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Avevamo tutti sbagliato

Molti di noi, quelli che avevano seguito i sondaggi e ascoltato gli esperti, pensavano di sapere cosa stava per succedere. Eppure stamattina in Italia ci siamo svegliati e Donald Trump era presidente degli Stati Uniti. Cos'è successo?

Membri dello staff di Hillary Clinton durante la notte elettorale a New York. Foto di Jason Bergman.

Dopo la chiusura dei primi seggi ieri sera ora americana, milioni di americani si sono radunati intorno alle televisioni, nei bar, e chinati sui loro telefonini. Molti di noi, quelli di noi che avevano seguito i sondaggi e ascoltato gli esperti, pensavamo di sapere cosa stava per succedere. Donald Trump, l'uomo accusato da molte donne di molestie, l'uomo che aveva promesso di costruire un muro sul confine messicano e impedire ai musulmani di entrare nel paese, stava per prendere una bella batosta. E non solo in senso elettorale—stava per essere umiliato nel modo più netto, in una sorta di catartico momento di risveglio americano.

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E invece, i media e la loro saccenza sono stati umiliati. I giornalisti, i sondaggisti, la maggioranza dei liberali e di quelli a sinistra che scrivono su internet—nessuno di loro ha visto questo mare di merda avvicinarsi.

Quando i risultati iniziali hanno cominciato a essere pubblicati sui siti di news e mandati in onda sui canali televisivi, è subito stato chiaro a tutti che non sarebbe stata una lotta facile per i democratici. L'altra cosa che è stata chiara fin da subito è stata che ci sono un sacco di persone bianche incazzate in America.

Negli ultimi anni, molti pensatori democratici si sono dichiarati ottimisti riguardo al futuro del partito, basandosi sui segnali positivi che venivano dalla comunità latina e anche da quella bianca. Questi avevano preparato il campo in stati fondamentali (i cosiddetti swing state) come Virginia, North Carolina e Colorato, e il fatto che Barack Obama li avesse vinti tutti e tre nel 2008 sembrava un messaggio positivo: l'idea di conservatorismo basato sull'identità bianca era agli sgoccioli, e si faceva strada una nuova idea di integrazione e inclusione. La vittoria di Obama del 2012 (che allora perse per pochi voti la North Carolina, ma vinse comunque agevolmente) sembrava rinforzare l'idea che i Repubblicani non avrebbero avuto la meglio tanto presto, anche se la predominanza nelle aree rurali li manteneva comunque forti al Congresso.

Il messaggio di stanotte è in realtà chiaro: le statistiche non rappresentano il destino certo. O almeno, non ancora.

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Quei cittadini spesso identificati nel cluster bianco razzista e misogino che dovrebbe essere sulla via dell'estinzione si sono affermati con forza, stanotte. Un'affluenza elettorale maggiore di quella attesa ha più che compensato la spinta iniziale e il sostegno della comunità latina che avevano favorito Clinton negli stati divisi. E se alcuni sostenitori di Clinton fanno in fretta a dire che sostenere Trump è segno di pregiudizi e ignoranza duri a morire, ovviamente c'è dell'altro.

"Non credo serva a qualcosa dire che si stanno scontrando la rabbia verso l'economia reale e la rabbia contro la cultura," mi ha detto Theda Skocpol, politologa e sociologa di Harvard, a proposito dei sostenitori di Trump. "Penso che sia stato più decisivo il senso di essere sempre bypassati, una sensazione di invisibilità a cui Trump ha dato voce."

È facile dare la colpa della sconfitta di Clinton almeno in parte all'aura di scandalo che, a torto o a ragione, l'ha circondata per tutta la campagna. Ma—si pensava—nonostante le sue debolezze, gli elettori ispanici sarebbero stati arrabbiati e terrorizzati dalla possibilità di una vittoria di Trump e avrebbero salvato tutto, no? Nei giorni immediatamente precedenti al voto si parlava solo di quanto Clinton stesse sfruttando bene ogni possibilità di portare i suoi sostenitori alle urne, cosa che sembrava dovesse valerle la vittoria.

"Ma probabilmente questo ha fatto sì che le persone che abitano in aree rurali ed extraurbane pensassero che c'era bisogno anche della loro mobilitazione per combattere Clinton," ha suggerito Skocpol. "Penso che i sondaggisti non abbiano considerato questo dato—la partecipazione elettorale in questo caso è andata ben oltre le loro aspettative" nell'America rurale.

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La professoressa arriva così a un altro punto cruciale della politica americana: quella secondo cui i sondaggi funzionano. Di solito sono accurati, o almeno lo sono stati alle ultime elezioni nazionali: gli osservatori politici erano abbastanza sicuri che Obama avrebbe vinto nel 2008 e nel 2012 e i sondaggi negli stati chiave si sono dimostrati quasi sempre accurati. E sempre i sondaggi avevano anticipato che i Repubblicani avrebbero riconquistato il Congresso nel 2010. E, con l'eccezione della sconfitta a sorpresa di Clinton in Michigan, sono stati abbastanza accurati anche durante le primarie di quest'anno.

Ma qualcosa è andato tremendamente storto nella notte elettorale. E i sondaggisti sono i primi ad ammetterlo candidamente.

"Dobbiamo ancora capire cos'è successo," mi ha detto Celinda Lake, una delle più importanti sondaggiste pro-Democratici. Ha proseguito dicendo che nei sondaggi condotti quest'estate dalla sua compagnia aveva notato una tendenza a voti "nascosti" o "segreti," e che i sondaggi online catturavano più consenso per Trump rispetto a quelli telefonici. Potrebbe trattarsi di una versione pro-Trump del "Bradley Effect", dal nome del sindaco democratico di Los Angeles che nel 1982 tutti i sondaggi davano per vincitore nella corsa per governatore della California da cui poi, nei fatti, uscì sconfitto. Stando a quanto ritengono oggi molti esperti, la spiegazione di questa discrepanza stava nel fatto che nei sondaggi telefonici gli elettori bianchi non volevano ammettere di non voler votare un candidato nero per non sembrare razzisti.

Trump ha sempre sostenuto che i sondaggi fossero sbilanciati in favore di Clinton, e mentre scrivo è chiaro che avesse ragione: ha vinto molti stati in cui la sua avversaria era data per vincente. Potremmo essere davanti alla scoperta più inquietante in un'era di crescita apparentemente infinita delle conoscenze e delle capacità scientifiche: forse non siamo in grado di capire da che parte pende l'opinione pubblica. Forse una nazione come l'America è solo un grande mistero.

Certo, non dimentichiamoci che anche se Trump ha vinto la presidenza potrebbe sempre perdere l'appoggio dell'opinione pubblica. "Non credo che la lezione di oggi sia che tutti gli americani supportano Donald Trump," mi ha detto Skocpol. "Anzi, li preoccupa molto, il che significa che la sua presidenza sarà in un certo senso anche più fragile di quanto non sarebbe stata quella di Hillary."

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