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È sbagliato festeggiare la morte della Thatcher?

C’è molto di cui essere arrabbiati quando si sta sui gradini inferiori della società, ma se non ci fosse stata questa Margaret, quasi sicuramente ne avremmo avuto un’altra.

Si dice che il modo migliore per giudicare una persona sia vedere come sono i suoi figli. Harry Truman voleva che suo figlio fosse “proprio come Jimmy Stewart.” Invece ha finito per avere una femmina. E lei ha finito per scrivere un romanzo che è diventato un . Non male, Harry. Non male. Ronald Reagan, che durante la sua amministrazione aveva messo assieme vari abusi dei diritti umani, è riuscito a crescere un bravo ragazzo liberaleche passa il suo tempo a combattere per la ricerca con le cellule staminali e i matrimoni gay.

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E ora veniamo a Margaret Thatcher. Prendete suo figlio, Mark Thatcher, uno strozzino più volte incriminato che ha ingaggiato mercenari per avviare un colpo di stato in una Nazione africana devastata dalla guerra. Come per lui, neppure l’operato della Thatcher nel “continente nero” è stato totalmente positivo. Ha definito Nelson Mandela un terrorista e dato il suo sostegno al regime dell’apartheid. E nemmeno tutta la questione del “rovesciamento armato di un governo” era un problema. La Thatcher considerava il cileno Augusto Pinochet, responsabile della destituzione di Salvador Allende in un golpe particolarmente cruento nel 1973, un amico e alleato.

Detto questo, i festeggiamenti della sinistra per la morte di una donna che ha assestato un brutale colpo alla classe operaia britannica e ha distrutto la rete di sicurezza sociale del suo Paese toccano il tasto sbagliato. Non perché la Thatcher meritasse più deferenza. E sicuramente non perché i morti meritano il rispetto che spesso neghiamo ai vivi. Ma perché tutta la rabbia che diventa una questione personale le dà fin troppo credito per aver cavalcato forze sociali fuori dal suo controllo. La Thatcher non era un genio, era una politica di seconda categoria che è arrivata sulla scena proprio al momento giusto. Il “neoliberismo globale” è sinonimo di “thatcherismo globale” solo perché lei sembrava apprezzarne il successo distruttivo più di chiunque altro.

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Figlia di un droghiere di una piccola città, Margaret Roberts è stata indottrinata fin dalla giovane età con l’etica del lavoro del ceto medio. La Bibbia, Adam Smith e Friedrich Hayek vorticavano nella sua giovane mente, creandovi una chiara sintesi. Ambiziosa, studiava molto e infine andò a Oxford, dove studiò sia chimica che giurisprudenza. Il suo primo impiego fu come chimica (non ha effettivamente contribuito a inventare il soft ice creamdel resto l’Atlantic farebbe qualunque cosa per tutte quelle visite), ma alla fine diventò avvocato. Il marito—un ricco uomo d’affari di nome Denis Thatcher—e la carriera politica arrivarono poco dopo.

A giudicare dalle apparenze, gli anni Sessanta e Settanta non erano un bel periodo per fare il giovane parlamentare conservatore. La maggioranza successiva alla guerra, che cercava di mantenere la piena occupazione, di nazionalizzare le industrie chiave e di fare alcune concessioni ai lavoratori, era ormai talmente trincerata che anche i governi Tory come quello di Ted Heath vi si sottomisero. La Thatcher, profonda sostenitrice dell’ideologia hayekiana, obbiettò. Provò a organizzare un’opposizione all’interno del suo partito, spingendo Keith Joseph, un altro neoliberale, a correre contro Heath per il posto di comando. Joseph si spaventò, al contrario della Thatcher, che andò avanti senza di lui. E vinse.

L’ambiente all’interno del Partito Conservatore era a suo favore. Il Paese sembrava in subbuglio, con l’Irlanda del Nord in fiamme e i sindacati sufficientemente fermi da riuscire a bloccare ogni riforma di destra. La Thatcher era una voce sicura, che prometteva “nessuna inversione” nel suo viaggio per ricostruire la Gran Bretagna.

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Ma il pubblico resisteva al cambiamento. Dopotutto, lo stato sociale costituito in Gran Bretagna e in altri Paesi dell’Europa Occidentale aveva segnato, nella mente di molte persone, un apice per la civilizzazione umana. I malati venivano curati indipendentemente dalla situazione economica attraverso il Servizio Sanitario Nazionale. Il lavoro abbondava, l’accesso gratuito all’istruzione era più diffuso, e la ricchezza era generalmente condivisa. Il sistema poteva essere burocratico e opaco, ma per le generazioni uscite dagli orrori della Depressione e della Guerra Mondiale, rappresentava uno sviluppo ben accetto.

Ma le promesse dello stato sociale britannico—abbondanza economica e ricchezza diffusa—dipendevano da un boom successivo al conflitto che non poteva durare per sempre. L’economia si trovò di fronte a una crisi negli anni Settanta. La quasi piena occupazione e la comodità di uno stato sociale resero i lavoratori audaci, non docili. Al riparo dalla possibile perdita del lavoro, richiedevano paghe nettamente più alte. I capitalisti furono in grado di tenere il passo finché i tempi erano buoni, ma quando colpì la stagflazione—l’intersezione tra la scarsa crescita e l’inflazione in aumento—in concomitanza con sviluppi internazionali come l’embargo sul petrolio dell’OPEC, la crisi di redditività andò fuori controllo. L’inflazione crebbe, la produttività calò. I profitti finirono nel cesso.

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Poi è arrivata in scena la Thatcher, con una soluzione: distruggere la classe operaia, far pagare ai poveri la crisi, smantellare lo stato sociale e fare qualunque cosa fosse necessaria per ripristinare la redditività delle classi abbienti. In sé, questa missione è stata un successo, ma a un prezzo terribile—è aumentata la povertà infantile, la disoccupazione ha toccato il dieci percento, gli organi dei governi locali e dei sindacati che non sostenevano la Thatcher sono stati schiacciati. Non sorprende il fatto che migliaia di persone questa settimana ballassero per le strade in città operaie come Liverpool e Glasgow alla notizia della sua morte.

C’è molto di cui essere arrabbiati quando si sta sui gradini inferiori della società, ma se non ci fosse stata questa Margaret Thatcher, ce ne sarebbe stata quasi sicuramente un’altra. Il neoliberismo era una forza in crescita in tutto il mondo. In America c’era Reagan; in Germania Helmut Kohl. La Thatcher si è guadagnata più attenzioni (e rabbia) solo perché altri neoliberali sono riusciti a compiere la stessa ristrutturazione economica ad appena metà del prezzo sociale e politico. I lavoratori inglesi odiavano le riforme della Thatcher più di quanto i lavoratori americani odiassero quelle nel loro Paese, non solo perché più abituati alle lotte di classe, ma perché lei aveva l’abitudine di sorridere dicendo loro che lo meritassero proprio mentre li distruggeva.

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Con l’inizio della crisi economica globale, i leader degli Stati capitalisti—dal socialista francese François Mitterrand al produttore di noccioline Jimmy Carter—si sono trovati ad affrontare le stesse questioni strutturali e si sono allontanati dalle politiche economiche popolari. Ma sembrava che almeno si sentissero un po’ in colpa. Sembravano capire che i lavori diventavano più duri, che gli stipendi scendevano, e che eravamo preoccupati per la fine della prosperità economica. Carter si è messo il cardigan per immedesimarsi con noi. La Thatcher invece parlava di “valori vittoriani”.

Alcuni di quei discorsi hanno funzionato—il ceto medio era pieno di idioti che volevano incolpare i sindacati e i poveri, invece dei propri governanti—ma non bene come potrebbe sembrare. La Thatcher ha vinto tre elezioni, eppure è arrivata solo al 43,9 percento di preferenze.

È forse sorprendente che più di metà della Gran Bretagna stia festeggiando?

Ad ogni modo:

Siamo andati alla festa per la morte della Thatcher

Days of Thatcher