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Musica

Mozhard, il lato porcello di Wolfgang Amadeus

Le opere più licenziose di Mozart, amante dei doppi sensi e della coprolalia.

La decisione di dedicare una puntata di Classyca™ alle opere più licenziose di Mozart ha comportato una notevole fatica: ho dovuto sottrarre un mio amico dalla gelida Berlino per arrangiare una fruttuosa collaborazione. Nonostante lo sforzo, la stesura finale dell’articolo ha richiesto una sola notte.

Ecco a voi i risultati.

Se non avete mai approfondito il Settecento, anche detto il secolo dei Lumi, e in questo caso sarebbe il caso di dire dei Lumi Rossi, vi siete persi alcune tra le pagine più succulente della storia. Trattasi di un secolo infarcito di contesse infoiate, seduttori diabolici, malattie veneree, ironia, spensieratezza e immoralità: ne rimangono le tracce nella letteratura di De Sade, Casanova, Chodelos de Laclos (per citare soltanto quei nomi che sono stati poi consacrati dal cinema americano).

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Anche Mozart, nato nel bel mezzo del secolo, passato alla storia come il più grande genio musicale classico si concesse senza parsimonia ai vizi tipici del suo tempo – non per niente la forma prescelta per celebrare la sua memoria nella pasticceria ricorda proprio quella dei testicoli e le sue gesta erotiche hanno ispirato il delicato gusto illustrativo di Milo Manara nella serie Pentiti! per il 250esimo anniversario della sua nascita. Tra le perversioni del compositore è nota—e Focus non manca di istruirci a riguardo—la sua coprolalia che lo portò spesso ad parlare di merda con un entusiasmo pari a quello di Gianni Morandi.

Una musica così vitale e trascinante non può che nascere dalla natura istintiva e sensuale del suo compositore: le mamme new age la ascoltano durante la gravidanza per innalzare il quoziente intellettivo del nascituro, ma pare che si presti bene anche ad accompagnarne il concepimento… Tutto ciò sembra dar credito all’adagio popolare che la musica di Mozart “faccia venire voglia di scopare”.

Nella trilogia di opere di cui vi parleremo, frutto di una collaborazione tra Mozart e l’altrettanto depravato Lorenzo da Ponte, l’ossessione per la carne, il cosiddetto “mal di sesso”, tra pessimismo e indulgenza, raggiunge il suo apice. Stiamo parlando delle tre opere buffe italiane Le Nozze di Figaro (1786), Don Giovanni (1787) e Così Fan Tutte (1790). Tutte e tre si rifiutano si trattare le solite lagne mitologiche tanto di moda al tempo e parlano della società aristocratica e borghese contemporanea.

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Da Ponte dopo una falsa partenza come ecclesiastico, trovò nella sua lunga vita la vera vocazione nell’insegnamento, nella poesia e nella fornicazione. Dopo periodi di alterna fortuna e innumerevoli esili si ritrovò quarantenne alla corte di Vienna dove ebbe la possibilità di lavorare con Mozart a queste tre opere. E quale compagnia migliore per lo scostumato Wolfgang che un italiano che durante la stesura dei libretti faceva accomodare sotto la scrivania una procace servetta! Forse furono addirittura una coppia migliore di Mogol-Battisti.

Le tre opere non sono altro che saggi su diversi tipi di sessualità, tutti guasti, al cui interno sono discussi infiniti altri argomenti quali il perdono, la dannazione e il cinismo di certe speculazioni filosofiche: gli argomenti capitali dell’umanità. Sono opere che esprimono due differenti aspetti del razionalismo illuminista: da una parte, l'amara ironia e lo scetticismo riguardo al cuore umano propri di Voltaire; dall'altra, la rivendicazione del sentimento erotico nella sua genuina naturalità, al di là delle convenzioni sociali, derivante da Rousseau. Tutte e tre hanno in comune un certo gusto settecentesco per trame di equivoci e travestimenti, che ne Le Nozze di Figaro si uniscono a una presa di culo pericolosamente rivoluzionaria delle classi sociali. Il Don Giovanni invece è la storia di un cavaliere, licenzioso quanto coraggioso, che passa la vita a sedurre le donne accompagnato dal lascivo e grottesco servo Leporello. Viene considerato un dramma giocoso, definizione riduttiva se si considera la compresenza di personaggi tragici (tipo quellla disperata di Donna Elvira, sedotta e, ovviamente, abbandonata) e comici (Zerlina e Masetto, una coppia di contadinotti futuri sposi tra cui si intromette il protagonista). Spensierate scene di sesso convivono con il dramma del finale, in cui di fronte al fantasma del padre di una donna che aveva sedotto con la forza e con l’inganno, Don Giovanni rifiuta eroicamente di pentirsi (“Giammai!”), e precipita all’inferno. I personaggi sono psicologicamente intriganti e ambigui: Don Giovanni è al contempo un eroe, un figlio di puttana, un buffone e un idolo; Zerlina una contadinotta civetta e leggera, che in fondo pur amando il suo Masetto, si lascia corrompere volentieri dal Doni. Le poche figure totalmente buone (Donna Elvira e Don Ottavio) oscillano tra il ridicolo e il patetico.

La femminilità volubile contraddistingue anche i personaggi di Così Fan Tutte: l’opera inizia con due ufficiali che per dimostrare ad uno scettico amico la fedeltà delle rispettive fidanzate, fingono di partire per il campo militare e poi ritornano travestiti da ricchi mercanti albanesi e si mettono a corteggiare ognuno la fidanzata dall'altro. Purtroppo ci riescono entrambi. Le due arrendevoli e frivole fanciulle rappresentano quell’ideale di corruttibilità, che può essere tollerato solo facendo propria la più cinica delle filosofie: ovvero la sfiducia totale nel rapporto d’amore eterno e fedele nelle coppie. Una morale borghese e desolata che viene espressa quando alla fine di tutti i travestimenti e i tradimenti si celebra comunque il doppio matrimonio tra le coppie iniziali: nonostante tutti i personaggi abbiano rivelato le loro natura traditrice e il l'assortimento invertito delle coppie metta in questione l’infallibilità e inequivocabilità delle scelte d’amore. E’ il trionfo della rassegnazione e del cinismo: "Fortunato l’uom che prende /Ogni cosa pel buon verso/E tra i casi e le vicende/ Da ragion guidar si fa."

L’accumulo di amanti dell’anti-eroe Don Giovanni potrebbe essere intesa come un comportamento ragionevole alla luce di questa verità: le donne mentono agli uomini, e gli uomini mentono a se stessi se pensano di aver trovata quella giusta prima di averle provate tutte. Non c’è niente di definitivo e di serio nell’amore che è un gioco galante e frivolo, ma disperatamente privo di significato. Questi concetti sono ribaditi nel Così Fan Tutte di Tinto Brass, capolavoro della commedia porcella italiana e pozzo di rivelazioni sulle relazioni umane, dove la giovane sposa vogliosa, interpretata da Claudia Koll, non esita a andare in giro a fare versi da inchiesta con chiunque le capiti a tiro. Alla fine la morale annichilita trionfa anche qui: il marito si mette l’animo in pace e accetta il fatto che il celestiale culo di Claudia non apparterrà mai soltanto a lui.