Blair Witch Project
Illustrazione di Katherine Killeffer.

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Attualità

La leggenda di The Blair Witch Project continua a tormentare i suoi attori

Girato nel corso di otto giorni con un budget irrisorio, The Blair Witch Project fu una delle prime grandi campagne di viral marketing. Ma la sua leggenda ha avuto anche conseguenze molto meno piacevoli sugli attori.

Tutto è iniziato nel 1999 con un film che, girato nel corso di otto giorni con un budget irrisorio, ha incassato 248 milioni di dollari—cifra che al momento della stesura di questo pezzo colloca Blair Witch Project al quinto posto nella classifica dei guadagni più alti nella storia del cinema indipendente.

Quell'anno milioni di spettatori erano accorsi nei cinema per vedere quello che credevano un filmato autentico, convinti da un finto sito creato dal regista Eduardo Sanchez prima dell'uscita di Blair Witch Project. Il film era rapidamente diventato una leggenda metropolitana, e anni dopo c'è ancora chi crede che sia un documentario. L'ubiquità culturale del film aveva fatto passare in secondo piano le ingegnose tecniche di produzione, che hanno poi influenzato diversi film del tipo "falso documentario", vedi Paranormal Activity, e gettato le basi per una delle prime grandi campagne di viral marketing della storia di internet.

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Se tutto ciò si è tradotto in un certo successo per la produzione, la leggenda che ha accompagnato il film ha spesso avuto conseguenze meno piacevoli, soprattutto sul cast. Abbiamo incontrato gli sceneggiatori, i registi e gli attori di Blair Witch Project per ricordare come tutto è iniziato.

Eduardo Sanchez e Dan Myrick si sono conosciuti a inizio anni Novanta, quando entrambi erano studenti di cinema alla University of Central Florida.

GLI INIZI

Eduardo Sanchez, sceneggiatore e regista: Era un fine settimana, ci siamo messi a parlare di horror e abbiamo finito per noleggiare tutti quelli che ci avevano terrorizzato quando eravamo più piccoli, insieme a documentari e serie TV. Cose come Gli extraterrestri torneranno o The Legend of Boggy Creek. Per me, e per Dan, film del genere funzionavano perché presentavano la "realtà." Così ci siamo chiesti, "Ma una cosa del genere sarebbe possibile oggi?"

Dan Myrick, sceneggiatore e regista: E da lì ci siamo messi a pensare a quanto avrebbe fatto paura ambientare lo stesso tipo di storie in una vecchia casa in mezzo ai boschi. Un contesto in cui non c'è via di uscita. Ci sembrava un'idea interessante, e nel corso dell'anno successivo abbiamo iniziato a ragionare sulle premesse: perché i protagonisti si ritrovano lì? All'inizio si trattava di un gruppo di escursionisti in giro per boschi. O di una setta.

Sanchez: Ci premeva che la storia apparisse vera. Volevamo che la gente dicesse, "Sì, è una cosa che potrebbe benissimo succedere." Ma non volevamo nemmeno spingerci troppo oltre, o far sì che il pubblico volesse in qualche modo smontare la vicenda. Ci serviva qualcosa di credibile.

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Myrick: Uno dei nostri riferimenti è stato il folklore americano. Tipo il Triangolo delle Bermude, un'area misteriosa collegata a storie di sparizioni e teorie cospirazioniste. E poi il folklore della Guerra Civile americana, quello dei Nativi americani.

Sanchez: Ce lo immaginavamo ambientato nel Maryland. Dan stava a Orlando, ma lo sapevamo, ci dicevamo, "No, non è una roba da Florida."

IL CAST

Con l'aiuto del producer Greg Hale, Myrick e Sanchez si misero al lavoro su un video di pochi minuti da presentare a potenziali finanziatori. Alla fine, il video fu venduto alla serie tv Split Screen, e il ricavato—insieme a donazioni di amici, famigliari e ai soldi guadagnati da Myrick lavorando per Planet Hollywood—fu utilizzato per avviare le riprese. Il cast fu costruito attraverso attori con esperienza nell'improvvisazione.

Sanchez: Sapevamo che se chi guardava avesse anche solo per un secondo avuto l'impressione che le persone sullo schermo stavano recitando, se fosse sembrato un film, avremmo perso il pubblico. Quindi era fondamentale che gli attori sapessero improvvisare. Facevamo entrare gli attori e li bombardavamo di domande. La regola era: "Il provino inizia appena metti piede nella stanza." Con molti ha funzionato, con altri no. Molti entravano e non capivano.

Heather Donahue, attrice: Avevo una mia compagnia di improvvisazione, la Red Shag, e facevo teatro. Dan, Ed e Greg sottoponevano ai vari candidati degli scenari ipotetici: nel mio caso, per esempio, la richiesta era stata, "Sei in carcere perché hai ucciso tuo figlio, hai scontato metà della pena. Devi convincere i tuoi interlocutori a farti uscire." Io li guardai e risposi, "Non dovreste farmi uscire." Penso di essere stata l'unica a dare quella risposta, e così ho ottenuto la parte.

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Joshua Leonard, attore: Io mi sono ritrovato dentro Blair Witch perché avevo un po' di esperienza come attore e sapevo maneggiare una cinepresa. Ero in uno di quei momenti che saranno capitati a tanti ragazzi a New York, mi dicevo, Magari faccio il fotografo, o il regista, o magari mi metto a scrivere, a recitare…. Seguivo l'ispirazione del momento.

IN MARYLAND

Alla fine furono Heather Donahue, Joshua Leonard e Michael C. Williams ad aggiudicarsi la parte, e ai personaggi furono dati i loro stessi nomi. Tutta la produzione si spostò poi in Maryland per gli otto giorni di riprese—prima nella città di Burkittsville e poi in diversi parchi. Gli attori dormivano in tenda e ognuno registrava il suo girato.

Donahue: I miei pensavano che fosse una cattiva idea andarmene nei boschi con un gruppo di sconosciuti. Mia madre voleva i loro numeri di previdenza sociale, e diversi miei amici mi suggerivano di comprare un coltello. Viste le premesse, pensavo sarebbe stata molto più dura. Pensavo che avrei dovuto scuoiare uno scoiattolo.

Leonard: Io ero troppo fatto per essere preoccupato.

Myrick: I rumori di fondo e tutto il resto li facevamo noi semplicemente spostandoci nell'erba. Nella scena in cui si svegliano e trovano dei cumuli di pietre fuori dalle tende… eravamo stati noi a metterli. E lo stesso vale per le sculture di legno. In pratica, si muovevano all'interno di un set allestito intorno a loro 24 ore su 24. Noi preparavamo tutta la scena, e loro seguivano le nostre indicazioni. Avevano ognuno un GPS, così da sapere quando e dove andare. Li disturbavamo dall'esterno delle tende, facevamo rumori di bambini che giocano, facevamo rumori anche di notte…

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Donahue: Ci avevano detto che la nostra sicurezza veniva prima di tutto, ma lo stesso non valeva per la nostra tranquillità. Si lavorava 24 ore al giorno. Sapevamo che sarebbe stato difficile. Sapevamo che doveva esserci una strega. Sapevamo che ogni volta che ricevevamo delle istruzioni, queste erano pensate per creare il caos, e sapevamo di dover girare il più possibile.

Myrick: A Mike e Josh avevamo accennato qualcosa a proposito della strega di Blair, ma Heather era l'unica a essere al corrente di tutta la vicenda. Sapeva tutto quello che c'era da sapere sulla strega di Blair, perché volevamo che gli altri attori si chiedessero, "Perché siamo qui? Cos'è questa storia della strega?" Volevamo che si facessero queste domande e che rimanessero all'oscuro del progetto alla base del loro documentario scolastico.

Sanchez: Gli attori erano bravi, non si facevano intimidire. Si fidavano di noi, e forse è stato proprio questo il nostro traguardo più importante, il poter dire agli attori, "Vi faremo questo e quello, dovrete passare intere giornate nel bosco, e di notte vi terremo svegli…" E loro si fidavano.

IL MITO

Proprio come la leggenda del Blair Witch Prject, anche la produzione del film ha dato vita ad alcune storielle. C'era chi diceva che durante molte scene i registi non facessero altro che piangere perché convinti della genuinità della leggenda. La vita da set, nella realtà, era molto più tranquilla.

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Leonard: Nei boschi non c'erano bambini fantasma. Quindi posso dire con certezza che quella parte non era vera.

Donahue: Il cumulo di pietre non faceva paura di per sé. Dovevamo semplicemente credere alle circostanze del copione, proprio come in ogni ruolo.

Myrick: Li stuzzicavamo, li punzecchiavamo… ma non direi che li spaventavamo. La scena finale con la casa, per esempio, sembra un'unica ripresa. C'è Heather che urla, sembra non sia più presente, ma in realtà la scena è stata girata a più riprese e nel corso di due giorni—è stata una delle parti più tradizionali del film. Dovevamo spostarci facendo attenzione che non si facesse male nessuno, era tutto molto più studiato. Nessuno aveva paura, ma eravamo tutti molto stanchi. La paura sulle loro facce è tutta recitazione.

Leonard: Quando recitavi dovevi essere consapevole che non c'era troppo tempo. Ma penso anche che le tecniche che Ed, Dan e Greg usavano per trasportarci in uno stato di disagio e caos fossero, diciamo… molto materiali. Avevamo effettivamente fame, faceva freddo, eravamo stanchi—e questo ha influito sul modo in cui apparivamo sullo schermo.

Myrick: Non li abbiamo mai lasciati a stecchetto, ma diciamo che sì, hanno patito un pochino la fame.

Donahue: Avevamo una parola che dovevamo usare quando volevamo uscire dalla parte, bulldozer. Una specie di safe word. Con la crew era quella, mentre tra noi attori usavamo "taco". Un giorno, dopo aver scarpinato per ore sotto la pioggia, siamo arrivati alle tende indicate dal GPS, ma dentro ci abbiamo trovato un dito d'acqua. E lì abbiamo perso la pazienza. "Così è troppo. Siamo attori, non si può andare avanti così. Basta!" Così ci siamo attaccati alla radio e abbiamo iniziato a dire "Bulldozer, bulldozer, bulldozer!" Ma erano a cena, non ci hanno sentiti. Così siamo tornati indietro e abbiamo bussato alla prima casa che abbiamo trovato. Volevano che fossi io ad andare avanti, perché erano convinti che a quell'ora nessuno si sarebbe fidato di due uomini. Così ho bussato e ho esordito con, "Buonasera. Dovremmo essere nei boschi a far finta di perderci, ma non ci siamo. Abbiamo bisogno del telefono." Quella notte abbiamo dormito in hotel.

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L'IMPREVISTO

Alcune delle scene migliori e più spaventose non erano state preparate, mentre altre non sono riuscite, alterando così il corso del film e cambiando la mitologia della strega di Blair—come per la scena del monologo in cui Donahue piange rivolta alla telecamera. A film realizzato, il suo volto ne è diventato il poster.

Myrick: La nostra idea era di inserire una scena in cui un ragazzo—un nostro amico—sarebbe dovuto apparire sullo sfondo, per permettere alla telecamera di riprenderlo giusto per un attimo, in lontananza. Gli avevamo fatto mettere dei leggings bianchi e lo avevamo piazzato tra gli alberi. È la scena in cui Heather corre terrorizzata, ma alla fine la ripresa non è riuscita. Mi sentivo persino un po' in colpa per il nostro amico, perché faceva freddo e lui è pure caduto in acqua. Per ripescarlo ci siamo dovuti spogliare. Tanto lavoro per poco o niente, ovvero il monologo finale di Heather.

Sanchez: Non sapevamo che quella parte sarebbe diventata così rappresentativa del film. Tra l'altro, anche Williams avrebbe dovuto fare lo stesso. A Heather avevamo detto, "Non bisogna spaventare Mike, quindi portati la videocamera, mettiti da qualche parte vicino alla tenda e dai l'addio a tutti. Perché sai che morirai." Quindi in pratica Heather sapeva qual era il suo destino, ma poi ha fatto tutto da sola. Noi non la stavamo seguendo durante quella scena, e quando l'abbiamo vista sullo schermo non potevamo credere ai nostri occhi."

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Donahue: In pratica: il mio personaggio sapeva di stare per morire, e sapeva che probabilmente anche Josh era già morto. Sapevo che anche Mike sarebbe morto, ed era colpa mia. Quindi il mio monologo è stato molto diretto. In più mi rendevo conto che correvo e correvo ma non sapevo dove stessi andando, mi colava pure il naso. Potendo tornare indietro cambierei sicuramente alcune cose. Per esempio, non userei più il mio vero cognome. Anche tenere la telecamera un po' più lontana dalla faccia non sarebbe stato male.

Leonard: Abbiamo optato per l'idea del found footage perché il budget non ci offriva molte alternative, e in un certo senso giustificava quell'estetica. Allo stesso modo, sapevamo che esagerare, essendo la nostra una piccola produzione, non avrebbe funzionato. Avevamo una telecamera da 300 dollari e l'altra non l'avevamo nemmeno pagata, quindi mi fa sempre un po' strano quando una grossa produzione vuole fare qualcosa di finto improvvisato e fallisce così miseramente.

QUANDO TUTTI TI CREDONO MORTO

Dopo aver girato, Myrick e Sanchez hanno passato mesi a editare il materiale e a condensare tutto in un film di 81 minuti poi accettato al Sundance Film Festival, dove l'ormai defunta Artisan Entertainmente ne aveva comprato i diritti per la distribuzione. Sanchez aveva creato un sito per convincere il pubblico che il film fosse stato creato a partire da materiale trovato per caso. Al momento della pubblicazione, la Artisan aveva tenuto nascosto il cast e modificato le pagine IMDB degli attori perché ci fosse scritto che erano morti. La bufala era diventata virale e la madre di Donahue aveva ricevuto un sacco di lettere di condoglianze.

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Donahue: Se il fatto di essere morta ha influenzato la mia carriera? Certo, in negativo.

Leonard: È stato stranissimo, la gente chiamava a casa e chiedeva, "Josh sta bene?" Ma per quanto riguarda la mia carriera, prima del film non ero noto. Il mio caso non era quello di un attore di cui all'improvviso circola la notizia della morte.

Sanchez: Una volta che il film esce, tu che l'hai fatto non ne hai più il controllo. La Artisan ci disse: "Vogliamo venderlo come se fosse tutto vero, vogliamo tenere nascosti gli attori per qualche settimana." A quel punto abbiamo pensato, "Sì, può funzionare!" Probabilmente non era il modo in cui l'avremmo gestita noi, ma ha funzionato. Questa scelta gli ha fatto fare un sacco di soldi.

Leonard: Penso che chi ha fatto il sito per cui la Artisan si è presa i meriti potrebbe essersi incazzato un minimo. La cosa veramente interessante è che da vent'anni mi capita che persone—anche persone che non hanno nulla a che fare con l'industria del cinema—mi dicano, "Oddio, quel film ha avuto una campagna marketing fantastica." È strano perché la campagna marketing di un film di solito è una cosa da addetti ai lavori. Penso che la Artisan abbia preso un'idea che esisteva già e abbia fatto un ottimo lavoro a svilupparla e renderla più grande alimentando il senso di mistero che circondava il film. Ma l'idea di base c'era già nel momento in cui gli autori del film si sono messi in contatto con me.

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LE POLEMICHE

The Blair Witch Project ha incassato 248 milioni di dollari e all'inizio la critica l'ha incensato. Myrick e Sanchez hanno persino vinto un Independent Spirit John Cassavetes Award, ma l'enorme popolarità e le polemiche che ne sono seguite hanno avuto pesanti conseguenze sul cast e sugli autori.

Sanchez: Poco dopo l'uscita del film è stato il momento delle polemiche. La gente si aspettava che fosse diverso. Si aspettavano un film horror molto più convenzionale. Quando hanno visto che non era così, perché Blair Witch non è un film horror tradizionale, hanno iniziato a dire, "Ci hanno presi in giro, pensano che siamo stupidi!" Ma a quel punto il film aveva già incassato un sacco di soldi e avuto un sacco di successo, per cui non ci importava più di tanto. Ma come registi, ci dava fastidio che lo prendessero così perché era il nostro film.

Myrick: Penso che polemiche di questo tipo siano naturali. Alcune delle migliori recensioni ricevute dal film sono quelle uscite per prime, quando ancora non c'erano aspettative e la gente lo guardava più tranquilla. C'è questo circolo vizioso per cui quando una cosa viene spinta troppo smette di essere bella.

Leonard: Quando la gente scopriva che era mio, molti mi dicevano, "L'ho odiato! Rivoglio i miei dieci dollari!" E io rispondevo, "Non so perché me lo dite." Non abbiamo mai fatto questo film perché diventasse un prodotto di massa.

Donahue: È difficile parlare delle critiche per me perché sono state molto personali. Mia madre che riceveva biglietti di condoglianze, gente che mi fermava per strada per dirmi che era un peccato non fossi morta davvero e che rivoleva indietro i soldi, cose così. Una volta stavo guidando a Los Angeles e la mia Toyota Celica dell'84 si è rotta proprio sotto un cartellone pubblicitario con la mia faccia. È stato un momento surreale.

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Sanchez: Per quelli che l'hanno capito è stata un'esperienza unica e molto intensa. Per quelli che non l'hanno capito, solo un'accozzaglia di filmati a caso.

Donahue: Io non avevo esperienza come regista, come si può vedere dal fatto che mi trema sempre la mano. A quanto pare a molte persone che hanno visto il film è venuto da vomitare, e mi dispiace.

LA LEGGENDA

Anche se il film è stato girato oltre 15 anni fa, la leggenda di Blair Witch prosegue e molti fan continuano a credere che la storia raccontata del film, se non proprio il film in sé, sia vera.

Sanchez: Una volta la Artisan ha fatto un sondaggio tra i fan per scoprire quanti di loro credevano che la storia della strega di Blair fosse vera, e il risultato è stato folle, tipo che il 50 percento delle persone ci credeva davvero.

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Donahue: Su internet c'è persino una teoria del complotto secondo cui gli attori sarebbero morti davvero e noi saremmo stati ingaggiati per sostituirli così da non far finire in galera i produttori del film.

Myrick: Penso che semplicemente sia nella natura umana voler credere che là fuori ci sia qualcosa di soprannaturale in grado di influenzare le persone—che sia il triangolo delle Bermude, gli UFO o i fantasmi. È nel nostro DNA. Blair Witch è una delle tante manifestazioni di questa cosa, per cui la gente continuerà sempre a credere che qualcosa di quanto racconta il film sia accaduto veramente.

Sanchez: E poi noi siamo bravi a mentire. Siamo bravi a inventarci cazzate.

I RIMPIANTI E IL FUTURO

Dopo il successo del film, il cast e gli autori hanno avuto diverse carriere a Hollywood. Sanchez e Myrick hanno diretto altri film horror, Leonard ha lavorato come attore, Donahue ha recitato in qualche altro film prima di lasciare la carriera nel cinema per diventare una produttrice di marijuna medica, anche se tuttora ogni tanto lavora a dei film. Il suo più grande rimpianto, dice, è aver usato il suo vero nome per il suo personaggio, il che le rende impossibile sfuggire al franchise di Blair Witch. Nel nuovo film il protagonista si chiama James Donahue ed è il fratello del suo personaggio.

Donahue: [Il successo del film] è qualcosa con cui tutti dobbiamo convivere sempre, come un tumore o un tatuaggio. È una cosa che c'è sempre, è sempre lì. Ultimamente è diventato meno opprimente, ma adesso che sta per uscire un altro film sta tornando presente—almeno nel caso mio e della mia famiglia, perché è pesante anche per loro. A mia madre chiedono tutt'ora delle lettere di condoglianze che riceveva all'uscita del film. I colleghi di mia sorella le chiedono, "Ma tua sorella è quella del film? Hai davvero un fratello che si chiama James?" Be' no, ma James è comunque il nome di mio padre. C'è scritto sulla mia pagina Wikipedia.

Myrick: In quanto artista, parte del motivo per cui fai un film è la volontà di lasciare un segno, influenzare le persone e Blair Witch l'ha fatto. Sarò sempre grato di aver potuto avere una parte in questo progetto e di poter essere ricordato per questa cosa. Magari non per tutto quello che ho fatto, ma almeno per questo. Non tutti i registi hanno questa fortuna.

Donahue: Oggi tutti i film che fingono di essere fatti con "video ritrovati" sono film che hanno veri budget e a cui manca la stessa attitudine punk che aveva Blair Witch. Non avremmo potuto fare quel film con attori professionisti, non c'erano pause pranzo, giravamo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, senza nessuno che desse istruzioni. Era tutto molto grezzo, cosa che non puoi fare in un contesto più serio e professionale. È questa la vera sfida di questo genere di film. Non si riesce più a catturare quella cosa folle che era l'internet dell'epoca.

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