Foto dei quartieri più violenti di Napoli

FYI.

This story is over 5 years old.

Foto

Foto dei quartieri più violenti di Napoli

Valentina Piccinni e Jean-Marc Caimi hanno iniziato la loro esplorazione da Forcella, uno dei quartieri più violenti di Napoli, per scoprire il resto della città.

Un bambino con una pistola giocattolo nei vicoli.

Forcella è il quartiere più antico e più piccolo di Napoli, ma è conosciuto anche come una delle sue zone più violente. È da qui che hanno iniziato la loro esplorazione della città i fotografi Valentina Piccinni e Jean-Marc Caimi, che nel 2015 hanno pubblicato Forcella. Oggi le foto sono state ripubblicate nel Photographer's cut in edizione limitata, e per l'occasione li abbiamo incontrati per parlare del loro lavoro.

Pubblicità

Valentina e Jean-Marc collaborano dal 2013. Il loro primo contatto con Forcella, uno dei quartieri fotografati nel libro e quello che dà il nome al progetto, avviene per via di un incontro con l'editore Tommaso Parrillo, fondatore di Witty Wiki Books, la stessa casa editriche che poi pubblicherà Forcella. "Stavamo lavorando all'editing finale del nostro libro Same Tense," spiegano, "e girovagando per il quartiere un'intera giornata, abbiamo capito che saremmo tornati presto per fotografarlo. L'atmosfera sospesa a un passato prossimo, gli anni Ottanta, quando la globalizzazione non aveva ancora segnato gli usi e costumi di intere generazioni, ci aveva profondamente colpito."

L'interno del libro.

L'intento del loro progetto era quello di documentare la quotidianità di un posto noto solo attraverso vicende di cronaca legate alla Camorra. "Forcella è un quartiere fagocitante, che non lascia spazio al tempo che avanza, per 'dimenticanza' delle istituzioni, ma anche per costume e noncuranza degli stessi abitanti," raccontano, ricordando il periodo in cui sono nati gli scatti. "Abbiamo affittato due camere in un appartamento per studenti in uno dei vicoli di via di Forcella, dove ci siamo stabiliti per due mesi."

Scattate solo con macchine fotografiche analogiche compatte, le foto venivano sviluppate direttamente in casa, in una stanza trasformata in piccola camera oscura. "Dopo ogni giornata trascorsa per le strade e nelle case a fotografare, sviluppavamo i negativi e facevamo i provini. Con l'idea di base di realizzare un libro abbiamo editato in itinere il lavoro, seguendo la nostra consuetudine di fotogiornalisti, nella quale l'editing è fondamentale per dare forma alla storia."

Pubblicità

Paco è un rottweiler, la "mascotte" di una gang dei Quartieri Spagnoli. Il padrone del cane è soprannominato Al Pacino, un tributo a

Scarface.

Una delle cose a cui bisogna prestare maggiore attenzione quando si cerca di rappresentare il quotidiano delle persone è, sicuramente, la discrezione: "Non siamo arrivati lì con l'idea di realizzare un reportage d'inchiesta su Napoli, ma di lavorare in modo libero ed istintivo. In questo le macchine analogiche di piccole dimensioni sono state di grandissimo aiuto. Non venivamo percepiti come i 'fotografi', ma come persone."

Così facendo, e frequentando le case delle persone che hanno fotografato, Valentina e Jean-Marc hanno iniziato a uscire anche da Forcella, verso i Quartieri Spagnoli, Sanità, le spiagge cittadine del lungo mare Caracciolo—e la periferia, che nell'editing denso del libro si staglia come un'intrusa attraverso una foto delle Vele.

"Scampia non fa parte della Napoli storica che abbiamo raccontato, ed è l'unica foto 'rubata' del libro, scattata da una macchina," spiegano. "I napoletani di Forcella, Sanità, dei Quartieri Spagnoli, gli stessi che ci hanno portato con loro in periferia alle Vele, ma anche allo Stadio e alle spiagge cittadine, vedono Scampia come un altro mondo, un'altra città. Non li rappresenta. Temono questi luoghi. Non è Napoli. Sono le Vele. E questa foto rubata, mossa, imprecisa, crediamo possa essere la rappresentazione della distanza che si frappone tra il centro storico e i sobborghi della città."

L'interno del libro.

Nonostante questa distanza, lavorare in città dopo il boom di Gomorra ha significato fare i conti con gli "effetti" dell'esposizione mediatica: "Alcuni dei ragazzi e dei bambini dei Quartieri e di Sanità che abbiamo incontrato spesso ci hanno posto la fatidica domanda: ma andiamo in televisione?" Dietro questa domanda, spiegano Valentina e Jean-Marc, non c'è solo una questione di fascinazione, ma anche la "speranza di sbarcare il lunario grazie a una scrittura per qualche comparsata. Un modo come un altro di sopravvivere, in una città dove la gente usa molta fantasia per inventarsi un lavoro, come ad esempio fare i venditori ambulanti di numeri da giocare al SuperEnalotto."

Pubblicità

Alla domanda su una possibile influenza delle vicende della famiglia Savastano sul loro lavoro, invece, rimangono fermi: "Non ci interessava restituire un'immagine di Forcella e di Napoli che fosse viziata dalla visione che ne danno film e serie televisive in voga al momento.

Il palazzo Sanfelice, nel cuore di Rione Sanità. Ex residenza della famiglia aristocratica di Ferdinando Sanfelice, oggi è in uno stato di semi-abbandono.

Forcella è una raccolta di fotografie pubblicata in edizione limitata. Per avere maggiori informazioni, visita il sito o scrivi a questo indirizzo.

Segui Tommaso su Twitter

Segui la nuova pagina Facebook di VICE Italia: