I nostri colleghi maschi ci hanno raccontato le loro storie finite peggio

FYI.

This story is over 5 years old.

Stuff

I nostri colleghi maschi ci hanno raccontato le loro storie finite peggio

Una ricerca ha rivelato che gli uomini subiscono gli effetti negativi della fine di una relazione sentimentale molto più che le donne. Per capire se è vero abbiamo chiesto a quattro collaboratori di raccontarci le loro esperienze.

Una ricerca dello scorso anno ha rivelato che gli uomini adulti sono davvero un branco di piagnoni che non sanno fare i conti con la fine di una storia. Secondo lo studio, condotto dalla Binghamton University di New York, le donne subiscono il contraccolpo peggiore subito dopo la fine della relazione, ma sono gli uomini che soffrono di più sul lungo periodo. Alcuni addirittura non riescono mai a farsene una ragione.

Pubblicità

La ragione sembra da cercare nella biologia. Le donne, dicono i ricercatori, hanno molto di più da perdere nel frequentare un perdente—"un solo incontro potrebbe causare una gravidanza," ha puntualizzato Craig Morris, membro del team—perciò sono più portate ad accettare che quella non sia la persona giusta per loro e andare avanti.

Gli uomini, invece, soffrono più a lungo perché lo shock deve gradualmente "penetrare" nei loro cervellini prima che finalmente realizzino cosa è successo. E poi devono rimettersi "in competizione" daccapo per una nuova partner, e dato che gli uomini sono più competitivi delle donne, dice lo studio, perdere quella che ora riconoscono essere stata una "buona preda" li ferisce nell'orgoglio.

Non eravamo sicuri che questa teoria fosse vera per tutti gli uomini che sono stati lasciati nel corso della storia. Per cercare di capire se tutti gli uomini sono davvero delle mezze seghe quando giunge il momento di lasciarsi, abbiamo chiesto ai nostri collaboratori maschi di tirar fuori i loro momenti relazionali peggiori e di condividerli con tutto l'internet.

DAVID WHELAN

Era una relazione perfetta. Eravamo entrambi sereni. Come una lunga vacanza su una spiaggia selvaggia, con riserve infinite di libri da leggere, alcol e sesso. Ma un giorno è finita e io ho dovuto fare i conti col fatto che ero un coglione come tanti: un po' sovrappeso, con una barba orribile, ascoltavo musica strappacuore; probabilmente portavo sempre le espadrillas; a un certo punto sono quasi certo che sapevo tutte le parole di un intero album di John Mayer.

Pubblicità

La rottura è stata una cosa facile, in sé. Niente lacrime (solo un paio, mie, a letto, da solo) e niente litigi. Semplicemente, è finita. Mi sono svegliato la mattina dopo ritrovandomi in una specie di sequel low-budget della mia vita in cui alcuni personaggi, come la mia ex, erano stati tagliati per motivi di costi.

Ed ecco cosa ho fatto io: sono andato più spesso al bar. Ho giocato a Football Manager.

Ovviamente, mi sono anche iscritto a Tinder. Ci vado quando mi sveglio, prima di dormire, quando sono sobrio e, ovviamente, quando sono ubriaco. È un'abitudine terribile. Ora ho più match su Tinder che amici su Facebook, ecco quanto sono solo.

Quando i vermi si accoppiano, si mettono uno di fianco all'altro come due wurstel legati e si sparano sperma l'uno nell'altro. Le relazioni sono un po' così: prima che due persone si uniscano per creare un verme grosso il doppio sono due vermi più piccoli, insignificanti e ciechi, che strisciano in giro senza immaginare che la loro futura metà stia rimestando la terra nel vaso lì vicino.

Rompere significa semplicemente tornare a quello stato. Non c'è niente da piangere. Una volta superato lo shock emotivo di aver perso metà del tuo corpo da verme più grosso, te ne torni a rotolarti nel fango per un po'. Perché presto—chi sa quando—troverai un altro verme con cui strisciare.

CHRIS MANDLE

La mia prima relazione con un uomo è stata una storia intensa, fisica, clandestina. Avevo 18 anni, ero all'università e i miei incontri con questo prestante giocatore di rugby erano episodi di una storia di spie—dovevamo cercare di non farci scoprire, preparare alibi, controllare di non esserci scambiati i vestiti.

Pubblicità

Abbiamo attraversato insieme la prima fase di dubbio sulla nostra sessualità. Ci sembrava di poter affrontare il mondo intero, ma solo perché il nostro mondo eravamo io e lui, sotto le coperte. L'ho subito capito nel profondo—non dalle cose che diceva ma da quelle che non diceva, o non poteva dire; e il tempo che passavamo insieme era come cercare di orientarsi in un campo minato. Tutto, dalla felicità alla vergogna, era intriso di polvere da sparo e poteva esplodere da un momento all'altro.

La nostra storia è durata fino alla laurea, ma a quel punto le cose avevano cominciato ad andare male. Io avevo fatto outing, ma lui sembrava sollevato per il fatto che tutti pensavano che fosse eterosessuale. Nella primavera del 2010 ormai usava la sua supposta eterosessualità come una corazza. E io non vedevo come le cose avrebbero potuto cambiare, nemmeno per amor mio.

La rottura in sé è stata facile e molto terra terra, è stato il dopo a essere difficile. Mi sono trasferito a Londra, mentre il suo nuovo lavoro lo costringeva a trasferirsi ogni due anni in uno stato diverso. Col tempo ho iniziato a pensare che sarebbe tornato da me perché aveva troppa paura per mettersi con un altro uomo. Sarei stato paziente, avrei aspettato, lui sarebbe tornato, pensavo, e avremmo ripreso a fumare alla finestra osservando il mondo ai nostri piedi, orgogliosi di noi stessi.

Ma quel momento non è mai arrivato. Una notte, mentre chiacchieravamo su Skype, mi ha confessato che si vedeva con una ragazza. Ho sentito la mascella cadere, lo stomaco stringersi. Non capivo.

Pubblicità

È solo una cosa così, mi ha detto. Un anno dopo ha detto la stessa cosa, ma ha aggiunto che non era una cosa seria. Un anno dopo ancora ha detto la stessa cosa, ma ha aggiunto che non aveva mica intenzione di sposarsi.

Alla fine ci sono arrivato. Volevo aspettare che lui la lasciasse, o che lei lasciasse lui—ma poi, quando mi sono fermato a pensarci, ho capito che non importava che lui fosse etero o gay, era comunque uscito dal mio mondo tempo prima.

È successo circa cinque anni fa, ed è stata la peggiore rottura della mia vita. Poter stare con una persona ferita e persa quanto me era incredibile. Ma quando lui ha deciso di tornare a vivere nell'inganno mi sono sentito abbandonato. Mi sentivo come se quell'amico con cui avevo intrapreso un viaggio lungo e difficile fosse stato nella mia testa fino a quel momento. Mi ci sono voluti anni per dimenticarlo, ma quando mi è arrivata la partecipazione al suo matrimonio ho fatto proprio come aveva fatto lui—non ho scelto, l'ho rispedita senza barrare una delle due opzioni. Avrebbe capito cosa intendevo.

Perciò nella mia esperienza è vero che ci vuole molto tempo per dimenticare un ex. Le ondate di rifiuto e miseria in cui ti ha precipitato continuano a scuoterti, perciò fa bene parlarne. Anzitutto come meccanismo di coping, e in secondo luogo perché è bello ricordarsi che un uomo che sembrava un principe Disney e che ora si gode la compagnia di una vagina ha sempre provato per me pura, travolgente attrazione.

Pubblicità

JAMES NOLAN

Ho 28 anni ma ho alle spalle solo una rottura seria perché ho avuto una relazione di sei anni. Ogni altra storia che ho avuto, in confronto, è niente. Certo, in altri casi ci sono stati lacrime e messaggi ubriachi nelle settimane e i mesi successivi, ma quando una persona esce dalla tua vita dopo un periodo così lungo in qualche modo consideri anche la rottura speciale; come se avesse le qualità che nel corso della storia dell'uomo hanno portato alla creazione di alcuni dei migliori (e dei peggiori) sonetti, romanzi etc.

Ho incontrato la mia ex quando avevo 21 anni. Come molti altri ragazzi della mia età ero un idiota—egotico, sociopatico e spaventato. La mia idea di relazione veniva dritta dritta da film come Sideways - In viaggio con Jack, in cui uomini come quello che stavo diventando venivano "salvati" da donne intelligenti e, casualmente, anche belle. Non avevo mai considerato che nelle relazioni (o nella vita) avrei dovuto fare altro che esistere in tutte le mie pecche e la mia geniale stupidità. Non avevo bisogno d'altro per una relazione stabile e salutare.

Il fatto che la mia relazione sia durata così a lungo e sia stata così stabile è merito della mia ex e del suo autolesionismo. Non voglio dire che sia tutta colpa mia, ma di sicuro quella sera di novembre in cui è tornata a casa dal lavoro e mi ha detto che ne aveva avuto abbastanza non ho potuto fare altro che alzare le mani e dichiararmi d'accordo. Ci conoscevamo troppo bene, a quel punto, per sperare che qualcosa potesse cambiare—dopo sei anni sai cosa sta succedendo, e se non va bene serve davvero uno sforzo troppo intenso per ingannarsi; o almeno, questo è quello che è successo a noi.

Pubblicità

I mesi successivi sono stati i più duri di tutta la mia vita. La morte di alcune persone care mi è stata meno dura da sopportare, e so che non mi giova dirlo né è accettabile: nessuno vuole sapere quanto male stai; vogliono che tu "ti ripigli" e "vai avanti", che va bene, ma se c'è una cosa che ho imparato è che per superare qualcosa devi, anzitutto, accettare il dolore.

All'inizio ho avuto una fase di negazione, mi dicevo che non mi mancava per niente. Ma non ci è voluto molto perché il dolore diventasse tale che per continuare a negarlo avrei dovuto fare cose ben più drastiche di quella che ho fatto—ovvero ammettere che avevo mandato tutto a puttane, e che era uno schifo, ma che se mi prendevo la responsabilità di cambiare avrei potuto incontrare qualcuno in futuro con cui non avrei mandato tutto a puttane di nuovo.

Mi è passata? Assolutamente no. Ma quando penso che questo dolore mi accompagnerà per sempre, non riesco a non vederci un lato positivo. Il dolore della perdita ti spinge ad andare avanti, ti fa migliorare. Forse, alla fine—quando avrò versato tutte le lacrime e mandato tutti i messaggi da ubriaco—sarò anche grato per quello che mi è successo.

JOE STONE

Secondo questo recente studio, gli uomini sono più portati a subire gli effetti negativi della rottura a causa della biologia, che li rende competitivi al massimo sulla questione partner. Per gli uomini gay succede che non solo stai lottando per non essere quello che muore solo ma anche per lo stesso compagno, e perciò non deve sorprendere che la mia prima rottura sia stata una vera merda. Una volta lasciati mi sono trovato a pescare nello stesso mare in cui aveva pescato il mio ex, perciò ho fatto la cosa più intelligente e sono andato a letto metodicamente con i ragazzi che sapevo gli piacevano e gliel'ho detto ogni volta perché così "non avrebbe dovuto saperlo da qualcun altro." Se questo fa di me uno psicotico, lui non è stato da meno: una volta ha portato a casa mia, la casa che condividevo con un nostro amico comune, un ragazzo perché casa sua era troppo lontano (ora quello non è più il mio coinquilino). Dato che vivevamo nella stessa zona e uscivamo negli stessi posti ci incrociavamo regolarmente. Finiva sempre che andavamo a letto o litigavamo, di solito entrambe le cose. Ovviamente quando si fermava a dormire da me, aspettavo che si addormentasse e poi gli controllavo Grindr per capire con chi chattava e incazzarmi con lui. A ripensarci è strano che nessuno abbia finito per uccidere l'altro. Avrebbe benissimo potuto succedere.

Mi è passata? Sì, ma mi ci è voluto un po' e probabilmente ancora soffro di disturbo post-traumatico da stress. Siamo stati insieme solo poco più di un anno, ma le ripercussioni sono state così terribili che per ufficializzare la mia successiva (e attuale) relazione ci ho messo due anni. Penso che il modo in cui ci siamo lasciati dica molto dei problemi della nostra relazione—risentimento, insicurezze, manie di controllo. Spero che l'età e l'esperienza non mi facciano ripetere i miei sbagli, e di certo oggi non mi comporterei più così. Penso che neanche lui lo farebbe, e dopo cinque anni siamo amici. Probabilmente il fatto che siamo entrambi fidanzati aiuta. E che lui non ha mai scoperto che sono andato a letto con suo padre (LOL scherzo).

Segui David, Chris, James, e Joe su Twitter.

Segui la nuova pagina Facebook di VICE Italia: