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stili di gioco

Report post-partita, Italia-Irlanda 2-0

L'Italia passa ai quarti di Euro 2012. Ecco l'analisi della partita più interessante che vi capiterà di leggere.

Ieri sera più che mai mi sono sentito diviso tra il desiderio che l'utopia di Prandelli si realizzasse veramente (un'Italia bella e buona) e il desiderio opposto che Prandelli la smetta di usare la nazionale di calcio italiana come veicolo per le proprie idee.

Anche l'Irlanda, in un certo senso, ha pagato il fatto di essere l'incarnazione di un'utopia. Trapattoni sogna un calcio arcadico, fatto di uomini grossi che corrono su un prato bagnato gettando la palla in avanti. Martin Lutero del calcio moderno, ne denuncia la corruzione (i vizi della spettacolarizzazione) a partire dalla numerazione di maglia della formazione titolare: da 1 a 11 come ai bei vecchi tempi. Quello dell'Irlanda ieri era il solito 4-4-2 stretto, basso e aggressivo, pronto a giocare il più velocemente possibile la palla lunga sulle due punte. Il tipo di squadra che aveva messo in campo nelle due partite precedenti ma che, andata subito in svantaggio, si era trovata a giocare un calcio non suo. Superati i primi 20 minuti in situazione di parità, invece, finalmente Trapattoni ha potuto dare vita alla sua partita di calcio ideale: ovvero alla cosa il più simile possibile, con una palla rotonda, al rugby.

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Il 4-4-2 a rombo di Prandelli in sostanza ha due problemi. Il primo è che con il rombo centrale giochiamo praticamente senza fasce. Contro avversari intraprendenti (come con la Russia in amichevole) si va in inferiorità numerica in difesa, mentre in situazioni come quella di ieri sera non si sfrutta la possibilità di allargare il gioco e creare spazi per gli inserimenti. Al centro c'era semplicemente troppa gente, come dimostra il grafico "Player Influence" (i nomi dei giocatori sono ingranditi a seconda del numero di palloni giocati e occupano la zona di campo in cui hanno gravitato maggiormente). Probabilmente la scelta di Balzaretti si spiega con l'intenzione di non intasare troppo le vie centrali, considerando che Giaccherini tende a rientrare sul destro, ma De Rossi, Pirlo, Motta e Cassano si sono praticamente pestati i piedi tutta la partita.

Attaccare così diventa difficile e, questo è il secondo problema, si finisce con l'agevolare il pressing avversario. Togliendo De Rossi dalla difesa abbiamo perso il piccolo vantaggio avuto contro Spagna e Croazia (soprattutto contro la prima) del doppio playmaker. Pirlo come unica fonte di gioco è una soluzione troppo prevedibile e non sarà difficile per nessun avversario adeguarsi difensivamente. Nonostante ciò, faticando molto per uscire con la palla a terra dalla difesa, con 4 centrocampisti centrali, l'Italia ha avuto tutto il possesso palla che voleva, superiore al 70 percento in alcuni momenti. Il tempo di arrivare sulla tre quarti, però, e la difesa irlandese era piazzata in una doppia linea di 4+4, in mezzo a cui era difficile se non impossibile trovare lo spazio per far passare il pallone.

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Il nostro gioco non esclude in partenza le verticalizzazioni, ma la lentezza della manovra le rende quasi impossibili. La sola occasione del primo tempo (gol a parte), quella capitata sui piedi di Di Natale (che poverino ha fatto il suo provando a concludere ogni volta che gliene capitava l'occasione e non smettendo mai di tagliare in profondità) è nata in una situazione di gioco anomala nel contesto della partita, in una delle rare occasioni in cui la linea difensiva irlandese si è alzata. Per tutto il resto della partita (o quasi, va detto che l'ingresso di Diamanti capace di puntare lo spazio palla al piede ha sortito un effetto positivo) è stato un po' come vedere un bambino provare ad abbattere un muro a cuscinate. E il gol di testa di Cassano su calcio d'angolo, contro quella spaventosa difesa, è l'equivalente calcistico di una cuscinata che manda giù un muro. Il calcio è imprevedibile, si sa, ma il fatto che abbiamo segnato entrambi i nostri gol su calcio piazzato è indice che quel gioco palla a terra che vorrebbe Prandelli per ora non porta i frutti sperati (e che quella spaventosa difesa, dopotutto, era la stessa capace di prendere 7 gol in 2 partite). Oltretutto, Pirlo a ridosso dell'area di rigore avversaria non è lo stesso giocatore che a metà campo. Per farlo diventare il giocatore che conosciamo, Ancelotti fu costretto ad arretrarlo togliendolo proprio da quella posizione in cui si è trovato a giocare ieri la maggior parte dei palloni (perdendone almeno 3 solo nel primo tempo, da cui sono nati altrettanti contropiedi avversari). Anche Pirlo ha i suoi limiti.

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La lentezza della manovra italiana dipendeva sostanzialmente da questi due fattori: Pirlo come unico giocare sui cui piedi far transitare la palla in direzione dell'attacco e un trequartista poco mobile come Thiago Motta. Stimo molto il giocatore e mi piacerebbe molto che si trovasse una soluzione per farlo giocare insieme a Pirlo, Marchisio e De Rossi senza arretrare quest'ultimo in difesa, ma non si possono mettere le scarpe da ballo a un orso e aspettarsi che si metta a danzare. Sempre spalle alla porta Motta è stato lentissimo nel girarsi e impossibilitato a partire in progressione, come invece è in grado di fare quando ha più campo davanti a sé e non è pressato alle spalle. Ieri praticamente ha giocato da fermo, limitandosi per lo più a fare da sponda. Anche la capacità d'inserimento di De Rossi è stata fraintesa, a mio avviso, da Prandelli. Con una manica lunga e una corta, DDR come lo chiamiamo a Roma, eroico nel momento più caldo della partita, in cui c'era da lottare, è molto bravo a buttarsi in area, ma andando a recuperare il pallone sempre oltre le linee avversarie, non in mezzo come Prandelli vorrebbe. Quel tipo di gioco, con una fitta rete di passaggi tra le linee nemiche, sembra al momento lontanissimo dalle nostre possibilità. L'Italia non gioca male, verticalizza bene e ha più qualità di quanto si creda, ma non può trasformarsi nella Spagna da un giorno all'altro, o in due anni, e forse non sarebbe neanche giusto.

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E adesso veniamo a Balotelli.

Su di lui ha già scritto splendidamente Francesco Pacifico (qui). La tesi al centro di questa lettura fondamentale è che Balotelli, oltre a rappresentare uno strapotere negativo che si rovescia sulle teste di chi pensa che lo sport e il calcio facciano bene-"Il corpo di MB dice qualcosa di forte, è un corpo elegante, sprezzante, fiero, il corpo di un campione naturale. Apporre in cima a quel corpo la firma di un dito che fa il gesto di star zitti, o la linguaccia, scatena il panico. La linguaccia dopo aver segnato è peggio che se Dio si affacciasse tra le nuvole durante un uragano e rombasse: Sì, sì, ce l'ho proprio con voi! Vi odio! (Non vincerete mai più lo scudetto!)"-sia anche la massima espressione del nuovo individuo italiano:

"MB dice di amare l'Italia, e anche i tifosi razzisti la amano. Ma secondo me l'uno e gli altri odiano a morte gli italiani, perché gli italiani sono insopportabili. Gli juventini e i romanisti che hanno fischiato MB per i suoi comportamenti hanno fischiato per una volta, finalmente, se stessi e ciò che stanno diventando. La nuova epica italiana dell'individuo, dell'ineffabile movimento del singolo controvento, contro il vento della società, l'epica italiana con scooterone e bandana e occhiali da sole e X Factor e io sono fatto così non mi scassate il cazzo, sarà buona davanti allo specchio, sarà utile a irrigare con un po' di autostima i nervi tesi dei cittadini di un Paese con poco futuro, ma è veramente stressante".

Balotelli non sarà mai l'esempio positivo dell'integrazione in Italia (semmai esattamente il contrario) e non diventerà neanche dopo dieci anni di cura Prandelli un bravo ragazzo con la testa sulle spalle. L'idea di squadra famiglia, e viceversa ("Eravamo una squadra, il nonno era il capitano, gli adulti i titolari. I piccoli stavano in panchina"), che compare a più riprese nel libro di Prandelli è quanto di più nocivo ci possa essere per lui, con i problemi che ha avuto: ho visto Balotelli farsi espellere, col City, e anziché disperarsi o incazzarsi guardare Mancini e dire "Non ho fatto niente". Balotelli non ha bisogno di un allenatore che gli faccia da padre, tantomeno di una nazione. Non ha bisogno di compagni-fratelli che gli tappino la bocca per il suo bene. Balotelli ha tutto il diritto di incazzarsi e gridare e tirare fuori la lingua e dare gomitate a chi gli pare, perché è un giocatore professionista e male che vada la sua squadra perderà una partita e il suo stipendio si abbasserà. Balotelli è il cattivo di Euro2012, l'arcinemico di Özil e Khedira, potete rompergli i coglioni quanto volete perché scuote la testa uscendo dal campo, ridere di lui perché si distrugge casa coi petardi, ma se vi fa vincere l'Europeo con un gol in mezza rovesciata potete solo venerarlo.

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