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Il porno italiano al femminile è interessante per la trama

Le Ragazze Del Porno è un progetto di cortometraggi porno d'autore girati da dieci registe italiane. Questa settimana a Milano ci sono stati i casting per il primo corto e noi ci siamo stati.

Foto di Niccolò Carradori.

​Avete presente quella strana atmosfera di comunità e vicinanza tra perfetti sconosciuti che si instaura nelle sale d'attesa di medici e uffici pubblici? Quelle occasioni in cui persone che non si sono mai viste prima sentono di condividere qualcosa, in virtù del semplice fatto che si trovano tutte nella stessa stanza e che stanno aspettando tutte la stessa cosa. Ecco. Ora pensate a un casting per attori porno, e mentre leggete il resto dell'articolo, provate a tenere bene a mente il risultato di quest'operazione.

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​Le Ragazze del Porno è un progetto di "cortometraggi porno d'autore" girati da dieci registe italiane. Si rifà a ​Dirty Diaries, un progetto di pornografia al femminile della regista svedese Mia Engberg: del progetto di Engberg, le RDP condividono ​il manifesto, che si basa sulla lotta a sessismo e patriarcato e sulla liberazione della sessualità femminile dagli stereotipi in cui è imprigionata.

Lo scorso 5 e 6 novembre, le RDP avevano organizzato un primo casting (a Roma) per trovare gli attori che reciteranno in questi cortometraggi. Nello specifico, cercavano un attore "di età scenica 25-30 anni, di bella presenza, affascinante, disposto a scene di nudo e sesso completo non simulato," di un'attrice "di bella presenza, elegante e ben curata," e di un'altra attrice "non necessariamente bella, fisicamente forte, che interpreterà un ruolo animalesco." Questo fine settimana si è tenuto un secondo casting, stavolta a Milano. Così, ho deciso di andarci per vedere chi avrei incontrato e per capire come funziona la pornografia al femminile.

L'interno di Macao.

I provini si svolgevano a Macao—per chi non lo conoscesse, è un centro culturale autogestito in una palazzina liberty, un luogo che concilia le suggestioni della fantascienza post-apocalittica con un'enorme caffettiera rosa sul terrazzo. Quando sono arrivato, in tarda mattinata, nella sala d'attesa accanto alla stanza in cui si svolgevano i provini c'erano altre tre persone. Di queste, solo un ragazzo era lì per sostenere il provino: le altre due erano una sua amica che lo accompagnava e una blogger. Prima del mio arrivo si erano già svolte due audizioni e una terza era in corso in quel momento.

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L'aspirante attore con cui mi sono intrattenuto nella saletta era Andrea, uno studente di ingegneria che ha chiesto di non essere fotografato perché "non voglio apparire se non mi prendono." Mi ha detto che era il suo primo casting in assoluto, che aveva deciso di partecipare come sfida con se stesso.

Ha detto di credere nel progetto, di apprezzare il fatto che fosse un tentativo di fare un tipo di porno diverso da quello tradizionale, che coinvolgesse anche le emozioni, non fosse indirizzato esclusivamente agli uomini e non considerasse la donna come uno strumento per il loro piacere. Insomma, il suo obiettivo non era semplicemente fare porno, ha detto, altrimenti sarebbe andato da un'altra parte. Mentre mi raccontava tutto questo, io pensavo che era l'ultima persona che mi sarei aspettato di incontrare in un contesto del genere.

Andrea, nella sala d'attesa.

Dopo aver parlato un po' con Andrea questi è stato chiamato per il provino, mentre dalla stanza usciva la ragazza a cui era toccato essere esaminata prima di lui, una studentessa di teatro di cui non sono riuscito a cogliere il nome. Mentre chiedevo alle organizzatrici se ci fosse la possibilità di assistere a uno dei provini, l'ho sentita dire che era lì per "uscire dalla zona di comfort" e "mettersi alla prova." Quando le ho chiesto di farsi fotografare, però, ha rifiutato.

È un po' ironico, ho pensato, che persone che decidono di partecipare a un progetto per nobilitare il porno, trasformarlo in un genere come gli altri e liberarlo dagli stereotipi sessisti a cui è legato—il che comprende sicuramente anche il fatto di non vergognarsi di parlare di porno, guardare porno, fare porno—siano così restie a farsi fotografare. Per chi volesse farsi un'idea, comunque, la ​pagina Facebook delle RPD pubblica degli estratti video dai casting.

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La stanza dove si tenevano i provini.

Nel frattempo, nella sala d'attesa si era creato quel clima di comunità a cui accennavo all'inizio: si parlava, si rideva e si scherzava come se ci si conoscesse tutti da tempo. Quando ho espresso ad alta voce la mia preoccupazione per lo scarsa propensione degli aspiranti attori a farsi fotografare, la blogger si è offerta di posare lei, senza farsi riprendere in volto; così avrei potuto inserirla nell'articolo fingendo che si trattasse di una delle ragazze che avevo incontrato. Detto questo, senza darmi il tempo di reagire in alcun modo, ha iniziato a spogliarsi, si è appoggia alla porta della stanza dove si tenevano i provini e si è fatta fotografare. Dopo lo scatto, alle mia espressione stupita, ha replicato, "Non preoccuparti, ho fatto di peggio nella mia carriera. Una volta sono finita in un'orgia."

Uno potrebbe pensare che, trattandosi di un casting per aspiranti attori porno, un certo livello di tensione sessuale sia naturale—in fondo era pur sempre una stanza piena di sconosciuti che erano lì per avere la possibilità di fare sesso con altri sconosciuti. La verità è che questa tensione, se effettivamente c'era, si esprimeva sotto forma di imbarazzo—eccezion fatta per la blogger, che ostentava la sua mancanza di inibizioni. Forse era anche il luogo in cui si tenevano i provini e tutta l'atmosfera a contorno a far dimenticare ai presenti dove fossero e per quale motivo.

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Dopo essermi allontanato con una scusa, sentendo il forte bisogno di un test di realtà sono andato a parlare con Federica, una studentessa di cinema di 31 anni che collabora con le RDP. Mi ha detto che questo è stato l'anno della sua "rivoluzione professionale" e che collaborare a questo progetto le ha permesso di "vedere il dispiegarsi della realtà sentimentale e sessuale di oggi." Mi ha spiegato anche come funzionavano nella pratica i provini: si trattava di un colloquio su appuntamento, nel corso del quale venivano poste al candidato alcune domande—tratte da (o ispirate a) ​Comizi d'amoredi Pasolini—su amore, sessualità e rapporti con l'altro sesso. In totale, si erano presentate circa 500 persone e fino a quel momento era stata fatta una cinquantina di provini.

Federica

Tra un colloquio e l'altro, sono riuscito anche a scambiare due parole con Monica Stambrini, la regista di quello che sarà il primo corto del progetto. Mi ha detto che, finora, ha visto "una forte volontà di liberarsi dalle costrizioni" sia da parte degli uomini che delle donne, che "si sentono costretti in certi ruoli" e vogliono che si dia loro il modo di uscirne. "Stiamo incontrando così tante persone e così diverse che stiamo quasi mettendo in discussione noi stesse il taglio del progetto," mi ha detto. Quando le ho chiesto di illustrarmi il messaggio e il senso del suo progetto—un cortometraggio porno che si intitolerà Queen Kong e che da quanto ho capito avrà per protagonista una gorilla arrapata e sarà ambientato nella bergamasca—mi ha risposto: "Non voglio comunicare alcun messaggio, ma solo eccitare attraverso un processo diverso da quello solito. Ho scelto di sviluppare quest'idea perché mi sembra che ribalti tante norme, e mi piaceva quest'idea di sovversione."

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Mentre parlavo con lei è comparso sulla scena un nuovo personaggio, anche lui lì per sostenere un provino. Si tratta di Lelio, un trentacinquenne originario di Lecce che vive a Milano da circa sei anni. Lavora come copywriter freelance, ma vorrebbe fare lo sceneggiatore. "Io voglio fare porno filosofico," mi ha detto, "perché come diceva Pasolini anche il sesso è politica." Ha spiegato che la qualità del porno di massa lascia a desiderare e che questo costituisce "un problema." Ha affermato di guardare solo porno d'autore.

Lelio

Quando è arrivato il momento del suo provino, Lelio mi ha dato il permesso di assistere. Così l'ho seguito, e l'ho ascoltato spiegare alla regista che il porno è "un genere bistrattato"; gli piacerebbe frequentare un cinema porno, ha detto, e una volta ci è anche andato in compagnia della sua ex fidanzata, ma non si è goduto l'esperienza perché "lei si vedeva che lo faceva solo per farmi contento, non era coinvolta." Gli hanno fatto alcune domande più teoriche: cosa pensasse della fedeltà (risposta: "bisogna vedere che cosa si intende per fedeltà," "se c'è condivisione non c'è gelosia") e in cosa fossero diverse, secondo lui, la sessualità maschile e quella femminile (risposta: un'analisi storica secondo cui il patriarcato è la conseguenza di una paura atavica degli uomini che la loro donna dia alla luce un figlio non loro). "La mia ex dice che sono l'unico che la scopa bene," ha detto alla fine del colloquio.

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Per quanto potessero sembrarmi bizzarre le cose che diceva, Lelio sembrava l'unico nel suo elemento. Non si capiva se fosse molto furbo o perfettamente in sintonia con il progetto, fatto sta che sembrava dare esattamente le risposte che la regista voleva sentire.

Dopo il colloquio sono passato all'improvvisazione di una scena del cortometraggio: secondo la regista, Lelio avrebbe dovuto interpretare un uomo perso in un bosco dalle parti di Bergamo, improvvisamente "braccato" da una donna-gorilla verace e animalesca. La ragazza che doveva interpretare questa donna-gorilla, però, non mi ha consentito di assistere alla rappresentazione. Così sono uscito, e ho aspettato l'uscita di Lelio per un commento: "Mi ha abbrancato, buttato a terra e ha iniziato a leccarmi. Però è finita lì. Penso che la parte sessuale arrivi dopo."

A quel punto le audizioni si sono interrotte per la pausa pranzo e ho deciso che era il momento di andarmene. Tornando alla macchina, ho ripensato a ciò che avevo visto e alla situazione in cui mi ero trovato.

Il vero cuore del progetto sembrava risiedere nell'intento e nelle rivendicazioni più che nei cortometraggi in sé: mi sembrava insomma che il porno non fosse che un contenitore per trasmettere determinate istanze. Al suo posto avrebbe potuto esserci qualsiasi altra cosa e sarebbe stato lo stesso. Ero stranito: più che alla preparazione di un lavoro artistico mi era parso di assistere alla sua realizzazione, come se il casting fosse una performance. In pratica, ero arrivato lì per scoprire il funzionamento del "porno al femminile" delle Ragazze Del Porno, e me ne sono andato dubitando della sua stessa esistenza.

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