix di questi fattori, un affascinante esperanto contaminato dalle pompose cariche del mondo lavorativo moderno: Chief Executive Officer, Senior Vice President, Venture Capital Consultant, Chief Marketing Officer. Ci sono tutti.

È proprio grazie a questo sbalorditivo brodo primordiale che oggi si è consumato un miracolo. Un miracolo sepolto negli archivi del blog Devex Impact, un punto di riferimento per il mondo aziendale che si pone come "l'intersezione tra business e sviluppo globale," da cui è stato fatto riemergere per il nostro diletto un articolo dal titolo chiaro e conciso, "What's an 'inculator,' and what makes one successful?"

Ma che cos'è un inculator?

Che domande: un inculator, stando all'articolo, non è altro che la combinazione di un incubatore e un acceleratore aziendale, termini che nel mondo business 3.0 vengono usati per definire quei programmi di supporto e finanziamenti utili per lo sviluppo delle aziende nella loro fase iniziale. Il termine, secondo il post su Devex Impact datato 6 ottobre 2015 e firmato da Catherine Cheney, appare per la prima volta nel report "2015 Global Best Practices Survey of Incubators and Accelerators" redatto da Unitus Seed Fund.

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La conclusione della vicenda è praticamente ovvia: un italiano, dopo esserci finito chissà come e averlo trovato troppo bello per tenerlo per sé, ha condiviso il post, e da allora decine di altri italiani stanno leggendo l'articolo e ridendo e piangendo della sfortunata scelta terminologica.

L'utilizzo della parola nell'articolo ha del resto del fenomenale, con frasi perfettamente "sensate" anche nella sua versione italiana. Nell'articolo viene per esempio citato un virgolettato attribuito a Will Poole, managing partner di Unitus Seed Fund, che dice: "Comincerei col dire che stiamo assistendo alla creazione di un grandissimo numero di inculator in tutto il mondo, forse addirittura troppi." Più avanti si parla anche di "top inculators in India" e "leadership positions in the inculator space," mentre nei paragrafi iniziali si accenna alla necessità, "anche per gli inculator di maggiore successo," di fare determinati investimenti così da attirare gli imprenditori migliori su piazza.

I commenti al post.

Poche ore dopo la diffusione del link, la sezione commenti dell'articolo su Devex Impact si è popolata di fellow italians pronti a sottolineare e sottolineare e sottolineare il problema, regalando constatazioni empiriche del calibro di "High performing inculator: Rocco Siffredi." Mentre la maggior parte dei commentatori cerca di far notare agli anglofoni come inculator in italiano abbia tutt'altro significato, alcuni suggeriscono di "procurarsi un lubrificante business prima di aderire a un business inculator." E altri, come Gianni Catalfamo, dimostrano di non averla presa tanto bene: "Che sciatteria: creare dei neologismi senza nemmeno pensare di controllare se significhino qualcos'altro in un'altra lingua è sintomo di provincialismo e superficialità."

La vicenda riserverà sicuramente ancora valanghe di sorprese: cosa succederà quando Catherine Cheney si accorgerà delle decine di nuovi commenti al suo articolo? Come si comporteranno gli stakeholder di Unitus Seed Fund al CdA domani? Chi è il vero inculator? Nel frattempo, possiamo continuare a vivere il sogno di un'altra leggenda che lega la lingua italiana e la lingua inglese, quella del pecorino Doggy Style.

Segui Federico su Twitter: @nejrottif