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Non solo Diamé è molto lontano dalla porta ma calcia praticamente da fermo. Mettete pausa un attimo prima del tiro e rispondete sinceramente a questa domanda: Dove pensavate sarebbe finita la palla?
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E Flamini aveva letto benissimo l'azione, si era messo tra la palla e Diamé ma quando Diamé gli ha messo le braccia davanti non ha avuto la forza necessaria per evitare di farsi superare.Dopo aver saltato le ultime due partite del Senegal di qualificazione per la Coppa d'Africa, e la sconfitta casalinga dell'Hull con il Tottenham, Diamé è tornato in ospedale, questa volta per farsi guardare il ginocchio. Sembrerebbe niente di serio e dovrebbe tornare in campo già da sabato contro il Manchester United, partita importante per l'Hull City.Continua a giocare con l'anomalia al cuore, rassicurandosi pensando che se ce l'ha da sempre forse significa che può conviverci e giocarci. Ma la storia di Diamé dovrebbe fare da antidoto anche allo stereotipo del calciatore viziato, che ha corrotto la propria passione per avidità. Noi italiani abbiamo la sindrome Bocca di Rosa. Preferiamo le puttane che lo fanno per passione, a quelle che lo fanno per professione, ma Diamé non ha avuto scelta: gioca perché gli piace e per continuare a migliorare la propria posizione e quella della sua famiglia, anche se sa quanto potrebbe costargli. Nessuno può dire che Diamé non gioca col cuore."A volte Dio decide il nostro destino, ma noi calciatori siamo tutti dei privilegiati. È il mestiere più bello del mondo e io non mollerò."Segui Daniele su Twitter: @DManusia