FYI.

This story is over 5 years old.

Al diavolo il Giuramento di Ippocrate

La morte non mi fa più piangere

Le impressioni di un vero dottore sui segnali che precedono la morte.

Cari lettori, è la dottoressa Mona Moore che vi parla. Ovviamente si tratta di un nome fittizio, ma non temete, sono un medico in tutto e per tutto. La cosa importante, ad ogni modo, è che sono qui per dispensarvi qualche consiglio sulla salute, che si tratti di droga o masturbazione sperimentale.

Ormai non mi capita quasi più di piangere per un paziente. La cosa mi preoccupa, in un certo senso, perché forse sono diventata una stronza dal cuore di pietra che fa strillare i bambini piccoli, infilza le vecchie signore con gli aghi e rimane imperturbabile di fronte a sofferenze implacabili.

Pubblicità

A volte, in una qualche perversa reazione d’impulso al dolore, devo addirittura reprimere la necessità di ridere. Non ho tempo di piangere per ogni paziente morto. Posso averne fino a 250 sotto le mie cure. Per qualche classica svolta del destino, mi dovrei aspettare che nei due minuti necessari ad asciugarmi le lacrime con il camice sanguinante, un altro paziente si spenga, duplicando il mio bilancio di decessi.

Ricordo bene la mia prima morte. Era un vecchio irritabile che sembrava Mr. Magoo e aveva una brutta polmonite. I suoi occhi si erano già fatti vitrei ed era diventato di quell’inconsueta tonalità di grigio da obitorio che indica la fine. Ho preso la figlia da parte per la mia prima “chiacchierata sulla morte”, ripercorrendo attentamente la mia formazione in sei passi per dare brutte notizie. È andata bene e lei ha apprezzato il tempo che mi sono presa per parlarle. Me ne sono andata per la notte lasciandola al suo capezzale nell’attesa del trapasso.

Quando sono tornata, la mattina dopo, Mr. Magoo era seduto sul letto, e agitava il piccolo e vecchio pugno gridando “Fanculo!” Da prossimo alla morte era rinato, diventando una peste geriatrica. Sono andata a fargli un controllo e lui ha chiesto “Sto bene?” L’ho rassicurato, dicendogli che sembrava andare molto meglio. Poi è iniziata la sua tirata. “Fanculo! Non sto bene per un cazzo! Le sembra che io stia bene? Sono stato qui per giorni senza cibo. È una vergogna!” Ancora scioccata dalla sua miracolosa resurrezione, ho acconsentito a fargli avere da mangiare. Nel giro di poche ore si è lasciato andare a un ultimo “Fanculo a tutto e tutti!” prima di schiattare. Mi sono sentita tradita. Era come se avesse finto di migliorare per poterci fottere con una crudele speranza prima di morire, molto probabilmente per il suo pessimo umore e forse per il nostro pessimo cibo.

Pubblicità

Proprio come nello scaricare i ragazzi, ogni discorso sulla morte a un paziente o un parente ci rende sempre più insensibili ed efficienti. Impariamo a riconoscere i piccoli segni che indicano se sono di quelli che urlano scorticandosi le braccia, o che piangono silenziosamente e in modo controllato, o che, pieni di odio e rabbia, vomitano insulti e accusano il personale di non essersi impegnato abbastanza, o semplicemente di quelli che restano a bocca aperta, sotto choc, senza neanche riuscire a capire quello che si sta cercando di dirgli. Ciò non basta comunque a descrivere lo spettro di reazioni, dalle più banali a quelle che fanno torcere le budella.

Mr. Magoo mi ha introdotta alle varie fasi della morte. Il primo indicatore, di solito, è quando un paziente annuncia, “Dottore, credo di stare per morire.” A volte è difficile dire quali stanno solo facendo i melodrammatici e quali dicono sul serio. Il segnale successivo è una ripresa veloce e notevole. I pazienti terminali hanno la tendenza a migliorare, il giorno prima di morire. Alla fine diventano grigi e gli si velano gli occhi. Poi il gioco è finito. Il passaggio da Beryl, la vecchina gentile della corsia tre, a Beryl il cadavere, è rapido. Dopo la morte, qualunque cosa abbia reso quella salma la signora Beryl lascia il suo corpo.

Infine, le ultime parole sono un mito. Nessuno ha mai detto nulla di profondo o arguto con gli ultimi respiri. Per lo più sussurrano che devono fare pipì, e ora che lo so guardo la cosa con grande sospetto quando ho davanti pazienti prossimi alla morte.
Ad ogni modo, ho sempre pensato che Mr. Magoo avesse ragione quando ha urlato, “Fanculo a tutto e tutti!” per l’ultima volta.

Leggi anche:

Quanta coca è troppa?

Sento le voci