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Profondo rosso/blu

Ripercorriamo la storia di una tecnologia utile quanto la carta igienica colorata e salubre come una vacanza a Chernobyl: il 3D, ovviamente.

Nell'epopea delle migliori tecnologie nonsense, la stessa che in passato ci ha portati a esplorare l’evoluzione circolare di Windows, non poteva mancare un capitolo dedicato a un fenomeno utile quanto la carta igienica colorata e salubre come una vacanza a Chernobyl. Parliamo dell'abuso utilizzo della scienza 3D da parte dell'industria dell'intrattenimento, quell'incredibile apparato su cui intere generazioni hanno speso tempo e denaro nel tentativo di soddisfare un pubblico che con ogni probabilità chiedeva altro.

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Sulla spinta del malessere psicofisico causatoci da AvatarPolar Express e Lo Hobbit, e senza ignorare chi grida al miracolo di fronte al 3D Hfr,  abbiamo deciso di presentare il conto alla storia raccogliendo in una sola carrellata—non esaustiva—le vecchie e nuove glorie della terza dimensione.

COSA DOVETE SAPERE

Disse l’oracolo “conosci te stesso, altrimenti non potrai mai fare un buon 3D.” La tecnologia stereoscopica, infatti, si prende gioco del principio della visione binoculare trascinandolo nel virtuale. Il motivo per cui percepiamo la realtà a tre dimensioni è che gli occhi vedono lo stesso oggetto da due posizioni differenti e il cervello sovrappone le due immagini in una sola, dotandola di profondità: più le trova vicine, più le sa lontane, e viceversa, più le immagini entrano separate negli occhi, più sono vicine nella realtà. Per poter fregare il cervello quindi bisogna fotografare o filmare due volte la stessa scena con dispositivi posti o a distanza interpupillare o maggiore.

3D PRIMA DEL 3D: LO STEREOSCOPIO

Potete vedere questo stereoscopio in 3D con i vostri occhialini rossi/blu preferiti.

La prima apparizione della tecnologia tridimensionale data al 1844, anno in cui David Brewster inventa lo stereoscopio, strumento che permetteva di gustare le rese tridimensionali delle prime rudimentali foto. Non erano passati nemmeno vent’anni dall’invenzione della fotografia—la cui qualità volava bassa sui livelli di dettaglio delle jpeg scattate dal mio primo Sony-Ericsson, ma con mille limitazioni fisiche in più—e già il genere umano si arrogava il diritto di snobbare la tecnologia a due dimensioni per mettere a fuoco un ipotetico futuro molto più confuso.

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L’invenzione di Brewster diede vita a una moda vera e propria: i fotografi in visita a luoghi esotici facevano del loro meglio per portare in patria, se non il profumo di mare, almeno un po’ di profondità, scattando foto da ammirare attraverso lo stereoscopio domestico.

Ancora nel 1998 mia nonna ne aveva ben due, con una levetta per cambiare diapositiva. Passavo interi pomeriggio con le orbite inficcate nel visore, anche se non so cosa ci trovassi di divertente in un panorama delle Scogliere di Dover su un cartonato sdoppiato attraverso un binocolino di bachelite marrone.

Affievolitisi i primi entusiasmi, l’interesse mainstream per il “3D” calò rapidamente quando ci si accorse che la tecnologia era ancora troppo acerba per non provocare lesioni mentali o noia suicida.

ETÀ DELLA PIETRA DEL 3D: L’ANAGLIFO

Lo Spirito del Tempo si manifestò nuovamente con la sperimentazione dei primi film 3D—per cui fu necessario inventare innanzitutto il cinema. Il primo lungometraggio tridimensionale proiettato per il piacere di selezionato pubblico pagante fu The Power of Love del 1922, un magnifico film muto con la “tecnologia” dell’anaglifo, quella tristemente nota per gli occhialini rossi e blu ancora oggi allegati ai libri per bambini.

Il funzionamento era piuttosto “semplice”, se rapportato ai successivi sviluppi, a riprova del fatto che solo le cose utili possono essere veramente semplici: il film era stato ripreso contemporaneamente su due pellicole, sovrapposte poi nella stampa, con un filtraggio ciano per un occhio e rosso per l’altro. Il film parlava d’amore e le donne nei cinema tenevano tutte il cappotto addosso—come ho fatto io nel presentarmi a casa con il primo piercing facciale non annunciato.

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Se il caso di The Power Of Love fu un evento piuttosto singolare, una nuova ondata arrivò negli anni Cinquanta, quando la televisione stava raggiungendo diffusione e popolarità tali da mettere in dubbio l’interesse verso il grande schermo: con il "bonus" del 3D si cercò di rifocalizzare l’attenzione sul cinema. Bwana Devil è la pellicola apripista di questo boom, che dura due e dico due anni e consta di tre e dico tre film.

Assumeremo a metafora della situazione del 3D in quegli anni André De Toth, sceneggiatore e regista di La maschera di cera, il primo film a combinare visione e audio stereo: André aveva un occhio solo. Capite che c’è qualcosa che non può ASSOLUTAMENTE funzionare.

La maschera di cera inaugura un filone di pensiero che attraverserà il secondo Novecento. Così, il remake 3D di film malcagati spinge il pubblico a rimpiangere gli originali che non aveva visto, in una continua laus temporis acti, che poi diventa il revival che poi diventa il vintage che poi diventa il 2013.

GLI AUTOSTEREOGRAMMI

Autostereogramma “single-image random-dot stereogram” di uno squalo (la soluzione qui). Seriamente, qualcuno ci vede qualcosa?

Un bel giorno Brewster fuma un sacco d’erba e si ritrova a fissare la carta da parati, gli va insieme la vista, ci vede le cose. Poteva finire lì, no? Invece succede che da allora ogni volta che pensate di essere uno scalino più vicino a Dio visitate magiceye.com cercando di scorgerci qualcosa.

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Una volta vi siete illusi di avercela fatta e pensavate di possedere la luccicanza. Fortuna che ora vi spieghiamo noi come funzionano queste immagini, così che possiate capire il 3D e il vostro cervello e aprire le porte dell’autocoscienza dando finalmente la merda a tutti in qualcosa. Funzionano così: A/I = x/y. Contenti? Continuate a confidare nella luccicanza.

IL NINTENDO VIRTUAL BOY

La sensualità del baffo ortodontico ha un solo equivalente nel mondo dei videogiochi: il Virtual Boy.

Lo spirito tecnologico della terza dimensione ha avuto modo di manifestarsi in tempi tutt’altro che maturi nel mondo dei videogiochi. Il Virtual Boy fu una console Nintendo—e parliamo al passato remoto perché è giusto avere rispetto per i morti, la leggendaria prima piattaforma a supportare grafiche tridimensionali in forma di “realtà virtuale”. Fu lanciata nel 1995 in USA e Giappone e ritirata dal commercio poco più di un anno dopo, insieme ai quasi 20 giochi a corredo (la console faceva talmente schifo in partenza che pochissimi si degnarono di sviluppare videogiochi, e un milione di Virtual Boy fu costretto ad accontentarsi della versione 3D fatta male di Super Mario World).

Ancora una volta, cosa fu questa invenzione treddì? Un tappabuchi, un rimpiazzo, lo scalogno nel risotto della vita: in un momento in cui le vendite di console a 16 bit come il Super Nintendo (quello dei celebri Super Mario) andavano scendendo, Nintendo cercò di riempire il tempo inserendo sul mercato una console rosso spaziale il cui punto di forza doveva essere la simulazione della realtà virtuale.

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Sfruttando il fenomeno della parallasse il Virtual Boy poteva rendere esclusivamente fotogrammi in nero e rosso, e ovviamente la sensazione di “realtà virtuale” non si manifestava nemmeno un po'. Guardare per credere.

IL GRANDE CINEMA: POLARIZED 3D

Nel 2004 il 3D torna alla ribalta nel cinema mainstream con la tecnologia Polarized, che a livello non tecnico significa che invece che occhialini rosso/blu dovete portare gli occhiali di Bono Vox. Polar Express è la prima opera ad annunciare la moderna ondata, seguito da film che o facevano del 3D il loro unico contenuto o non ne avevano bisogno per stare in piedi a livello visivo/narrativo.

Alzando lo standard visivo alle stelle, le produzioni plurimiliardarie che supportano piccoli capolavori della tecnologia come Avatar, Lo Hobbit e Vita di Pi, chiudono sul nascere la possibilità di creare di un mercato di film tridimensionali, perché i risultati delle produzioni “normali” non sono nemmeno minimamente comparabili ai risultati dei lavori sopracitati. Geniacci!

OLOGRAMMA 3D

Dulcis in fundo: come certo sapete, l’anno scorso al Coachella si è esibito Tupac Shakur. Quindi, oltre a cercare di resuscitare film da noia mortale con effetti speciali conturbanti e fattoni inerti abbandonati sul divano con sfide all’ultimo autostereogramma, il 3D ha trovato una nuova applicazione nel resuscitare i morti (e il pubblico di Dre).

A ripensarci, la storia di Lazzaro prende tutta un’altra luce.

Bono sbalordito al cinema. 

Ora, capiamo che la nostra visione della tecnologia è critica, che è importante aprirsi a tutte le dimensioni dello spazio, e che di sicuro ci sarà qualcuno che riesce a entrare in profondità meglio di noi e ha la capacità di vedere gli unicorni dove noi scorgiamo solo puntini colorati… quindi, insomma, c'è qualcuno a cui il 3D piace assai.

Da parte nostra, a lui e a tutti, la domanda senza risposta sulla questione 3D resta una sola: PERCHÉ? Levatevi quegli occhialini da scemi e rispondete.