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Il Corano per gay

Esiste un posto per l'omosessualità nell'Islam?

Non passa settimana senza che io riceva un messaggio da un musulmano gay in cerca della riconciliazione tra fede, cuore e corpo, o da un gay non musulmano che sta prendendo in considerazione l’idea di convertirsi all'Islam e si chiede se in questa religione ci sarà mai un posto per lui o lei. Per rispondere a queste domande si possono adottare vari approcci, e in realtà non sono abbastanza qualificato per esercitare questo ruolo, ma andiamo avanti.

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In primo luogo, una chiarificazione: l'Islam è ciò che fanno i musulmani. Se guardiamo all'Islam come una tradizione umana con una storia e contesti ancorati a questo pianeta, invece di qualcosa che galleggia sopra l'umanità come un'essenza intatta e immutabile, allora la risposta è sì: l'Islam può avere un posto per i musulmani queer, perché i musulmani queer sono sempre esistiti. Ci sono importanti tradizioni di poesia e misticismo in cui il desiderio omoerotico si fonde con la spiritualità islamica. Probabilmente non soddisfano chiunque abbia a cuore la tradizione giuridica islamica, ma adottare un approccio storico significa anche scalzare le ipotesi di assolutezza della legge islamica, mostrando come essa sia un continuo processo di interpretazione umana. In ogni caso, i padri fondatori della legge islamica come la conosciamo oggi avevano ammesso che desiderare lo stesso sesso fosse naturale, pur sostenendo che ogni azione associata era da considerarsi illegale. È risaputo che Abu Hanifa, fondatore della scuola hanafita,  richiedeva che uno studente maschio di bell'aspetto si sedesse in una posizione tale da non poterlo guardare direttamente, per evitare che suoi occhi lo potessero tradire.

Potremmo citare una pioggia di nomi di santi sufi e poeti di vari tempi e luoghi che hanno violato le norme di genere e sessualità in un modo o nell'altro, e questo andrebbe certamente a sostegno di una storia islamica queer-positive, ma dimostrare la diversità di credenze e usanze non risponde alle domande di quei musulmani che necessitano della parola di Dio per risolvere ogni disputa con verdetti chiari. Se vuoi che il Corano risponda a tutte le tue domande, non so cosa dirti; non posso estrapolare dei versi per rivelare le intenzioni nascoste di un Autore trascendente. Ci provano i sostenitori di entrambe le parti, ma spesso vedono solo quello che vogliono vedere.

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Come gli omofobi che si rifanno alla Bibbia, gli omofobi che si rifanno al Corano ricorrono al destino del popolo di Lot per provare che Dio punisce il desiderio verso individui dello stesso sesso. Tra i musulmani progressisti, però, si è diffusa un’interpretazione alternativa, secondo cui la storia di Lot si non riferisce agli uomini che desiderano il sesso consensuale con altri uomini, ma piuttosto agli uomini che intendono stuprare. Devo confessare che questa argomentazione mi sembra un po’ campata in aria, ma apprezzo lo sforzo, anche solo per poter affermare che esistono interpretazioni alternative.

Sfortunatamente, quando leggo il Corano noto un tono canzonatorio verso gli uomini che vogliono fare sesso con altri uomini. Questo non è ciò che vorrei leggere, e spero che un giorno troverò un’interpretazione che cambierà quest'impressione. Apprezzo il bisogno dei musulmani di trovare nuovi significati nelle parole, e sto dalla loro, ma rimane il fatto che cercano di far dire al Corano qualcosa di diverso da quello che sembra palesemente dire.

Prima di decidere cosa significhi il Corano, guardo alle persone che lo amano e trovo la figura di Ali ibn al-Hamzah Asadi, più noto come al-Kisa'i al-Kufi (m. 804). Quale trasmettitore di una delle "letture" coraniche nella tradizione sunnita, è una figura infinitamente importante nella storia del Corano in quanto testo. Come tale, la sua conoscenza e la sua persona sono state entrambe sotto attento esame. Al-Marzubani, discutendo sull’autorità di Ibn al-Arabi (il giurista, non il mistico), ha descritto al-Kisa'i come "una delle persone più dotte", aggiungendo che lo stesso aveva apertamente confessato di essere coinvolto in atti illegali che implicavano relazioni omosessuali. “Ciò nonostante", aggiunge, al-Kisa'i rimane "un lettore preciso, esperto in lingua araba, e onesto."

Questo non risponde a tutte le domande, ma ci dice qualcosa. Nell’Islam sunnita, esistono sette modi canonici di leggere il Corano. Al-Kisa’i al-Kufi è l’uomo che ci fornì uno di questi. Dedicò la sua vita alla conoscenza e all’insegnamento del Corano. Va da sé che avesse imparato a memoria l’intera scrittura e l'avesse recitata ogni giorno della sua vita. Nel frattempo, apparentemente, si scopava i ragazzi. Le labbra che ha usato per recitare la scrittura divina hanno toccato degli uomini.

Non posso leggergli nella mente o prelevarlo dal suo mondo per parlare delle contraddizioni del nostro, e non posso dire che abbia mai reinterpretato la storia di Lot o analizzato il Corano alla ricerca della redenzione teologica dei queer. Se fosse ancora vivo, si auto identificherebbe come un musulmano gay? Non posso ipotizzare che vedesse la sessualità come qualcosa al di fuori della sua costruzione, ovvero come quello che fai, in opposizione al nostro concetto moderno di orientamento sessuale come quello che sei. Non so se lui abbia mai esaminato con occhio critico l’autenticità dei precetti anti-omosessuali attribuiti al Profeta, e il suo caso non ha suscitato un’apertura della legge islamica. Ma se la domanda riguarda l'esistenza di uno spazio per i musulmani gay all'interno della tradizione islamica, lui ne ha creato una specie.

Al-Kisa’i al-Kufi era un musulmano vissuto meno di due secoli dopo il Profeta. Sembra avesse compiuto azioni socialmente considerate violazioni della legge divina, e che l'avesse pubblicamente ammesso, apparentemente senza scontare una punizione. Come insegnante del Corano, il suo lavoro era rispettato. I commentatori che disapprovano le sue abitudini riconoscono la sua padronanza di quella che potrebbe essere considerata la scienza religiosa islamica più cruciale, ovvero la conservazione e la divulgazione del testo sacro. Ogni volta che i musulmani sunniti menzionano le letture coraniche fanno riferimento al lavoro di quest’uomo, anche se non conoscono il suo nome.

E allora ribadisco, ci sono problemi che la vita al-Kisa’i al-Kufi  non può risolvere, e c’è ancora molto lavoro da fare. Ma quando considero i musulmani come una famiglia umana, al-Kisa’i al-Kufi mi da due grandi incoraggiamenti: innanzitutto, lui è riuscito ad essere apertamente se stesso con la famiglia musulmana; e in secondo luogo, i membri di quella stessa famiglia hanno trovato del buono nel suo contributo e lo hanno accettato.