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Cosa sappiamo sulle galassie nascoste scoperte per puro caso ai confini dello spaziotempo

Il gruppo di astronomi stava osservando tutt'altro, quando si è accorto di un segnale strano, proveniente oltre una nube di polvere cosmica.
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Resa artistica di una galassia risalente all'universo primordiale. Immagine: NRAO/AUI/NSF, S. Dagnello.

Per puro caso, un gruppo di astronomi ha confermato l’esistenza di due galassie mai osservate prima ai confini dello spaziotempo, rimaste finora nascoste dietro uno spesso strato di polvere interstellare. Stando alle osservazioni, le galassie si sarebbero formate più di 13 miliardi di anni fa, vale a dire solo 800 milioni di anni circa dopo la nascita dell’universo stesso. La scoperta potrebbe aiutare la comunità scientifica a trovare altri sistemi e corpi celesti antichissimi che sono normalmente oscurati dalla polvere.

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Il gruppo, guidato da Yoshinobu Fudamoto, un astronomo dell’Istituto di Scienza e Ingegneria dell’Università di Waseda, in Giappone, in collaborazione con l’Osservatorio Astronomico Nazionale del paese (NAOJ), ha individuato una serie di strani segnali provenienti dalle due galassie mentre stava studiando galassie vicine che brillano molto più intensamente nello spettro ultravioletto (UV).

Secondo il gruppo, “la scoperta casuale di queste due galassie polverose” ai confini dell’universo “dimostra che il censimento attuale (basato su luce UV) delle galassie primordiali è ancora molto incompleto.” È quanto spiegato nello studio relativo alla scoperta e pubblicato sulla rivista scientifica Nature il 22 settembre 2021.

Fudamoto e colleghi hanno notato le galassie lontanissime a novembre 2019, usando l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), un radiointerferometro estremamente sensibile che si trova in Cile. ALMA è in grado di sbirciare oggetti celesti a distanza elevata anche attraverso aree dell’universo sature di “nebbia” cosmica, ed è per questo lo strumento ideale per notare corpi e sistemi che risalgono a un’era molto antica, nota come “epoca della reionizzazione,” quando, cioè, le prime stelle e le prime galassie si sono formate.

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Fudamoto e colleghi fanno parte del programma di ALMA chiamato “REBELS” (o Reionization-Era Bright Emission Line Survey), che concentra da tempo le proprie analisi su 40 galassie luminose che esistevano all’alba del cosmo. Il gruppo era impegnato a studiare nello specifico le galassie battezzate REBELS-12 e REBELS-29, quando si è accorto di una sequenza di deboli emissioni provenienti da un’area a svariate migliaia di anni luce di distanza rispetto ai due corpi più luminosi e già noti.

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Immagine: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), NASA/ESA Hubble Space Telescope, ESO, Fudamoto et al.

Osservazioni successive hanno rivelato che i segnali torbidi erano, a tutti gli effetti, due galassie prima sconosciute, perché ben nascoste dietro la coltre di polvere interstellare. Gli oggetti, che il team di Fudamoto ha battezzato REBELS-12-2 and REBELS-29-2, sono invisibili nello spettro di luce UV e in quello ottico, e intercettarle è stato possibile solo perché ALMA vanta una sensibilità speciale alle lunghezze d’onda infrarosse.

La fortunata scoperta permette di ipotizzare che almeno una su cinque delle galassie localizzate nelle periferie dell’universo e che risalgono all’epoca della reionizzazione sia nascosta al nostro sguardo da nubi di polvere cosmica. Questa ipotesi avrà notevoli implicazioni sui modelli che abbiamo costruito finora per studiare come si sono formate stelle e galassie all’origine dell’universo.

Fudamoto e colleghi suggeriscono nello studio che “sarà fondamentale condurre una ricerca ad ampio raggio per corpi del genere.”

“Le ricerche devono concentrare le osservazioni molto più in profondità di quanto sia mai stato fatto prima, persino più in profondità di quanto ci ha permesso di trovare REBELS-12-2 e REBELS-29-2, che sono galassie ‘normali’, per quanto oscurate dalla polvere,” conclude il team.