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Come i lacrimogeni sono diventati l’arma preferita per reprimere le proteste

I lacrimogeni sono indubbiamente diventati un elemento essenziale di ogni protesta. Anna Feigenbaum ci ha parlato di come questa e altre armi "non letali" hanno cambiato la gestione dell'ordine pubblico.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Turchia. Un agente usa lacrimogeni ad altezza uomo. Foto di Mstyslav Chernov/WikiMedia.

I lacrimogeni sono indubbiamente diventati un elemento essenziale di ogni protesta-da Rio de Janeiro a Istanbul, passando per Caracas o Atene, c'è quasi la certezza matematica che prima o poi i candelotti di gas invaderanno piazze e strade, faranno soffocare i manifestanti sprovvisti di maschera antigas e, nei casi più estremi, colpiranno alla testa e uccideranno ragazzini che stavano andando a prendere il pane.

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Nonostante i sempre più frequenti casi di abuso e le campagne di pressione internazionali, i lacrimogeni e altre armi "non letali" impiegate in contesti di ordine pubblico non solo continuano a essere tollerate, ma sono addirittura promosse a livello istituzionale e fanno ormai parte di un florido mercato di portata globale.

In tutto ciò, i media si soffermano ampiamente sulle immagini di una piazza avvolta dalla nube chimica di un lacrimogeno, ma raramente si occupano delle aziende che producono e vendono questi strumenti antisommossa a governi e polizie, facendo enormi profitti.

Anna Feigenbaum è docente alla Bournemouth University e sta scrivendo un libro (che uscirà nel 2015) proprio su come lacrimogeni e altre armi "non letali" abbiano cambiato la gestione dell'ordine pubblico. In un articolo di un anno fa, Feigenbaum aveva scritto che "bisogna ridiscutere i termini del dibattito, […] ossia rigettare il sogno, letale e antidemocratico, di pacificare la società con il veleno. In un secolo di storia dei lacrimogeni, è chiaro che queste armi non sono mai state sicure, innocue o umanitarie."

In un momento in cui i Mondiali catalizzano l'attenzione di tutto il mondo e fuori dagli stadi la polizia fa piovere lacrimogeni e granate stordenti per reprimere le manifestazioni dei brasiliani, mi è sembrata la persona più adatta a cui fare qualche domanda sul tema.

Brasile. Agenti in tenuta antisommossa. Foto di Rafael Vilela.

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VICE: Iniziamo dai Mondiali e dalle proteste in corso in tutto il Brasile, che da più di un anno la polizia reprime brutalmente. Recentemente hai detto che per il settore brasiliano della sicurezza "la Coppa del Mondo è come una Settimana della Moda." Perché?
Anna Feigenbaum: Gli stilisti organizzano eventi e sfilate durante tutto l'anno, ma la Settimana della Moda è il momento in cui hanno veramente la possibilità di farsi notare. I migliori talenti del mondo si riuniscono e tutti i media parlano di loro. Insomma, i brand sanno quando è ora di mostrare il meglio.

Per l'industria della sicurezza, eventi come Mondiali, Olimpiadi e il LAAD Defense and Security Expo brasiliano sono la perfetta opportunità di esibire la collezione "stagionale" di strumenti antisommossa e testarli nella vita reale. I prodotti escono così dalle vetrine e sfilano per strada, di modo che i compratori possano ammirarli in azione.

In quasi tutte le manifestazioni la polizia fa largo uso di lacrimogeni, proiettili di gomma, granate stordenti e altre armi "non letali". È sempre stato così? Oppure c'è stata un'escalation nell'uso-e nell'abuso-di questo tipo di strumenti?
Credo che il problema derivi da una combinazione tra la tolleranza dei governi nei confronti delle violenze in divisa e l'enorme arsenale di armi "non letali" o "inabilitanti" di cui dispongono le forze di polizia. I ricercatori hanno rilevato che più la polizia ha accesso alle armi, più sarà probabile la decisione di ricorrere alla forza. L'uso costante di violenza eccessiva, inoltre, è anche incitato dal fatto che nella maggior parte dei paesi le condanne per gli abusi di polizia sono rarissime.

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A livello storico, invece, le armi "non letali" tendono a essere usate in maniera sproporzionata in periodi caratterizzati da disagi e forti tensioni sociali. Paesi diversi hanno sperimentato un uso eccessivo di questi strumenti in periodi diversi-gli Stati Uniti negli anni Cinquanta, il Sudafrica nei Settanta, la Corea del Sud negli Ottanta, e gli attivisti anti-globalizzazione alla fine dei Novanta e all'inizio del 2000, come si è potuto vedere a Genova nel 2001. Con la Primavera Araba e le proteste contro l'austerità in diverse parti del mondo, tuttavia, l'industria è in enorme espansione.

Egitto. Un manifestante mostra le cartucce e i candelotti usati dalla polizia contro la folla. Foto di Trevor Snapp.

I media coprono estensivamente scontri e rivolte violente, ma non parlano praticamente mai delle aziende che producono e commercializzano lacrimogeni e altre armi "non letali". Come si è evoluta l'industria della sicurezza in questi anni?
Questo è un punto importante. Se un paese viene scoperto a fare scorta di missili o farmaci la stampa vuole saperne la provenienza. Non succede lo stesso per le armi "non letali", che continuano a essere considerate solo un po' di fumo in piazza, un dettaglio di un'altra storia.

Per quanto riguarda l'evoluzione del settore, è dai primi anni del '900 che c'è stato un crescente mercato di armi "meno-che-letali." Sono state la produzione su larga scala e la relativa promozione a far "esplodere" il mercato. Sono spuntate un po' ovunque fiere internazionali che hanno l'obiettivo di mostrare i prodotti ad acquirenti militari e governativi.

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Dal momento che le armi "non letali" non sono praticamente regolate dal diritto internazionale o da quello commerciale, le forze di sicurezza riescono facilmente a comprarne una grande quantità senza che ci sia un vero e proprio controllo pubblico. Per un produttore o un rivenditore, il mercato migliore è quello in cui puoi far circolare il tuo prodotto. Sotto l'aspetto del business, dunque, le armi "non letali" creano e riempiono una nicchia: quella della richiesta del controllo politico senza tassi di mortalità catastrofici.

Attualmente, molti paesi africani o mediorientali si stanno "convertendo" alle armi "non letali". Dal momento che queste sono tollerate, se non direttamente promosse, dalle democrazie occidentali, generalmente questi paesi possono usarle per reprimere le proteste senza però essere messi sotto accusa dalla comunità internazionale.

Qual è la relazione tra i governi e le aziende produttrici di queste armi? Nel senso: chi comanda veramente tra i due? Chi prende le decisioni che contano?
Dipende dal tipo di contratto. A volte il compratore è il governo; in altre può esserci l'acquisto diretto da parte di un'azienda, com'è successo di recente con una società mineraria africana che ha comprato il primo "drone antisommossa".

In alcuni casi gli attivisti per i diritti umani sono riusciti a persuadere i propri governi a fermare i rifornimenti verso certi paesi. Ad esempio, il Brasile, gli Stati Uniti e la Corea del Nord hanno bloccato l'esportazione di lacrimogeni verso il Bahrein a causa delle ripetute violazioni dei diritti umani che si commettono in quel paese. Tuttavia, le società cinesi continuano a esportare.

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Bahrein. Foto di Ahmed Al Fardan.

Proprio a proposito del Bahrein: secondo alcuni attivisti locali, la polizia avrebbe usato un quantitativo tale di gas lacrimogeno da avvicinarsi a una guerra chimica. Altri ancora hanno detto che il governo è "drogato di lacrimogeni". Secondo te il Bahrein può essere considerato un "caso scuola" delle moderne tecniche antisommossa?
Quello che rende l'abuso di lacrimogeni e armi "non letali" così evidente in Bahrein è proprio l'utilizzo eccessivo, tra l'altro con modalità che possono causare gravi danni e anche la morte. Tra queste modalità si segnalano lanci ravvicinati alla testa e al torso, lanci in luoghi chiusi come auto, scale e abitazioni, e l'uso aggressivo dei pallini da caccia, che sono forniti da aziende inglesi e italiane. Il Bahrein dovrebbe fungere da monito sui pericoli di queste armi, e ricordarci che simili abusi vengono commessi in tutto il mondo.

Secondo te la polizia si sta "militarizzando", sia a livello di equipaggiamento che di tecniche antisommossa più "sofisticate"? Se sì, come si lega questo con il business delle armi "non letali"?
Direi che sia l'esercito che la polizia si stanno "militarizzando" sempre di più. La polizia e l'esercito da sempre si scambiano tattiche ed equipaggiamenti. Per esempio, negli anni Venti i lacrimogeni sono passati dall'esercito alla polizia. Negli anni Sessanta sono stati degli ex ufficiali a scrivere il primo manuale sulle tecniche antisommossa.

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Oltre alle armi vere e proprie, una larga fetta del settore è costituito dall'addestramento e dalle tattiche. Sin dagli anni Novanta, grazie alla globalizzazione, l'industria è diventata sempre più transazionale. Questo scambio internazionale di "competenze"-che è ancora dominato dagli Stati Uniti-porta, di conseguenza, a un approccio antisommossa più "sofisticato."

Come mai i governi e, fino a un certo punto, l'opinione pubblica considerano i lacrimogeni e altre armi "non letali" un metodo antisommossa innocuo o addirittura "umanitario"?
Quando si parla di armi "non letali" molte persone dicono che "almeno non sono proiettili veri." Ma non è questo il problema. Certo, se dovessi scegliere tra i lacrimogeni e i colpi di una mitragliatrice, sceglierei i primi. Il vero problema è che l'utilizzo di queste armi è in qualche modo giustificato dall'assunto che, se assunta in modiche quantità, si tratti di una "droga" tutto sommato innocua. In realtà, ogni anno ci sono morti legate all'uso di armi "non letali". Finora, inoltre, gli effetti a lungo termine sono stati studiati pochissimo, e l'impatto psicologico è praticamente sconosciuto.

Queste armi sono considerate tali sono quando succede qualcosa di eclatante. E anche in questa circostanza, l'opinione pubblica si mobilita solo se viene colpito qualcuno di importante (come un giornalista) o di "innocente" (come un ragazzino).

Questa "invisibilità" rende innocue armi come i lacrimogeni o le granate stordenti, i cui effetti su timpani e organi interni non si vedono neppure. Sono queste caratteristiche fisiche ad aver in parte permesso che queste armi siano state promosse come una forma di tecnica antisommossa "umanitaria" per più di un secolo.

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Anche la storia di queste armi è piuttosto esemplificativa. Negli anni Venti e Trenta sono state condotte campagne pubblicitarie parecchio aggressive. Ci sono state pubblicità su riviste di settore, editoriali, dimostrazioni dal vivo, una forte attività di lobbismo da parte dei governi e la rimozione degli studi scientifici negativi.

Il nome stesso di "lacrimogeni" è stato scelto per farlo apparire il meno minaccioso possibile. "Strumenti di tortura psicologica che provocano vomito e soffocamento" non avrebbe venduto così bene.

Turchia. Proteste per la morte di Berkin Elvan, il 15enne colpito da un candelotto di gas lacrimogeno. Foto di Barbaros Kayan.

L'azienda brasiliana Condor Nonlethal Technologies caldeggia "un'escalation controllata della forza che non violi i diritti umani," e la retorica aziendale insiste moltissimo sull'aggettivo "non letale." In tutto questo, però, c'è un enorme paradosso: come si possono proteggere i diritti umani usando armi chimiche che sono vietate in guerra da convenzioni internazionali?
La ragione per cui le armi chimiche sono vietate in guerra è quella di evitare che vengano usate in maniera indiscriminata. Nel diritto internazionale, tuttavia, certi "strumenti antisommossa" non rientrano nel divieto perché si ritiene che possano essere impiegati più efficacemente, e in forme meno pervasive, in contesti di ordine pubblico. La realtà, tuttavia, ci dimostra che questi strumenti non vengono mai usati così contro i civili.

Le armi "non letali" sono usate più per reprimere il diritto di manifestare che per arginare una rivolta. Anzi, spesso la causa principale delle rivolte è proprio l'abuso di questi mezzi da parte della polizia.

In più, si può rilevare come lacrimogeni e altre armi "non letali" siano usati dalle forze dell'ordine in chiave offensiva e non difensiva. Lo si vede di continuo in piazza e nelle prigioni, dove i lacrimogeni sono sparati ad altezza uomo o in spazi ristretti. Oltre a ciò l'utilizzo di proiettili di gomma, e a volte di proiettili veri, creano situazioni di combattimento che si avvicinano molto a forme di guerra asimmetrica.

È proprio per questa serie di motivi che le armi "non letali" devono essere necessariamente valutate per gli effetti che hanno sul campo, e non in base ai risultati dei laboratori o dei campi d'addestramento militari e di polizia.

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