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Ho chiesto a tre giornalisti stranieri quante possibilità ha l'Italia di finire come la Grecia

Per capire a cosa possiamo andare incontro, abbiamo chiesto a vari esperti stranieri—giornalisti ed economisti che seguono la crisi dell'Eurozona sin dall'inizio—se l'Italia potrà mai finire in una situazione simile a quella greca.

Festeggiamenti per la vittoria del "no" ad Atene. Foto di Panagiotis Maidis

Il primo Eurosummit convocato dopo la vittoria del No al referendum greco non si è esattamente concluso in un tripudio di ottimismo e di rinnovata unità europea. "Non escludo alcuna ipotesi," ha detto il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nella conferenza stampa conclusiva. "Abbiamo preparato uno scenario di Grexit alla Commissione Ue, così come uno di aiuti umanitari, ma quello che preferisco è uno scenario per mantenere la Grecia nell'Eurozona."

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In queste ore, tuttavia, l'ultimo scenario—il migliore—sembra quello più difficile da raggiungere. Martedì alla Grecia e al governo di Alexis Tsipras è stato intimato di presentare una nuova proposta ai creditori; la scadenza è fissata per questa domenica, giorno in cui è stato convocato un altro summit esteso a tutti i 28 paesi membri dell'Unione Europea. Se entro breve non si arriva a un accordo, la Grecia è praticamente fuori dall'Euro e forse dalla stessa Unione Europea.

Che il clima sia piuttosto drammatico l'ha ribadito anche il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, affermando che "questo è il momento più grave della storia della zona Euro." Il punto principale, però, è che nessuno ha le idee veramente chiare su quello che potrebbe succedere nei negoziati da qui a domenica, né soprattutto se questi falliranno una volta per tutte.

Da una settimana a questa parte, il ministero dell'economia italiano Piercarlo Padoan ha più volte rassicurato sul fatto che non ci sarebbe un "rischio contagio" per l'Italia, e che la nostra esposizione diretta verso la Grecia è limitata e gestibile.

Altri, invece, sono un po' meno tranquilli. In un articolo pubblicato dall'Economist Intelligence Unit dello scorso 29 giugno, si legge che "gli effetti indiretti del contagio sono meno prevedibili, ma potenzialmente molto più estesi," e che questi "rappresentano un rischio maggiore per la stabilità economica e finanziaria dell'Italia, così come dell'Eurozona, vista la dimensione dell'economia italiana e il suo debito pubblico."

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Per capire a cosa possiamo andare incontro, dunque, abbiamo chiesto a vari esperti stranieri—giornalisti ed economisti che seguono la crisi dell'Eurozona sin dall'inizio—cosa ne sarà dell'Europa, e se l'Italia potrà mai finire in una situazione paragonabile a quella greca.

Festeggiamenti per la vittoria del "no" ad Atene. Foto di Panagiotis Maidis.

Peter Spiegel, corrispondente del Financial Times da Bruxelles.

VICE: L'Italia potrebbe finire come la Grecia?
Peter Spiegel: A Bruxelles l'idea che va per la maggiore è che non ci siano tutti questi parallelismi tra Grecia e Italia. Ovviamente anche l'Italia ha un debito ingente e la crescita è rallentata. Ma si ritiene anche che l'Italia venga amministrata meglio, e che se tutte le riforme del governo Renzi verranno implementate ci saranno effetti positivi sulla crescita. Per la Grecia invece c'è sempre stato il timore che queste riforme non avrebbero comunque avuto effetti.

Quindi non ci potremmo mai ritrovare nella stessa situazione?
Allora, il debito dell'Italia è lo stesso della Grecia a inizio crisi, il 130 percento del PIL, ma ci sono anche delle differenze. L'Italia è un Paese ricco, uno dei più ricchi d'Europa. Per ripagare il debito pubblico potreste fare una patrimoniale all'1 percento, e l'1 percento della ricchezza italiana potrebbe ripagare il debito pubblico, così dall'oggi al domani. Perciò no, non penso che l'Italia si potrebbe ritrovare nella stessa situazione. E poi, l'Italia non ha un grosso deficit. Non siete più nella situazione del 2009 o 2010, quando avevate il 15 percento di deficit. In Europa c'è un certo ottimismo per l'Italia.

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Ok. Ma mettiamo il caso che succeda, come reagirebbero gli italiani? Negli ultimi giorni il voto greco ha provocato tutta una serie di reazioni, soprattutto politiche.
Abbiamo già assistito a quel tipo di reazioni. Le abbiamo viste dopo il governo Monti. La maggior parte dei paesi sottoposti a un regime di austerità tale ha la tendenza a questo genere di rigetto, e credo che quel tipo di reazione si sia esaurita. In generale, direi che in Italia c'è un grosso sentimento anti-Renzi; gli italiani non stanno apprezzando appieno l'operato di Renzi. Ma a Bruxelles sta facendo grandi passi avanti verso la soluzione e la prevenzione di questo tipo di problemi.

Cosa ha fatto l'Italia per aiutare la Grecia?
Be', l'Italia è la terza economia dell'Eurozona, e quindi il terzo protagonista. Tutti dicono, "guardate cosa ha fatto la Germania alla Grecia," be', la Francia ha fatto lo stesso, e anche l'Italia. Penso che vada preso tutto in considerazione.

Avremmo potuto fare di più?
Siamo onesti, non credo che l'Italia sia in una posizione per poter fare di più. Non può permettersi di ergersi a estremo difensore della Grecia, perché se lo facesse gli investitori europei inizierebbero a farsi delle domande, a dire: "Forse i due paesi sono più simili di quanto pensassimo." Diciamo che l'Italia ha fatto molto, ma non si è comportata in maniera aggressiva come avrebbe potuto fare un governo di sinistra.

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Quali saranno le conseguenze del voto greco in Europa?
Penso che molti leader europei abbiano sottovalutato la gravità dei problemi che può causare la Grecia all'Eurozona. Perché, sebbene la reazione del mercato sia stata contenuta, ora sappiamo che un paese può lasciare l'Eurozona. E ora la domanda sarà, "chi è il prossimo?"

Tsipras dopo l'annuncio del referendum. Foto di Panagiotis Maidis.

Ambrose Evans-Pritchard, International Business Editor del Telegraph.

VICE: Dopo il referendum in Grecia, in Italia in molti hanno ricominciato a parlare della possibilità di uscire dall'Euro.
Ambrose Evans-Pritchard: Be', quando la Grecia è entrata in crisi non ha avuto vie di fuga, e in qualche modo era già troppo tardi. L'Italia oggi non ha niente a che fare con quel tipo di Grecia: in Italia oggi c'è una banca centrale affidabile, e la BCE sta finalmente facendo quello che avrebbe sempre dovuto fare. La crescita degli aggregati è molto bassa, è tra le più basse dell'Eurozona, e se combini debito pubblico e privato, in Italia, il risultato è molto più basso della media europea. Meglio di Gran Bretagna e Francia. Quel che conta in una situazione di crisi, come quella degli anni Trenta, è il totale del debito, non solo il debito pubblico. L'Italia non è uno dei paesi più indebitati, anzi. Il vostro problema, quello italiano, è stato più che altro temporaneo, concentrato nel biennio 2011-2012.

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E non crede che in futuro potremmo ritrovarci nelle stesse condizioni di quel periodo?
Un anno fa mi preoccupava molto questa possibilità, ma da allora la BCE ha cambiato politica, è intervenuta sui processi di deflazione. Mentre un anno fa c'è stata un po' di paura in questo senso, ricorda?

Sì, si è tornati molto a parlare di Europa e di controllo economico.
Esatto, perché la deflazione ha un impatto diretto su un debito pubblico. Blocca l'economia, la ferma. L'Italia però ha superato quel momento, e non credo ci ritornerà a breve. Quindi anch'io mi sono ricreduto. Per me il problema non è adesso, e non è nemmeno solo europeo: cosa succederà quando la recessione globale si rifarà avanti? L'espansione va avanti da almeno sei anni, e la storia ci insegna che gli andamenti sono ciclici. Quanto manca alla nuova crisi? Cosa faranno gli attori più importanti? Come si comporteranno gli Stati Uniti? E che effetto avranno le scelte dei più grandi sui mercati emergenti? Ecco, solo a quel punto anche l'Italia tornerà a correre rischi seri.

E potremmo ritrovarci nei panni della Grecia.
Sì. In quella situazione i problemi reali verrebbero a galla. Aumenterebbero significativamente disoccupazione, debito, pubblico e privato, e sareste nel bel mezzo della crisi, di una nuova crisi.

Ma in questo scenario, secondo lei, avrebbe più senso affrontare la crisi assieme, come Eurozona, o separatamente?
Un paio di anni fa ti avrei detto singolarmente. A quel tempo l'Europa non stava facendo il suo lavoro, e secondo me l'Italia avrebbe fatto bene a tornare alla Lira. Adesso non è più così. Il fatto è che conviene stare nell'Euro, ma solo se l'Euro è gestito nel modo giusto. Se l'Europa non deciderà di costruire davvero, e portare fino in fondo un sistema economico comune, un sistema fiscale comune, un sistema di debito comune, allora questo esperimento––questa Europa––non avrà mai senso.

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Quindi il sistema andrebbe ripensato.
Completamente. È come se oggi l'Europa si rifiutasse di pensare alle conseguenze delle sue azioni. E il problema sono i grandi, i veri grandi, e con questo intendo la Germania: non l'hanno capito, o non l'hanno voluto capire. È come se alle spalle delle strategie europee ci fosse un gruppo di idioti, è impressionante.

Pensa che l'Italia avrebbe potuto fare di più per la Grecia?
Il problema è che Renzi è un po' confuso. Un giorno dice una cosa, poi ne dice un'altra. Se vuole che la Grecia resti nell'Eurozona deve prendere una posizione e tenerla, non continuare a cambiare idea.

Ha scritto un articolo in cui racconta che Tsipras non si sarebbe mai aspettato un risultato del genere, è davvero così?
Certo! La Grecia si trovava in una situazione tremenda, c'era l'ultimatum, c'era tutta la propaganda fatta in campagna elettorale che stava per ritorcersi contro Tsipras e contro i suoi. Sapevano che dai sondaggi il 75 percento dei greci voleva restare in Europa, e quindi c'hanno provato, sperando di non vincere. Volevano darsi una dignità, volevano sentirsi la voce del popolo, volevano una via di fuga a quello che avrebbero dovuto fare poi. Peccato che non fossero preparati a vincere.

E alle 3.30 del mattino, la notte del referendum, avrebbero dovuto festeggiare, ma di fatto Tsipras era depresso. Non riusciva a capacitarsi di come fosse finito in questo casino. E non solo rispetto al referendum, ma per tutti questi ultimi cinque mesi. Immagino sia stata una situazione assurda, perché da un lato ne è uscito vincitore, ma dall'altro adesso deve capire come fare, deve capire cosa significa tutto questo, e a cosa porterà.

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Ma infatti, cosa succederà adesso?
Be' non lo so, non lo so proprio.

Una manifestazione per il no al referendum ad Atene. Foto di Panagiotis Maidis.

Megan Greene, economista capo di Manulife e John Hancock Asset Management. Ha scritto della crisi dell'Eurozona per diversi giornali.

VICE: Pensa che l'Italia potrebbe finire come la Grecia?
Megan Greene: Dipende da cosa succede in Grecia. Se la Grecia dovesse davvero uscire dall'Euro allora dico che in passato, prima dell'adesione all'Euro, l'Italia aveva già svalutato la sua moneta per dare una spinta all'economia. La Grecia potrebbe prendere in considerazione questa strada, piuttosto che intraprendere delle riforme strutturali improbabili se non impossibili. Ovviamente potrebbe succedere anche in Italia, anche perché a differenza della Grecia l'Italia ha un settore privato molto sviluppato che potrebbe beneficiarne. Questo è un aspetto che rende la Grecia diversa dall'Italia, ma ci sono anche delle similitudini.
Sì, ci sono delle somiglianze. L'Italia ha un debito pubblico enorme, come la Grecia, e in caso di gravi problemi economici, le verrebbe chiesto di adottare misure molto severe in cambio di finanziamenti. Di conseguenza, potrebbe anche scegliere di non accettare così come sta accadendo in Grecia. Anche la rigidità del mercato del lavoro è un aspetto che le accomuna. E un altro degli aspetti importanti è che entrambi sono paesi molto "pesanti", dove la burocrazia ha un peso enorme.

Sul mercato del lavoro il governo italiano ha approvato delle riforme che in teoria dovrebbero aiutare.
Sì, le riforme Renzi sono sicuramente uno degli elementi che fanno pensare con più positività e ottimismo all'Italia. L'unico problema è che non siete rapidi ad attivarle. La crisi ormai va avanti da cinque anni e l'Italia non ha ancora implementato delle riforme strutturali serie; è questo punto che rende gli investitori e gli altri paesi molto scettici. Tornando alla Grecia, pensa non rimanga altra possibilità che uscire dall'Euro?
Purtroppo penso che sia molto più probabile ora che una settimana fa. Per evitarlo bisogna avere da una parte Tsipras che accetta delle misure di austerity ancora più severe di quelle proposte una settimana fa a Bruxelles; e dall'altra la Merkel deve garantire una ristrutturazione del debito, una cosa verso cui molti governi sono contrari. Serve molto coraggio politico su entrambi i fronti, ma non so se la Merkel se la sentirà. Penso che sia abbastanza impossibile che arrivino a un accordo, soprattutto dopo che Atene non ha pagato le rate che doveva al FMI.

Quindi, ecco, è probabile che accada. Nel 2010 pensavo che questo e la conseguente svalutazione della moneta avrebbero portato dei risultati positivi in Grecia. Ora penso che sia uno scenario terribile. In uno dei suoi articoli diceva che se la Grecia dovesse uscire dall'Euro anche l'Italia sarebbe tentata a farlo.
Sì, nel 2012 quando la zona Euro si trovava in difficoltà c'era una lobby di industriali, specialmente al nord, che sosteneva attivamente l'idea che l'Italia dovesse lasciare l'Euro. Ora non so quanto sia un'opzione praticabile, ma sicuramente l'Italia potrebbe beneficiarne molto più della Grecia. Ok. Ma in Italia questa linea è sostenuta da politici populisti, certo non figure che potrebbero garantire stabilità e fiducia.
Questo è vero, ma ora l'Italia è in crescita e lo scenario politico è questo. In un paio di anni però potrebbe essere di nuovo in decrescita o recessione, e lo scenario politico potrebbe cambiare radicalmente; di conseguenza, anche l'uscita dall'Euro potrebbe essere gestita in modo migliore. Non voglio dire che accadrà sicuramente, ma che se ci fossero dei precedenti allora sarebbe molto più probabile. L'Italia è un paese molto grande ed è un'economia troppo importante per l'Europa per andare in default. Se l'Italia dovesse lasciare l'Euro sarebbe la fine dell'Eurozona. Ormai a dire il vero sembra che ci siamo.
Ci sono troppe cose che non funzionano in generale in Europa. L'architettura costruita dalla Merkel, che impone misure ai paesi che non rispettano i parametri in cambio di aiuti, non funziona. Lo dimostra l'andamento dell'economia greca degli ultimi cinque anni. In più, sono solo i paesi deboli a cercare delle soluzioni per le proprie economie, ma anche la Germania e gli altri paesi del nord che hanno un enorme surplus di moneta dovrebbero capire come comportarsi. Se le misure nei confronti dei paesi deboli fossero più moderate, i paesi ricchi avrebbero un mercato più ampio in cui spendere e questo rafforzerebbe il mercato europeo in generale.

L'Unione Europea dovrebbe creare una vera unione bancaria. Dicono che c'è già, ma la vicenda della Grecia ci insegna che non è vero: va creata un'unione bancaria che permetta facilmente il trasferimento di capitali. Questo comporterebbe anche la creazione di una vera unione politica, che poi è il vero grande problema della zona Euro.

Interviste raccolte da Chiara Caprio e Giorgio Viscardini. Introduzione di Leonardo Bianchi.