La fine del mistero: le 'figurine introvabili' di Volpi e Poggi

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La fine del mistero: le 'figurine introvabili' di Volpi e Poggi

Per mesi, tra il 1997 e il 1998, migliaia di giovani italiani sono stati ossessionati dalla ricerca delle figurine di Volpi e Poggi nell'album della Dolber con il chewing gum annesso. Questa è la storia di quella che è diventata una leggenda.

Illustrazione di

Valentina Caruso.

Se oggi dovessimo pensare alla raccolta tipo di figurine dei calciatori, penseremmo di certo a un album grosso circa come un A4, con in copertina un calciatore nell'atto di segnare in rovesciata e il simbolo Panini in fondo. È così e probabilmente sarà così per sempre. Ma se al me dodicenne avessero chiesto quale fosse l'album delle figurine sui calciatori che più desideravo completare, avrei senz'altro risposto quello distribuito dalla Dolber. E così avrebbe fatto ogni mio coetaneo all'epoca.

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Nel 1997, infatti, l'azienda dolciaria Dolber fece concorrenza a Panini con un'idea rivoluzionaria: un album gratuito facilmente reperibile in ogni punto autorizzato, con figurine singole acquistabili a poche centinaia di lire insieme al chewing gum annesso—il cui gusto fragola aveva tutta la durata di una gioia nella vita—e un concorso a premi. Chiunque avesse completato l'album avrebbe ricevuto in omaggio una maglia autografata da un calciatore della serie A. Neanche a dirlo, il successo dell'iniziativa fu immediato.

Ma sarebbe presto sorto un problema.

Anzi, due.

All'epoca ero in terza media, vivevo in un paesino di 9mila abitanti della Calabria e la percezione che ebbi, circondato da coetanei che iniziavano la loro raccolta, non era quella di un gruppo di ragazzi che partecipavano a un concorso. Sarà che, per come eravamo abituati, in genere le maglie dei calciatori dovevamo andarle a comprare durante le gite scolastiche al Nord, e quindi il fatto di poterle ricevere direttamente a casa ci appariva come una possibilità remota. L'istinto reale e diffuso, che ricordo bene, fu quello di completare un regolare album di figurine, più piccolo di quello Panini, più comodo da nascondere sotto al banco.

Il concorso veniva percepito come un plus, benché molto più accessibile data la natura del suo regolamento, il quale era stampato sulla copertina ed era difficilmente fraintendibile: "Completa correttamente questo album, identifica tutti i giocatori e colloca ogni figurina nell'apposito riquadro. Se hai completato diciassette differenti squadre hai diritto a un Pallone Cuoio, se invece hai completato tutte le diciotto differenti squadre hai diritto a un Pallone Cuoio e una Maglietta Ufficiale."

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La stagione 1997-98 aveva infatti soltanto 18 squadre rispetto alle 20 attuali. Era l'anno di Ronaldo all'Inter, di Inzaghi alla Juve e Baggio al Bologna, di Zeman sulla panchina della Roma per la prima volta e di Capello su quella del Milan per l'ultima. In qualche modo, per tutti gli appassionati di calcio, fu una stagione memorabile per una serie di concomitanze narrative e statistiche che avrebbero fatto letteratura nel calcio nazionale. Questo contesto, col senno di poi, avrebbe contribuito a conferire al concorso della Dolber una dimensione epica, generazionale. La quale, tuttavia, fu poco più di una contingenza, effetto di un'efficace strategia commerciale messa in pratica in una stagione che si sarebbe rivelata, di suo, molto popolare e discussa. L'annata finì infatti con una polemica relativa a un rigore non concesso all'Inter per fallo di Iuliano su Ronaldo, che ispirò addirittura il brano 'Ti amo campionato' di Elio e le Storie Tese.

Tanto più che l'album di figurine in questione, nonostante il grande successo, non era nemmeno particolarmente accurato, aveva soltanto undici giocatori per squadra e non tutti sarebbero stati effettivamente titolari inamovibili nel corso dell'annata. Ricordo che la Roma, ad esempio, schierava tra i suoi Cristian Servidei in difesa e Cristiano Scapolo a centrocampo, giocatori che in due misero insieme a malapena 13 presenze stagionali. Nonostante poi alcuni giocatori fossero più rari di altri, e dunque preziosa merce di scambio tra i ragazzi, c'erano due figurine in particolare che nessuno del nostro gruppo di amici trovò mai.

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Si trattava di:

Sergio Volpi, mediano del Bari di Fascetti, che nelle stagioni successive avrebbe girato parecchie squadre-feticcio di quegli anni, come il Venezia di Novellino e il Piacenza che schierava solo italiani in campo, prima di diventare un punto fisso nella Sampdoria degli anni Duemila.

Paolo Poggi, l'efficace terzo elemento dell'attacco dell'Udinese, meno esotico e altisonante rispetto ai compagni di reparto Amoroso e Bierhoff, ma comunque tassello importante della squadra che sarebbe arrivata terza quell'anno, sotto la guida di Alberto Zaccheroni.

All'inizio il fatto che fossero soltanto due i giocatori ancora mai trovati sembrò solo un caso, ma col passare del tempo, e il persistere della loro assenza, i loro nomi messi in fila cominciarono ad acquisire una loro cadenza musicale peculiare, nel modo in cui venivano pronunciati. Stavano diventando qualcosa a metà tra il riferimento gergale e l'inside joke.

Fu proprio quest'aura di mistero che, a due mesi dalla fine del campionato, mi spinse ad annunciare di essere in possesso della figurina di Poggi. Dissi di essere disposto a cederla in cambio del più alto numero di doppioni, feci girare la voce e corsi a casa a taroccarla. Ritagliai la foto da una rivista e la incollai sulla pellicola usata di un'altra figurina. Ritagliai quindi il nome del giocatore dalla sua casella vuota, prelevata da un altro album, e utilizzai un rudimentale sistema di contrappesi per incollarla a un'altra pellicola, e dare l'idea che fosse adesiva come una figurina normale.

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Ovviamente il trucco fu presto scoperto e la figurina taroccata venne stracciata e lanciata fuori dalla finestra, ma ricordo distintamente che quello fu l'unico colpo di scena nella caccia alle figurine mancanti. Di lì a poco il campionato finì, la scuola pure, e nessuno ci pensò più. Semplicemente, dopo una lunga ricerca, rinunciammo a completare l'album, qualcuno si stufò e qualcuno iniziò a pensare ad altro, tipo gli esami, le ragazze, la forfora.

Quello che non sapevamo, dato che nessuno di noi aveva ancora un cellulare o un modem 56k per comunicare al di fuori del paese, è che anche nel resto d'Italia queste due figurine sembravano introvabili. Allora poteva al massimo essere un sospetto, ma l'avremmo scoperto con certezza solo una decina d'anni più tardi, con l'avvento dei social network e delle pagine fan dedicate a qualsiasi cosa di sufficientemente nostalgico.

Svolgendo oggi una ricerca dettagliata in rete, infatti, vengono fuori decine di blog post sull'argomento Volpi-Poggi, ognuno dei quali incentrato sulla vicenda del grande successo di un piccolo album alternativo a quello della Panini nel 1997-98 e delle due figurine introvabili che spinsero migliaia di bambini a consumare chili di chewing gum. Alcuni di questi articoli preferiscono approfondire le figure dei calciatori Sergio Volpi e Paolo Poggi e il seguito della loro carriera, altri invece, come me, forniscono la loro testimonianza. Altri ancora riportano vaghe e non meglio precisate leggende su baristi visti incassare centinaia di migliaia di lire in un giorno solo, cugini lontani che avrebbero terminato l'album e notizie sui due sticker stampati addirittura in sole 50-100 copie.

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Ciò che accomuna ognuno di questi post è l'indefinitezza: ogni tesi rimane basata sulla supposizione, e soprattutto sull'utilizzo di immagini volutamente nostalgiche legate alla fine degli anni Novanta in termini di cultura di massa. Fuori dal coro, esiste persino un trafiletto satirico di Lercio, che riporta sarcasticamente il rinvenimento di centinaia di migliaia di esemplari di Volpi e Poggi in un casolare in Molise, a dimostrazione di quanto estesa e diffusa sia l'eco della leggenda.

Ragion per cui, esaminando alcune occorrenze, si delinea una fumosa vulgata relativa al fenomeno. Più articoli, per esempio, riferiscono di una puntata di Mi manda Raitre del marzo 1998 in cui, sulla spinta di genitori preoccupati dalla vana ricerca di Volpi e Poggi da parte dei loro pargoli, fu interpellata la stessa Dolber. Volendo verificare, non c'è molto che si possa fare: ad oggi la puntata pare introvabile, e il fatto che da più parti venga fatto il nome di Lubrano, che aveva abbandonato la conduzione un anno prima, non fa altro che aumentare l'alone di mistero intorno a ogni possibile ricostruzione della faccenda. Tuttavia, la prova che in quell'anno Mi manda Raitre dedicò davvero una puntata alla vicenda, nonché l'unico documento ufficiale reperibile in rete che ci permette di confutare la vulgata, sta in un'apposita interrogazione a risposta scritta alla Camera del 3 aprile 1998, da parte del deputato Mauro Paissan (Gruppo Misto).

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Nell'interrogazione Paissan si rivolge ai ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e delle finanze invitandoli a intervenire in difesa dei consumatori per "un'anomala situazione relativamente alle figurine contenute negli incarti del chewing-gum Campionato di calcio serie A." La descrizione fatta da Paissan è quasi epica: "Nei mesi scorsi, infatti, bambini e ragazzi hanno trangugiato una quantità smisurata di gomma da masticare per l'esplodere della raccolta delle figurine dei calciatori 'regalate' nell'incarto della gomma; ma, ciò che ha fatto esplodere la mania, è stata la promessa contenuta nelle figurine, di una maglia della propria squadra del cuore oppure di un pallone di football, a coloro i quali avessero completato la collezione." E qui, spiega Paissan, sorge il problema: "la mancanza quasi assoluta, dalle collezioni dei ragazzi, delle figurine dei calciatori Poggi e Volpi."

Dal documento si evince che nel marzo del 1998 erano già stati assegnati circa 1700 premi su circa 2500 disponibili, per un totale di circa 3400 figurine di Volpi e Poggi ritrovate—un dato che di fatto smentisce la vulgata di alcuni degli articoli nostalgici, secondo cui queste erano stampate in un numero di esemplari sensibilmente inferiore.

L'interrogazione riporta inoltre che la stessa Dolber non assicurava la presenza di tutte le figurine—"poiché si tratta di un concorso, come si può evincere da un allegato non comunicato ai consumatori ma al ministero delle finanze"—e non aveva dunque preso misure nonostante le varie richieste di "sanare la mancanza […[, sia nella eventualità si fosse trattato di un caso, sia nell'eventualità si fosse trattato di una scelta della Dolber spa." Un fatto, questo, che spinge Paissan a dichiarare: "non sembra del tutto fuori luogo parlare di una vera e propria truffa ai danni dei consumatori, nonché di pubblicità ingannevole."

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Alla luce di queste informazioni, però, la scritta sulla copertina dell'album, sotto al regolamento, assume un significato molto più preciso: "Questo è un gioco da collezione per il quale influisce la sorte, il regolamento e il numero di premi sono indicati nel Piano Tecnico allegato all'AUT MIN."

Come a dire: questo è un gioco, volete rovinare la magia scoprendo che alcune figurine hanno tiratura limitata? Andate a ripescare l'autorizzazione ministeriale, è tutto approvato.

Per aver qualche dettaglio in più in materia ho provato anche a contattare la Dolber Spa, dalla quale sono in attesa di risposte. [La risposta è arrivata in seguito alla pubblicazione dell'articolo, e la includiamo qui per completezza: l'ufficio stampa Dolber, pur non essendo in grado di dare informazioni particolari poiché i funzionari collegati al prodotto non collaborano più con l'azienda da tempo, mi ha specificato che la Dolber Spa è stata una mera distributrice della collezione per il territorio nazionale italiano, senza nessun coinvolgimento nella realizzazione del prodotto, fabbricato in Spagna da una terza, altra società che aveva acquisito i diritti dalla AIC per il campionato (il nome della società in questione non viene riportato).

L'ufficio stampa ha aggiunto inoltre un nuovo particolare, assente finora da tutta la letteratura che si trova nel web. Ci ha riferito infatti che, nel mese di ottobre 1999, il ministro Visco ha relazionato alla Camera sulla conclusione delle indagini svolte, affermando che tutta la collezione risultava regolare. Questo per dire che, quasi vent'anni dopo, almeno sappiamo come finì il serrato match con il Gruppo Misto.]

A quanto pare dunque il mistero delle figurine mancanti fu, meno epicamente, il risultato di una strategia commerciale e quindi tutt'altro che un mistero. Certo c'è chi preferisce che lo rimanga, e il bello è che si tratta di quella che Paissan avrebbe definito la parte lesa, gli ormai ex bambini. Considerato il morboso attaccamento di una certa parte della mia generazione alla nostalgia, però, potrebbe perfino essere un bene. Dopotutto la storia gli ha insegnato che la caramella vincente era quella che non hanno scartato.

L'articolo è stato aggiornato rispetto alla prima versione per includere la risposta pervenuta dall'ufficio stampa, sopra riportata tra parentesi.

Simone Vacatello è direttore editoriale di Crampi Sportivi. Seguilo su Twitter.

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