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Poltronette

Nightcrawler non è il nuovo Drive

La prima volta che ho visto il trailer di Nightcrawler ho pensato "Oh, ecco Drive con poca musica e più illuminazione stradale in LED." Poi ho scoperto che non è così, e che il film è un piccolo prodigio che fa pure ridere.

In foto: un altro film che non è Drive.

​La prima volta che ho visto un trailer de Lo Sciacallo – Nightcrawler (d'ora in avanti: solo Nightcrawler) ho pensato "Oh, ecco Drive con poca musica e più illuminazione stradale in LED."

Il prossimo dovrebbe essere un paragrafo su quanto mi sbagliavo, perciò facciamo come se fosse stato scritto, e passiamo oltre, al vero problema: Drive, non per sua colpa, ha ucciso il marketing di un certo genere—tutti i film con ​violenza notturna in ​grandi città si sono ritrovati ad avere elementi fucsia nel poster, il synthpop nel trailer, e grazie al cielo nessuno ha ancora pensato di scriverne i ​titoli in Mistral.

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Vendere Nightcrawler come un film stilizzato con violenza sporadica (ma più dialoghi di Drive) non solo manca di rispetto al nostro giudizio di Drive a posteriori, manca di rispetto soprattutto a "Lo Sciacallo", che è—si scopre, una volta superato l'ostacolo del trailer—un piccolo prodigio con qualche problema di ritmo.

Dan Gilroy, sceneggiatore al suo esordio da regista, scrive la storia di Lou Bloom (Jake Gyllenhaal), un sociopatico in cerca di lavoro che si imbatte in un incidente stradale e ha una rivelazione sulla sua futura carriera: diventare uno di quelli con la telecamera, trovarsi per primo sui luoghi delle disgrazie notturne, riprenderne i dettagli, e vendere il materiale ai network televisivi. Il "nightcrawler" è una persona che vive la notte. Lou Bloom lavora solo la notte.

Per tornare al discorso "Drive" (di cui smettiamo di parlare in questo momento), non è che Nightcrawler non sia stilizzato: la fotografia è di Robert Elswit, l'uomo migliore sulla piazza nonché il braccio destro di ​Paul Thomas Anderson, con i suoi neri nerissimi e gli occhi dei personaggi che si vedono a malapena negli interni illuminati al neon. Andiamo, c'è l'inquadratura che avete visto in cima a questa pagina c'è persino un inserto con la luna nel cielo nero (nerissimo). Nonostante i vezzi stilistici, però, Nightcrawler ha un ritmo molto strano, che oscilla a volte verso il thriller di genere senza valore artistico, a volte verso il film d'arte, a volte verso il film satirico.

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Sì, perché una delle bizzarrie principali di Nightcrawler è dovuta al fatto che fa ridere. La gente in sala con me agitava le mani e si teneva la pancia dal ridere: tuttavia, si tratta—forse—del film più obliquamente comico che avrete visto al cinema quest'anno. Badando bene al fatto, però, che la quantità di risate è direttamente proporzionale al disagio che si prova nel ridere.

La sociopatia del protagonista (e del mondo di cui fa parte) è avvicinabile a quella di Patrick Bateman di American Psycho, con la differenza che Lou Bloom, per qualche ragione, è molto meno antipatico. A inizio film espone a un potenziale datore di lavoro, in maniera robotica, i motivi per cui dovrebbe essere assunto.

Il fatto è che non la assumeremmo mai, una faccia di culo così, ma non è anche vero che ogni singola lettera di accompagnamento che inviamo per un impiego ha esattamente lo stesso suono di ciò che Bloom dice a voce? Bloom, privo del filtro della socialità, sa semplicemente essere una lettera motivazionale vivente.

Il film ha altri, notevoli, pregi: innanzitutto, il disturbo di personalità di Lou Bloom è scritto e interpretato con grande cura verso i minimi dettagli. Gyllenhaal se ne esce con una creatura grottesca ma infinitamente credibile, ed è per quello che la gente, al cinema, ride. Perché ne riconosce la plausibilità, e sporadicamente si riconosce in lui quando, come ogni automa svuotato di emozione, Bloom segue la strada della logica e dice la verità. ("Un vero amico non ricatterebbe mai un amico per portarselo a letto," gli dicono; risponde: "In verità sì. Sai cosa dicono? Un amico è un regalo che fai a te stesso.")

È altamente incoraggiante, inoltre, vedere al cinema un esempio di sociopatico che usa il computer con il computer che è una conseguenza della sociopatia, e non vice versa. A Hollywood, il nerd con i capelli grassi generalmente ha delle compulsioni irrefrenabili proprio per il fatto che passa troppo tempo al computer. Bloom sembra nutrirsi delle informazioni trovate su Internet (fa ricerca su qualsiasi sia la sua passione del momento, in questo caso "avere una carriera") proprio in virtù dell'essere un po' "speciale". Il suo uso del computer è un mezzo, non una causa.

Come è un mezzo del film il personaggio di Lou Bloom: senza che ci sia bisogno di qualcuno a lato dello schermo che gridi "METAFORA!", Nightcrawler offre uno schema conciso della psicopatia collettiva dei media, il loro distacco affettivo da qualsiasi tragedia possa vendere, in uno dei commenti più taglienti dai tempi di Quinto Potere (1976). Il disturbo mentale e la manipolazione di Bloom coincidono pericolosamente con la mentalità corporate, il fatto che Bloom reciti ai suoi impiegati e ai suoi superiori una serie di frasi apprese solo a livello pratico, e mai umano, e recitate con in mente soltanto il profitto personale ricorda da vicino la politica aziendale delle grandi compagnie.

In tutto questo Nightcrawler eccelle. Per di più, è una dark comedy molto selettiva, davanti alla quale alcuni spettatori potrebbero non ridere mai. Non fosse per il suo strano ritmo, e per i punti descritti poco fa, sarebbe un film noir istituzionale, ben fotografato e con alcune scene da thriller generico. Invece, è senza sforzo uno dei film meglio riusciti dell'anno. Lontano dall'essere perfetto, ma perfettamente lontano da Drive.