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Il funerale di Pavlos Fissas è stato l'inizio della fine di Alba Dorata?

Ieri, migliaia di persone hanno manifestato per commemorare il rapper greco e condannare il partito neonazista.

Sulle prime pagine dei giornali si legge "Ne abbiamo abbastanza!" e "Non avremo paura."

Mercoledì ho passato l'intera mattinata in un cimitero poco lontano da Atene. Al mio arrivo in chiesa, centinaia di persone erano raccolte intorno alla bara di Pavlos Fissas, il rapper antifascista conosciuto come Killah P. La folla era in silenzio. L'unica voce a emergere era quella, disperata, della madre della vittima. "Perché?" urlava. "Perché? Ditemelo! Perché mio figlio? Non è giusto! Non è giusto!" Il marito, distrutto, la seguiva.

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La morte di questo ragazzo non riguarda solo la sua famiglia: è una tragedia che fa da spartiacque per un intero paese, nel pieno di quella discesa morale che ha permesso a un partito come Alba Dorata di operare al di sopra della legge. Per alcuni, la figura di Fissas si avvicina a quella di Alexandros Grigoropoulos, il giovane la cui uccisione—avvenuta per mano della polizia nel 2008—ha scatenato il movimento di rivolta più importante nella storia recente del paese. Così come la morte di Grigoropoulos ha ispirato una generazione di anarchici, ora molti sono convinti che quella di Fissas sarà motivo d'unione tra i greci nel determinare l'uscita di scena di Alba Dorata.

Alla funzione erano presenti molti cameraman, ma ogni qualvolta uno di loro iniziava a riprendere, amici e familiari di Fissas gli si avvicinavano chiedendo di smettere. A poca distanza, anche un ragazzo che sventolava una bandiera antifascista ha ricevuto la stessa richiesta. "Non vogliamo che qualcuno sequestri il ricordo di Pavlos," gli hanno spiegato due donne accorse per interromperlo.

Questa statua al centro di Nikaia commemora l'uccisione di migliaia di greci da parte dei nazisti nell'agosto del 1944. La scritta con la bomboletta recita "Pavlos vive."

Sulle scale della chiesa si era raccolto un gruppo di uomini tatuati. Alcuni fumavano. Erano amici di Pavlos, esponenti della scena rap. Dall'altro lato della strada alcuni anziani avevano formato un capannello e si chiedevano a bassa voce, "Com'è possibile che nel 2013 ci siano ancora dei fascisti? Che gente c'è in questo paese?" mentre altri facevano cenni di assenso.

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Poco dopo, quando la processione ha proseguito verso il cimitero, la cerimonia ha perso un po' della sua solennità per lasciare spazio alla rabbia. Nell'aria risuonavano slogan antifascisti—"La gente non dimentica, morte al fascismo!"—e al momento della sepoltura gli amici di Pavlos hanno intonato le sue canzoni.

Qualche ora più tardi mi sono spostato a Nikaia per seguire le migliaia di persone che da piazza Davaki avrebbero dovuto marciare fino alla sede di Alba Dorata. Il corteo voleva commemorare Pavlos e condannare il presunto coinvolgimento della formazione di estrema destra nella sua morte, e a organizzarlo è stato il partito comunista, ma la folla raccoglieva un po' di tutto: attivisti antifascisti, militanti dei partiti di sinistra, anarchici, membri dei sindacati, studenti e anziani.

La manifestazione è iniziata dopo le sette di sera. Alcuni dei presenti reggevano cartelloni contro i neonazisti, altri intonavano slogan che rimandavano alla guerra civile greca, e tutt'intorno c'erano poliziotti. Questi ultimi, timorosi che si replicassero gli scontri della notte precedente, hanno dirottato il corteo verso zone più tranquille, impedendo di raggiungere gli uffici di Alba Dorata come inizialmente previsto.

Ho parlato con Spyros, un 25enne di Syriza, la coalizione della sinistra radicale. Mi ha detto che era lì per onorare la memoria di Pavlos: "Basta fascisti, non li sopportiamo più. Né a Nikaia, né a Keratsini, né a Kokkinia. Da nessuna parte. All'inizio se la sono presa con gli immigrati, e ora attaccano chiunque abbia un punto di vista diverso dal loro. Sono criminali. È una vera disgrazia che lo stesso paese in cui è nata la democrazia ospiti dei fascisti nel suo parlamento."

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Come mi ha spiegato Kostas, un 66enne che vive a Nikaia da quasi cinquant'anni, "La morte di quel ragazzo ha risvegliato le preoccupazioni di molti. C'è un sacco di gente che è terrorizzata all'idea di cosa succederà qui, ma dobbiamo mantenere la calma. Le nostre scelte determinano chi siamo. Dobbiamo riflettere attentamente, trovare il modo migliore per affrontare la brutalità di Alba Dorata."

La manifestazione si è conclusa in maniera pacifica, ma i presenti hanno messo nero su bianco i loro sentimenti: "Pavlos non ha perso la vita per niente. La sua morte segna l'inizio della fine di Alba Dorata," ha concluso la 23enne Katerina. "Siamo pronti a combatterli e non ci fermeremo. Ora non possiamo davvero più tollerarli."

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