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Goodbye Kraken

I mostri marini non sono più quelli di una volta.

Come poteva concludersi il temutissimo 2012 se non con l’apparizione di un mostro? Eravamo troppo presi da un risibile millenarismo e dallo shopping natalizio per accorgercene, ma per la Prima Volta nella Storia dell’Umanità è stato filmato nel suo ambiente naturale, le buie profondità oceaniche, un esemplare di calamaro gigante (Architeuthis). Bravi i ricercatori che hanno usato un sommergibile silenziosissimo e con particolare sistema d’illuminazione.

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Tuttavia. Il 27 gennaio esce, su Discovery Channel, Monster Squid: The Giant Is Real, e circolano già alcuni fotogrammi della leggendaria creatura. Sarà che il filmato è tanto insignificante da passare in sordina, sarà perché ormai il cinismo ha ucciso ogni meraviglia, anche quella per gli infiniti misteri e le bellezze ultraterrene del mare, sarà che preferivo immaginarlo grandioso, irraggiungibile e violento, ma mi sono intristito. Cosa c’è di più commovente di un mostro che, anziché terrorizzare, rivela mansueto la propria fragilità?

Dagli antichi miti norreni alle sempreverdi panzane da marinaio, il calamaro gigante ha incarnato ogni sorta di paura per l’ignoto. Il suo originario nome, Kraken, si è tramandato per secoli fino a popolare le più recenti produzioni cinematografiche (1, 2, 3). È protagonista in tutte le versioni di Ventimila leghe sotto i mari, ha ispirato a Lovecraft l’idea dell’abominevole Chtulhu venuto dalle stelle, adorna lo stemma dei Greyjoy e neanche i videogame e i cartoni animati più classici hanno potuto farne a meno. I suoi compagni di giochi erano la balena-isola (descritta con dovizie di particolari da Sindbad e San Brendano), i demoniaci serpenti marini e la Lusca (Roger Corman non ha inventato niente). Eppure nella sua apparizione di dicembre, l’unica che possiamo far rientrare nella categoria del Reale, lo vediamo inabissarsi come un vecchione ormai inutile anche per i falò. Qual è il problema?

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No, davvero. A chi interessa sapere che un mostro marino di cui le leggende sono piene come un tacchino il Giorno del Ringraziamento, a chi interessa dico vederlo per come è, disturbato nell'intimità mentre si agita con movenze sgraziate in uno spazio vuoto e privo di riferimenti, senza una nave da sfracellare a piacimento? Non credo che con un osso di calamaro gigante Montale avrebbe scritto poesie migliori. Ma la scienza, mi dicono, ha una sua poesia che la poesia non riconosce.

Però calma… ecco che divento retrogrado e oscurantista, e per la barba di Galileo non lo sono. Allora, forse, in termini semplici mettiamola così: questo video, scientificamente parlando, non ha nulla da dire. Perché mostrarcelo? Non aiuta la scienza né noi, fa solo un torto al calamaro. E non si tratta così uno sconosciuto. Aveva un nome? Che fine ha fatto? Non fa stranezze, non divora un uomo, non sputa inchiostro arcobaleno, non distrugge imbarcazioni… quindi? Perché non lo lasciamo stare nella sua oscurità a tormentare i nostri sogni di fanciulli? Sapere che è una creatura per bene mi rovina gli incubi.

Forse è l’assuefazione agli effetti speciali a rendere questa notizia priva di fascino, ma il secchione insoddisfatto che è in me si fa avanti al grido di “Surrettizio!”: si regge sulla falsa idea che “filmare per la prima volta il calamaro gigante nel suo ambiente” sia interessante. Questo nonostante un calamaro gigante a fior d’acqua sia stato filmato già anni fa e dallo stesso gruppo di ricerca—altro video spiacevole, comunque.

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Ammettiamo pure che Discovery punti a una certa bellezza e non a un certo contenuto. Abbiamo bisogno dell’ennesimo documentario sottomarino? Le prime immagini non anticipano grandi emozioni. Ora, quando un bambino vede la propria cacca per la prima volta e tutto felice la mostra alla mamma, a chi interessa oltre a lui e, ammessa una certa premura, a chi lo ha messo sul vasino? L’unica differenza è che il valore d’acquisto delle sue feci è nullo. Il ricercatore Tsunemi Kubodera non può fare a meno di mostrarci il suo lavoro, e il canale ci va a nozze, ma nella scala assoluta dell’idea platonica CALAMARO, io lo posiziono qui:

Ancora fatto a fettine e fritto sarebbe buono per un torneo di hula hoop. Qui invece siamo nelle ampie praterie del mediocre. È obbligatorio mostrarci la realtà nei suoi frangenti più tediosi? Senza sforzarsi un minimo di conquistarci alla causa? Perché mai Melville sarebbe morto sconosciuto dilapidando il suo scarso stipendio da doganiere in olio da lampada e inchiostro per scrivere quelle grandiose, spesso incomprensibili, a volte noiosissime pagine di Moby Dick, se non per riuscire a renderci partecipi di una caccia che solo Achab poteva comprendere?

Oggi neanche il capodoglio fa più paura e anzi è a rischio d’estinzione. Addirittura, è proprio seguendone un branco che sono riusciti a trovare il nostro calamaro, perché questi cetacei ne vanno ghiotti e sanno dove cercarli. Le catene alimentari big size.

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Senza nulla togliere al polipo Paul, tra i cefalopodi, nei libri di scienza e nelle acque del pianeta ci sono almeno due famiglie assai più meravigliose dell’Architeuthis. La prima è quella del calamaro vampiro (Vampyroteuthis infernalis), dai tentacoli palmati che si chiudono sulla sua testa come un mantello spinoso in caso di pericolo; alla seconda appartiene il calamaro colossale (Mesonychoteuthis hamiltoni), il vero fratellone della banda: vive a 2000 metri di profondità e non ha rivali quanto a grandezza.

La questione delle dimensioni, poi, obbedisce a una semplice quanto dibattuta ipotesi che va sotto il nome di Regola di Bergmann—opposta alla Regola dei Genitali Maschili: tanto più fa freddo, tanto più il volume dell’organismo deve essere grande per evitare dispersioni termiche. Se vai ai poli o molto in profondità, troverai creature più grandi, punto. Basta questo a renderle più attraenti?

E non è che voglia sminuire la mania da guinness e il bagaglio di carenze falliche che si porta appresso. Tutt’altro. Per esempio, hanno appena scoperto l’oggetto più grande dell’universo e mi sembra semplicemente magnifico. Perché? Perché pur offrendo la solita immagine piatta, arbitraria e ritoccata come ogni foto astronomica, questa scoperta almeno un quesito lo pone: com’è possibile, se il modello cosmologico non prevede oggetti di dimensione superiore a 1,2 miliardi di anni luce, che questo coso sia grande tre volte tanto?

La sola stranezza del calamaro di dicembre è che gli mancavano i due tentacoli principali, ma c’è caso glieli avesse strappati Moby Dick. Dalla vergogna si è inabissato. Attendiamo il video completo, ma per ora il cosmo vince sull’oceano. Abissi contro abissi, e Chtulhu era l’unico a tenerli insieme…

Segui Andrea su Twitter: @cosimospanti