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A8N6: Il sesto annuale di narrativa

Quel numero

"Seguendo la sua abitudine di comunicare a Quel Numero tutti i suoi pensieri, aveva già iniziato a raccontarle i suoi sentimenti per quella donna."

Illustrazione di Malin Bergström
Traduzione di Sara Cantarutti

Al mattino attraversarono la hall, verso la galleria al piano inferiore dell’hotel. Daniel stava rileggendo gli ultimi messaggi che aveva scritto a Quel Numero. Erano stupidi. Spense il telefono. Presero le scale mobili per scendere, e il padre di Daniel disse, “Ho fatto un sogno stanotte.”

“C’era questo processo. L’imputato era un uomo cinese, e i suoi difensori continuavano a combinare disastri. Il suo avvocato si presentò a una deposizione con indosso una felpa.”

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Daniel disse, indicandolo, “Quel ristorante francese sembra OK.”

“Io avevo l’indirizzo email del tipo cinese, così gli scrivevo mentre era in prigione. Anche tu gli hai scritto, ma poi abbiamo capito che non avevamo il suo vero indirizzo email, avevamo solo tirato a indovinare.”

Erano entrati in una tavola calda. Era simile a una qualunque tavola calda americana, e Daniel stava guardando le file di insalate all’interno del banco frigo.

“Cosa mangerai?” chiese.

“Credo mangerò…” suo padre provò a indovinare.

“Che ne dici dell’insalata?” disse Daniel.

“Credo che la prenderò.”

“Credo che io mangerò… del pane! E del chai.”

Presto sarebbero arrivati al monastero, e Daniel sapeva che avrebbe dovuto godersi tutti i lussi a disposizione finché poteva. L’ultima volta che aveva inviato un messaggio a Quel Numero, lei gli aveva chiesto, “Che farai in India?”

“Non lo so,” aveva risposto.

Avevano due stanze in un monastero in un piccolo villaggio del nord. Ci andarono in macchina. L’autista era molto bello e composto. Partirono dopo il tramonto. Appena superarono il confine della città, il padre di Daniel si voltò dicendo, “Mi sentirò male.” Viaggiarono tutta la notte, fino al mattino, fermandosi in piccoli posti perché il padre di Daniel cagasse e vomitasse. Quando sorse il sole, l’autista aveva cambiato faccia. Sembrava un animale. Più tardi fermò di colpo l’auto su una superstrada tutta curve e disse, “Aquila.” Era ferma sulla strada con le ali piegate. I suoi artigli sull’asfalto erano strani.

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Si erano persi. L’autista fermò di nuovo l’auto e disse, “Se scendete, potete prendere un taxi.” Il padre di Daniel scese dall’auto e andò a prendere le valigie nel bagagliaio. Daniel disse, “Sali in macchina, papà.” Il padre di Daniel chiuse il bagagliaio e risalì in auto. L’autista del taxi lanciò un brutto sguardo a Daniel. Ripartirono. Un cane spaventoso rincorse l’auto, fece un salto e quasi morse il braccio di suo padre. “Questo posto è pericoloso,” disse.

Alla fine arrivarono, e ora Daniel era a letto. Era quasi ora di pranzo. Stava ascoltando una canzone d’amore e guardando il tempio fuori dalla finestra, con il suo tetto dorato, la catena dell’Himalaya sullo sfondo, e degli uccelli enormi che volavano in cerchio. Suonò un gong, e mentre usciva dalla stanza si tolse la bandana che si era legato intorno al collo. Incontrò suo padre sul vialetto, e scesero al piano di sotto.

Delle persone stavano mangiando all’aperto sotto un tendone dall’aspetto costoso.

“Ci sediamo con queste persone?” chiese il padre di Daniel.

“Possiamo fare quello che vogliamo.”

Si sedettero di fronte a una coppia sulla sessantina. Nessuno si presentò né abbozzò un saluto. Il tavolo si riempì. Una delle signore più vecchie si interessò al padre di Daniel. Aveva i capelli corti e grigi e indossava un gilet blu Patagonia. Non sapeva stare a tavola, ed era spiacevole guardarla mangiare. Mangiava come un piccolo ratto.

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“Cosa vi porta in India?” chiese.

“Un’operazione,” disse il padre di Daniel. “Sono qui per rifarmi i denti.”

La donna stava mangiando degli unti pezzi di cavolfiore con entrambe le mani.

“Stavo per farmi fare degli impianti dentali in America, ma costavano 65.000 dollari.” Daniel sapeva cosa sarebbe successo dopo. A suo padre piace descrivere agli estranei i dettagli intimi delle loro difficoltà finanziarie. “Ho quei soldi in un fondo che andrà a Daniel. Una delle condizioni del fondo recita che può essere investito in cure sanitarie o per fini educativi. Ho scelto i denti perché mi hanno rifiutato a Berkeley.” Aspettò che la donna si mettesse a ridere. Le sue mani erano immerse nelle lenticchie. “Daniel voleva che mi sottoponessi all’operazione in America, ma la stessa procedura in India costa 55.000 dollari in meno.” Il padre di Daniel proseguì con i dettagli dell’operazione e i costi: “In più, ci ho guadagnato un viaggio gratis.”

Ci fu un lungo silenzio. La vecchia signora si schiarì la gola, infilò le dita nel bicchiere di vetro, e si pulì la faccia. “Qual è la natura dell’operazione?” chiese.

Daniel disse, “Papà, non farlo.”

Suo padre iniziò, “Mi aprono le gengive, e poi ci impiantano un pilastro appuntito.”

Si alzò il labbro superiore con le dita.

“Vede questo? Lo ricuciono. Poi aspetto che il tessuto della gengiva guarisca intorno al pilastro. Aspetto sei mesi. Una volta che la cicatrice è guarita, fanno dei piccoli buchi nelle gengive e avvitano gli impianti sui pilastri.”

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“Li avvitano?”

“O forse li spingono. Non sono sicuro.”

Una donna si sedette di fronte a Daniel, accanto a suo padre. Era sulla cinquantina e magra, aveva zigomi pronunciati e capelli grigi lunghi fino alle spalle. Li aveva stirati, e quelle linee la facevano assomigliare ad una star del cinema anni Settanta.

La signora anziana si girò verso Daniel e disse, “Conosci Chris?”

“No.”

“Ci siamo conosciuti,” Chris lanciò una timida occhiata a Daniel. Resse lo sguardo per un po’ di tempo fi no a che lui lo distolse, dicendo, “Se è vero che ci siamo conosciuti, mi è sfuggito.” “Gli è sfuggito.”

Lei guardò il padre di Daniel.

“Quando ci saremmo conosciuti?” chiese Daniel.

“Prima. Ci siamo salutati. Ero sul terrazzo di fronte. Mi piaceva la tua bandana.”

Lei indossava una di quelle camicie, quelle in seta, con il collo morbido. Si chiudeva giusto sopra lo sterno, che era ricoperto di lentiggini. Sotto la clavicola pendeva una sottile collanina d’oro, così sottile da prendere diverse forme arrotolate sul petto.

Il padre di Daniel disse, “Vivi al monastero tutto l’anno?”

“Sì,” rispose lei. “Anzi, settimana prossima mi trasferisco in una casa.”

Parlò di come fosse difficile prendere casa in India, per via di svariate leggi, ma Daniel non stava ascoltando. Quando smise di parlare, lui disse, “Ti ho vista. Stavi innaffiando i fiori. Ma ho pensato che tu pensassi che ti stessi fissando. E ho pensato che era strano che sapessi già il tuo nome.”

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“Oh no, non ho pensato nulla del genere. E comunque non dovrei andare in giro mezza nuda. E so già delle cose su di te.”

“Cosa ti hanno detto?” chiese Daniel anche se aveva molto da nascondere, ma lei non capì la battuta, o se la capì, la ignorò. Disse, “Ho sentito dire che sei un giornalista, e che avevi un problema con il visto, ma probabilmente c’è molto altro da sapere su di te.”

Daniel disse, “Vero, ho un problema con il visto.”

“Gli hanno dato un visto per soli tre mesi,” disse il padre.

Il padre di Daniel prese in mano la conversazione. Iniziò un elaborato autoritratto, dipingendosi come uno studioso di Buddismo di lungo corso, di grande prestigio in America. Accennò al fatto che guidava il gruppo di studio dharma di Houston. “Certo, tutto questo ormai 30 anni fa. Quando frequentavo Sua Santità il Dalai Lama. Mi ha dato questo amuleto.” Estrasse un gao da sotto la camicia. Glielo aveva regalato Daniel a dicembre.

Chris aspettò che il padre di Daniel finisse la sua storia. Poi gli parlò di una fabbrica giù dalla collina dove avrebbe potuto comprare dei cuscini da meditazione. Iniziò a descrivere dove si trovava, e poi disse, “Sai che ti dico? Ti ci accompagno.”

“Grazie.” Il padre di Daniel era eccitato, e Daniel dispiaciuto, perché aveva già capito. L’aveva capito fin da quando l’aveva salutata sul ballatoio. Disse a Chris e a suo padre di lasciar stare i piatti, li avrebbe lavati lui. Dopodiché, tornò verso il piano inferiore del monastero e si sedette sui gradini.

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Un paio di ore dopo, suo padre risalì il sentiero porgendogli un cuscino a mezzaluna.

“Cos’è questo?” chiese Daniel.

“Chris l’ha scelto per te.”

“Cosa?”

“Be’, non saprei. Forse era solo per…” scosse la testa.

“Solo per?”

“Forse mi stava solo dicendo che…” scosse la testa, poi sedendosi la mise tra le mani.

“Cosa?”

“Scusami,” si girò dando la fronte a Daniel.

“Mentre eravamo alla fabbrica, io stavo cercando un cuscino. Chris mi ha detto, ‘Questo sarebbe perfetto per tuo figlio, perché ha il culo piccolo.’ Non volevo offenderti, ma è proprio quello che ha detto.”

Suo padre scosse la testa. Restarono lì seduti per un po’. Chris uscì dall’ufficio dirigendosi verso di loro. Doveva passare in mezzo a loro per salire le scale, e tirò un grande sospiro come se fosse stata colpita da qualcosa. Disse, “State pensando al sesso?”

“Sempre,” abbaiò il padre di Daniel. Dando una gomitata nel costato a Daniel.

Lei passò in mezzo a loro, su per le scale, fino alla sua stanza. Suo padre si appoggiò all’indietro sui gomiti e rivolse il viso verso il sole. Daniel si piegò sopra il cuscino. Seguendo la sua abitudine di comunicare a Quel Numero tutti i suoi pensieri, aveva già iniziato a raccontarle i suoi sentimenti per quella donna, Chris.

L’email iniziava così, “Sono a Bir.”

Il mattino successivo, Daniel e suo padre controllarono le email. Quel Numero aveva inviato a Daniel due sue nuove fotografie promozionali, in cui indossava degli occhiali nuovi e dei polsini. Gli chiedeva la sua opinione.

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“Polsini,” borbottò.

“Cosa vuoi dire?” chiese suo padre.

“Oh, niente. Cazzate. Niente.”

Suo padre borbottò e si rimise a leggere di un negozio di stereo a Mumbai.

“Ho trovato questo negozio qui. Non puoi capire i prezzi di questi subwoofer. Se li importassimo faremmo un colpaccio. Questi sono subwoofer di alta qualità.” Alla radio, un uomo cantava una canzone romantica in hindi, la batteria sintetizzata produceva dei ritmi complessi.

“Mi piace questa musica,” disse il padre di Daniel. “È sincopata?”

“Quello che non capisco è,” Daniel sputò fuori le parole, “perché si è messa dei polsini?”

“Cosa?”

“Ti piacciono i miei nuovi occhiali?” Daniel rilesse la frase. “Ti piacciono i miei nuovi occhiali?” Cos’è questa merda, si chiese. E poi digitò, “Sì.”

A pranzo, una donna californiana abbronzata con indosso un chupa nuovo e diversi mala dai colori accesi intorno al collo raccontò del suo colloquio privato con il Sakyong.

“Ci ha fatto fare un voto. Uno dei partecipanti si è alzato dicendo, ‘Mi piace molto il vino. Devo rinunciarci?’ E lui ha risposto, ‘Riesci a berne un solo bicchiere?’ e l’uomo ha risposto che poteva, e il Sakyong gli ha detto, ‘Basta che non ti ubriachi.’”

La donna sorrise. Gli altri al tavolo raccontarono storie di incontri con guru che suggerivano diversi punti di vista sul vino. Poi Chris li raggiunse.

Daniel la guardò. Notò il lembo di pelle tra il gomito e il polso. Era ricoperto da un eczema violento. Chris si prese il gomito con la mano e disse, “Succede quando sono preoccupata.”

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“Perché sei preoccupata?”

Trovò gli occhi di Daniel.

“Avevo paura.” Lasciò le parole sospese nell’aria. “Sono venuta qui altre volte, ma mai per sempre. Questa volta è per sempre, e questa cosa mi ha generato un sacco di speranze e paura.”

Scrollò le spalle.

Daniel si appoggiò allo schienale della sedia e ripensò alle fotografie di Quel Numero con i polsini. Poi suo padre iniziò a parlare delle sue gengive aperte e del pilastro appuntito.

“Cosa c’è?” chiese Chris.

“Cosa? Oh. È che—ho ricevuto delle email. È solo un po’ di cinema. Del cinema casalingo.”

E non sapeva perché, ma Chris rise.

Chris aveva lasciato la porta aperta, e Daniel partì senza alcuna strategia. Entrò e disse, “Sono molto turbato.”

Lei lo guardò dal letto, “Daniel.”

“Posso sedermi?”

Si sedette sul letto. Lei disse, “Oh mamma.”

Si alzò e chiuse la porta della stanza. Poi Daniel raccontò a Chris degli ultimi tre anni della sua vita, e di come si era innamorato di una donna, e ora teneva il suo numero con lui, che aveva lasciato il suo lavoro ed era confuso e, “È che, è che voglio fare sesso con te. Perché, non ho mai fatto—capiamoci non sono il tipo che fa sesso con la gente—e credo—ovviamente, non sono vergine. Faccio sesso. Faccio sesso, sai, con donne che incontro nei locali. Voglio dire, non ti sposerò, o perlomeno non sono uno stronzo. Credo che se tu avessi la mia età, finirei per pensarla così.”

Chris gli passò un fazzoletto. Lui si asciugò gli occhi e parlò. Parlò troppo, e si voltò a guardarla.

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“Come ti dovrei rispondere?” chiese.

“Davvero non saprei.”

Un cane abbaiò dal giardino fuori dalla finestra. Lei iniziò a fare commenti sul cane, ma si fermò. Disse, “Be’, sono attratta da te. Decisamente.”

Daniel sorrise.

“Non è che non ci abbia pensato.”

Lei spiegò la situazione. Suo marito era morto un anno prima e da allora era stata casta. Disse, “Sebbene abbia pensato a quanto sarebbe piacevole fare sesso con te, devo pensare al tuo bene, capire se è la cosa giusta da fare per te. Sono considerevolmente più vecchia di te. Sono anche un po’ pazza ora, anche se non lo sai.”

“È per il mio bene.”

Il pomeriggio successivo, Daniel era seduto in cortile con suo padre. Suo padre stava provando a suonare il kangling che aveva preso in prestito dalla donna californiana, quella con il chupa. Chris uscì dal piccolo tempio. Sotto un braccio portava un sadhana rilegato a spirale. Daniel la raggiunse sulle scale.

Lei disse, “Hai ripensato alla nostra discussione?”

“Non sono io quello che deve pensare.”

“Credo tu sia stato molto coraggioso a parlare dei tuoi sentimenti.”

“Mm.”

“Lo penso davvero,” disse.

“Be’, cosa vuoi fare?”

“Ho bisogno di un po’ di tempo per capire se è per il tuo bene.”

“Se quello è l’unico problema, allora non c’è alcun problema. Ma se sei spaventata, lo capisco, perché lo sono anche io.”

Lei sembrò perdere i sensi. Roteò gli occhi all’indietro, e tremò sui tacchi.

“Be’, OK, buonanotte,” disse lei. Lui la guardò andarsene. Poi sentì suo padre arrivare da dietro. Era senza fiato.

“Cosa pensi di quella donna, Chris?”

“Ah, è fantastica. E bellissima.”

“È quello che penso anche io. Un bel pezzo di figa. Hai notato come continua a girarci intorno? Non è una coincidenza, figlio mio. Credo che le chiederò di circumambulare il mio stupa stasera. Capisci cosa intendo?”

Chris il giorno dopo chiamò Daniel a mezzogiorno e gli chiese di andare in stanza da lei. Quando Daniel la guardò, capì che aveva preso una decisione. La risposta era no.

Lei disse, “Non voglio un’avventura, Daniel.”

Poi capì che voleva dire tutto il contrario. Quattro minuti dopo, le aveva tolto i vestiti di dosso, e ne constatarono la semplice verità.