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Il caso Amanda Knox secondo Lifetime

Che cosa c'è di ridicolo nel film sull'omicidio di Meredith Kercher, oltre la sua stessa esistenza.

Ieri sera Italia Uno è stato così gentile da riproporre un film noto per i giovani smaliziati dell’era di internet come “Il film che non sono ancora riuscito a vedere, cazzo”: Amanda Knox: Murder on trial in Italy, anche conosciuto come Il film su Amanda Knox, o Il film con Hayden Panettiere che fa Amanda Knox.
La trama del film si ferma alla condanna a 26 anni per Amanda Knox, 25 per Raffaele Sollecito e 19 per Rudy Guede (ripassate la vicenda a questi vari link). Dalla fine del film a oggi, Knox e Sollecito sono stati assolti in appello nel 2011 e il 26 marzo 2013, dopo un ricorso fatto dalla Procura di Perugia su questa assoluzione, è stata ritirata la sentenza e a breve ricomincerà il processo per capire che cosa hanno fatto i due il giorno dell'omicidio (su Guede invece siamo tutti sicuri).
Per festeggiare il ritorno in auge di questa storia è stato tirato fuori dagli archivi Mediaset il film, mostrato per la prima volta su Canale 5 il 3 dicembre 2012, penso principalmente per il suo valore di documento sulla percezione delle vicende italiane all’estero. La seconda volta è per il LOL dei dirigenti di rete.
Il film è una produzione di Lifetime, canale statunitense per signore dalla lacrima facile che hanno voglia di storie di vita vera con eroine che resistono nonostante le avversità. Una qualsiasi delle loro produzioni fa sembrare Commesse come Il settimo sigillo. Questo film ha tutte le caratteristiche di sciatteria dei film di Lifetime, con il problema di parlare di un caso particolarmente delicato accaduto in terra straniera, su cui girano così tante teorie e opinioni da farlo sembrare più un che un omicidio una puntata di Controcampo.
Nel caso foste tra quelli che erano troppo impegnati a vivere la vita per guardare questo film, questo è quello che vi siete persi.

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Una persona a modo.

LA RICOSTRUZIONE
Tutta la vicenda è raccontata dal punto di vista americano: Amanda è un’innocente che ogni tanto pecca di stupidità (tipo lasciando il suo vibratore in bagno, o accusando di omicidio il primo tizio che le passa per la mente). Ogni tanto si fa accenno alla questione mediatica, ma si tratta di pochi secondi. Il problema è che si perde quella che forse è la parte più interessante della vicenda: perché una tipa americana carina con una coinquilina morta ammazzata all’improvviso diventa una MANGIATRICE DI UOMINI STUPRATRICE ASSASSINA LUCIFERO TROIA? Credo che questo sia dovuto al fatto che nel film non viene ricostruita neanche una puntata di La Vita in Diretta. Ma un punto in comune tra questo film, La Vita in Diretta e la Corte di Cassazione c’è: di Rudy Guede e del fatto che sia più che provato che è un assassino, fotte sega. Solo primi piani della Panettiere che piange. DO YOU KNOW ITALIA?
Quello che gli sceneggiatori di Lifetime sanno dell’Italia è che: i ragazzi italiani sono belli anche quando è plateale che non lo siano; se senti suonare dei bonghi in mezzo a una piazza, è lì che troverai il fumo; risotto=porridge; in ogni squadra investigativa che si rispetti, c’è un giovane poliziotto con i capelli ricci e i baffoni; se hai un problema, puoi tranquillamente andare a parlarne col sindaco; che la polizia scientifica italiana è RI-DI-CO-LA. WE ARE POLIZIA POSTALE
Come se questo film non avesse già abbastanza problemi di per sé, l’adattamento che ne è stato fatto è, ehm, come dire, stupidamente razzista? Sia nell’originale che nell’italiano c’è un appiattimento linguistico. Nell’originale tutti gli italiani padroneggiano l’inglese con un vocabolario forbito ma mantengono le consonanti dure, e si distinguono dagli stranieri perché iniziano le frasi con una parola in italiano. Poi c’è Panettiere che parla con l’accento americano, Meredith con l’accento inglese, e Lumumba e Guede con l’accento centro-africano. È un espediente che non si usava più dai tempi dei film sulla Seconda Guerra Mondiale con i nazisti anglofoni, ma siamo su Lifetime, già tanto che non inseriscano delle pubblicità indirette del Febreeze e la sua capacità di togliere la puzza di sex crime.
Nell’adattamento parlano tutti l’italiano dell’accadèmia di teatro. Tranne i due africani, che africaneggiano. Perché secondo i direttori del doppiaggio, non esistono nazionalità, lingue e accenti nella macroregione dei bianchi caucasici.

NU JEANS E NU LUPETTO
Una cosa su cui non hanno lesinato è la ricostruzione dei costumi. È in effetti inquietante ritrovarsi a dire durante la visione “Mi ricordo quella sciarpa gialla! Quella è la maglietta del terzo processo!” Tutto questo è ok, se non fosse che questi capi iconici (scusate il termine) sono stati riutilizzati in versioni leggermente alterate anche in scene in cui non sappiamo cosa cazzo indossassero questi personaggi. Quindi Sollecito indossa SEMPRE il lupetto, avallando l’opinione sul caso di molti uomini per cui "uno sfigato come lui" potrebbe tranquillamente aver ucciso solo perché "glielo diceva una figa". LE MANI AVANTI
Il film dura circa un’ora e 25 minuti, la prima serata italiana dura minimo due ore. Per colmare questi 35 minuti sono state inserite parecchie pubblicità. All’inizio e alla fine di ogni blocco veniva mostrato per circa cinque secondi un cartello nero con un testo di venti righe in cui veniva spiegato quello che è successo con la Cassazione e che questo film si ferma alla sentenza in primo grado (il film finisce con Amanda condannata a 26 anni che sale sulla camionetta, e quando parte tiene le mani attorno alle sbarre guardando la mamma, che sta chiaramente pensando “Italian Justice, WTF?!”). Il cartello si conclude sempre con le mani belle tese in avanti, “Questa è una ricostruzione basata sui fatti, ma rivista, insomma prendetela con le pinze.” Sottotesto: dopo il film c’è lo speciale di Studio Aperto Live sul tema che è pieno di video di repertorio che conoscete a memoria, guardatelo! È lì la verità! Anche se nel titolo c’è scritto “Nessuna verità”, che grazie al cielo non c’è ancora, sennò ci toccava fare un approfondimento su un argomento di attualità sentito da tutti, ti pare? LE POSSIBILI CONCLUSIONI
Guardando questo film, mi sono fatta due teorie sul motivo per cui Amanda Knox viene ripetutamente tirata in mezzo. La prima è che sia tutta una macchinazione per screditare l’America messa in atto dalle associazioni contro il Muos e il Dal Molin e la guerra in Afghanistan, insieme agli insegnanti di Esperanto, che usano la Knox per far vedere la faccia peggiore dell’imperialismo statunitense (che prima è tutto festini e vibratori in bagno, poi ti fa uccidere perché gli chiedi di pulire i piatti). La seconda è che Amanda si sia sacrificata per screditare il partito leghista. Seguite il ragionamento: questo omicidio è fatto su misura per essere usato dalla Lega per fare campagna elettorale (e ricordiamo che alle politiche del 2008 la Lega è all’8 percento in Parlamento e Senato, nel 2010 si portano a casa il Veneto e il Piemonte), quindi Amanda ha deciso di comportarsi da dissociata mentale e fare una cazzata via l’altra per spostare l’attenzione dall’uomo nero per definizione cattivo, alla sua faccia d’angelo (e al suo moroso-lupetto) con lo scopo di smantellare o almeno attutire lo stereotipo—se fosse stato un rom l’assassino, il sacrificio sarebbe stato ancora più forte. Poteva semplicemente essere la stronza che accetta estranei in casa senza tenerli sotto controllo e che non fa un cazzo quando la coinquilina viene uccisa, si sarebbe risparmiata questa eco e noi ci saremmo risparmiati un sacco di speciali Porta a Porta con esperti barzotti che parlano di “sfondi sessuali”. In ogni caso aspetto il sequel Amanda Knox 2 - The Erasmus Revenge per farmi un’opinione definitiva sul tema (spero la produca HBO così ci mettono anche le tette).

Segui Chiara su Twitter: @chialerazzi