FYI.

This story is over 5 years old.

News

Aggiornamenti dalla Siria, decima settimana

Un'altra settimana di violenza è passata, ma la comunità internazionale continua a non prendere posizioni decise contro il presidente Siriano.

Gli eventi dell'ultima settimana in Siria sono stati l'ennesimo attestato dell'incapacità della comunità internazionale di prendere posizione contro Bashar al-Asad e il suo evidente disprezzo per tutto ciò che abbia un che di ragionevole—come il piano di pace di Kofi Annan, tanto per fare un esempio.

A conferma della gravità della situazione, lunedì è giunta notizia che le truppe siriane avrebbero aperto il fuoco lungo il confine con la Turchia contro il campo profughi di Kilis, ferendo almeno quattro persone. Secondo il Guardian, l'attacco avrebbe portato il premier turco Tayyip Erdogan a considerare contromisure significative. In ogni caso, le sue parole non si sono ancora tradotte in fatti.

Pubblicità

Secondo il piano di pace di Annan, la Siria avrebbe dovuto ritirare le truppe dalle principali città entro martedì 10 aprile. In quella sola giornata, i Comitati Locali di Coordinamento hanno riferito della morte di 101 persone.

È strano che qualcuno (e soprattutto Annan) possa aver creduto in un'improvvisa svolta pacifista di Asad, quel Bashar al-Asad che ha trascorso gli ultimi mesi a sterminare la popolazione con l'appoggio di Russia, Cina e India. Purtroppo, nessuno comprende la situazione meglio dei siriani—come dichiarato da un attivista, “Vogliamo solo che questo regime finisca. Non possiamo dimenticare le stragi avvenute in quest'ultimo anno, né la repressione degli ultimi 40 anni.”

Il “cessate-il-fuoco” previsto dal piano di pace era rivolto sia ad esercito regolare che a Esercito Siriano Libero, e sarebbe dovuto entrare in vigore giovedì alle sei del mattino. Eppure, le stragi non si sono fermate. In effetti, sembra che il regime abbia interpretato il “cessate-il-fuoco” come “bombardate la città di Homs”, dove quello stesso giovedì, gli attacchi sono iniziati alle 5.45 del mattino per proseguire per i 45 minuti successivi.

Nella giornata di giovedì si è inoltre assistito a diverse manifestazioni in tutto il Paese. Come prevedibile, molti manifestanti hanno subito attacchi da parte delle milizie del regime:

In molti casi, pur avendo sotto gli occhi prove che dimostravano il contrario, i media hanno dato notizia di un'effettiva tregua.

Pubblicità

Dal cessate il fuoco, le violenze sono tornate a livelli “normali”, con la ripresa dei bombardamenti su Homs e altre città.

Venerdì 13 è stato un giorno particolarmente sfortunato per gli attivisti, dal momento che molte manifestazioni sono state fermate dalle truppe del regime (anche se in modo abbastanza pacato):

Uno dei manifestanti di Homs ci ha trasmesso il seguente comunicato:

Dalla maggior parte dei quartieri di Homs, la gente_ si è fatta strada tra le macerie per far sapere al mondo che non si è arresa. In occasione del venerdì denominato “una Rivoluzione per tutti i siriani”, persone di ogni genere sono arrivate da tutto il Paese per marciare mano nella mano e far sapere a tutti che ciò che vogliono è la caduta del regime. Sono scese in strada accompagnate dai membri dell'Esercito Siriano Libero, per dimostrare la loro lealtà alla promessa di cessare il fuoco, nonostante negli ultimi due giorni il regime di Asad abbia ripetutamente violato l'accordo.”_

Il giorno successivo, un cameraman particolarmente temerario ha scovato una delle postazioni usate per bombardare le aree ribelli della città di Homs:

Nel complesso, l'Esercito Siriano Libero ha mantenuto un profilo abbastanza basso, pur non avendo mai aderito in via ufficiale al piano di pace di Annan. Questo non gli ha impedito di concedersi un giro su un nuovo carrarmato:

Il rallentamento delle attività da parte dell'Esercito Siriano Libero può essere visto come un tentativo di osservare la tregua e di rispettare la strategia dell'“attaccare solo quando si viene attaccati”, ma ciò non esclude problemi nei rifornimenti di armi e munizioni. Credo sia impossibile saperlo con certezza, ma il Washington Institute ha tenuto una conferenza per cercare di far chiarezza:

Pubblicità

Il relatore arriva alla conclusione che varrebbe la pena fornire all'esercito ribelle strumenti violenti e non violenti, per aiutarli nel tentativo di abbattere il regime.

L'analisi ci informa inoltre che:

  • L'Esercito Siriano Libero è costituito da circa 150 formazioni, con un numero di soldati che va dai 3 a 14mila.

  • Ci sono migliaia di altre persone pronte a entrare nei ranghi. Hanno solo bisogno di armi e munizioni.

  • Si sta procedendo alla creazione di comitati per un migliore coordinamento delle azioni dell'Esercito.

  • Fino ad ora, otto generali dell'esercito di regime sono passati al fianco dell'Esercito Siriano Libero.

  • L'Esercito Siriano Libero è presente in 11 delle 14 province siariane.

  • L'esercito del regime sta facendo “terra bruciata” attorno all'Esercito Siriano Libero per bloccare gli approvvigionamenti.

  • Il governo non è interessato a un accordo diplomatico con l'Esercito e punta piuttosto a schiacciarlo militarmente, da qui il continuo ricorso all'artiglieria e agli attacchi aerei.

  • Il regime ha un esercito di terra composto da circa 100.000 soldati (molti meno degli stimati 600.000) e fino ad ora ha dispiegato circa l'80 percento del suo potenziale.

La comunità internazionale sembra tuttavia lontana dall'applicare le misure suggerite dall'analisi del Washington Institute. Per ora, il Consiglio di Sicurezza ONU ha deciso di inviare a Damasco un gruppetto di osservatori disarmati, che verranno poi raggiunti da altri 24, col fine di monitorare la “tregua”. Il tutto per un Paese con più di 20 milioni di abitanti.

Pubblicità

L'aggiornamento della settimana scorsa includeva un paragone tra la situazione odierna in Siria e la guerra in Bosnia. Ora, perché tutto coincida manca solo il fallimento di quest'ultima missione.

Altre novità:

- Dopo le continue violazioni dell'accordo di pace da parte della Siria, gli Stati Uniti hanno accennato alla possibilità dell'istituzione di una zona cuscinetto.

- Daniel Byman, del Brooking Institute, ha dichiarato che armare i ribelli è ormai inevitabile: “È solo una questione di tempo. All'inizio si trattava di diplomazia, poi di una campagna diplomatica coordinata, e ora di aiuti umanitari. È un'escalation continua.” Gli Stati Uniti hanno già fornito ai ribelli 25 milioni di dollari in aiuti umanitari, attrezzature per le comunicazioni satellitari e occhiali per la visione notturna. “Il prossimo passo," ha continuato, "è l'aiuto militare.”

- La Journeyman Pictures ha realizzato un documentario che esplora la vita dei soldati nell'esercito di regime. Il filmato, basato sulle testimonianze di coloro che hanno disertato per entrare nell'Esercito Siriano Libero, mette in luce la propaganda destabilizzante che viene imposta ai soldati per convincerli a uccidere i civili.

- Ad Aleppo, l'Esercito Siriano Libero ha organizzato il proprio Tour de France in versione motociclistica.

Per aggiornamenti continui, vi consigliamo di seguire questi account Twitter: @syriahr

@LeShaque

@AlexanderPageSY

@Arab SpringFF

Seguite Henry su Twitter: @Henry_Langston

La scorsa settimana: Aggiornamenti dalla Siria - Nona settimana