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Vice Blog

I giovani greci sono stufi della politica

Chiedete ai più vecchi un parere sulla generazione Y, e inizieranno a vomitare una manciata di stereotipi. Ma è normale, almeno in Grecia, attaccare qualsiasi cosa e persona di cui non si sa niente.

Foto di Ioannis Stefanidis.

La nostra collega greca Melpomeni ha scritto quest'editoriale per contrastare il preconcetto che vuole i giovani greci apatici e incapaci di protestare. Con l'occasione delle elezioni in Grecia, lo pubblichiamo qui.

La generazione pigra. Gli inconsapevoli che chiedono sempre più. Il privilegiato e ingrato che non ha mai dovuto lottare per qualcosa. Gli hipster apolitici che si preoccupano solo dei loro smartphone. I narcisisti con il selfie stick. Chiedete ai più vecchi un parere sulla generazione Y, e inizieranno a vomitare una manciata di stereotipi. Ma è normale, almeno in Grecia, attaccare qualsiasi cosa e persona di cui non si sa niente. Quando si parla di politica i giovani greci sono visti negativamente, come demagoghi che non apprezzano la democrazia e attaccano la pace protestando per i loro diritti.

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La verità è che se alla fine del secolo scorso aveste chiesto a un ventenne delle sue opinioni politiche avreste ottenuto una risposta banale. Allora, la Grecia stava bene––finanziariamente parlando––e le Olimpiadi del 2004 erano viste come la possibilità di dimostrare di essere degni successori dei propri antenati. Per i giovani la vita era abbastanza facile. Avremmo voluto studiare, passare grandi estati, viaggiare, trovare un lavoro e, infine, avere un grasso grosso matrimonio greco.

Il tracollo economico ci ha fatto aprire gli occhi: abbiamo capito che l'avvenire sarebbe stato buio. Così abbiamo iniziato a scendere in piazza per chiedere maggiore trasparenza, più giustizia e più democrazia. Volevamo solo che il sistema funzionasse sul serio. Avevamo il diritto di farlo, perché la crisi ci ha colpito più di ogni altra fascia. La nostra generazione si è immersa nella politica, ha iniziato a studiare Marx, Lenin, Bakunin, Foucault––qualcuno anche Goebbels, sfortunatamente. Abbiamo discusso se la Grecia avrebbe o non avrebbe dovuto rimanere nell'Europa. Abbiamo occupato piazze intere, siamo stati picchiati e riempiti di lacrimogeni fino a quando non abbiamo fatto le valigie e ce ne siamo andati a vivere all'estero.

Poi è crollato tutto. E sono stati i giovani greci a eleggere il primo governo di sinistra radicale in Europa, ma nulla è cambiato. Siamo stati chiamati alle urne per la terza volta in un anno. Ed è normale e legittimo che si sia sviluppato un certo malcontento.

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Ho parlato con Panagiotis, uno studente 22enne di giurisprudenza che non ha mai votato. Sostiene di impegnarsi politicamente in altri modi: "Ci sono un sacco di motivi per cui non ho votato domenica, ma il motivo principale è che sono contrario alla logica che c'è dietro. Si è diffusa un'avversione al sistema politico, e ti basta vedere il numero delle persone che non votano. Quando qualcuno non si prende nemmeno la briga di alzarsi per andare a votare, significa che per quel qualcuno si tratta di un gesto completamente inutile. Vedo una debolezza strutturale nel sistema politico dominante e nello stato greco. Ed è stata questa debolezza a dare forza a SYRIZA. La gente sperava che avrebbe portato un cambiamento, ma sono bastati un paio di mesi per rendere quelle speranze illusioni e farle crollare come un castello di sabbia."

Foto di Panagiotis Maidis.

Ho parlato anche con il giornalista 24enne Stergios: "Ho sempre votato, da quando ho 18 anni. Ho votato al referendum, ma questa domenica ho deciso di non votare," mi dice. "Pensavo di aver già fatto la mia scelta a gennaio, e non vedo il motivo per cui sarei dovuto tornare a votare. Inoltre non c'è nessun partito che sostengo fino in fondo. E sarà così finché i termini con cui la Grecia sta in Europa non cambiano. È tutto già scritto."

Gli ho chiesto se era stanco o deluso, e se quello che è successo ha cambiato il suo modo di vedere le elezioni: "Due anni fa la situazione era frustrante, ora invece si ha una sensazione d'incapacità totale," ha risposto. "L'ultima volta che ho avuto la forza e lo stimolo per combattere è stato nel 2013. Non ho più battaglie da combattere. Vivo la mia vita con una debole voglia di ribellione e le mani sempre vuote."

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Alexander Afouxendis è un sociologo politico e fa il ricercatore. Gli ho chiesto delle scelte politiche di questa generazione: si tratta di un'apatia improvvisa o graduale? La sua risposta è stata che "non ci sono caratteristiche ben definite che compongono questa generazione. Non è abbastanza omogenea per essere trattata come un singolo gruppo di persone. Ci sono numerose differenze e la stratificazione di questa 'apatia politica' è difficile da documentare. È una faccenda complicata."

Continua: "Quello dell'apatia è un tema che ogni tanto la politica ritira fuori per scaricare la responsabilità sulla società, per dire qualcosa del tipo 'noi ci stiamo provando, ma è colpa vostra se non partecipate'. Comunque, da un punto di vista scientifico non è possibile dimostrare il motivo di questa apatia. E quelli che dicono di poterlo fare stanno solo giocando a fare politica."

Che mi dice allora della percentuale di astenuti, che tra l'altro per la maggior parte è composta da giovani? "L'alto tasso di astensionismo non è un fenomeno greco, si tratta di un fenomeno globale. Anche chi non vota non si astiene completamente dalla politica. Si potrebbe dire che hanno preso le distanze dal sistema politico tradizionale," conclude Afouxendis.

Valina ha 24 anni e vive in Olanda, dove sta conseguendo contemporaneamente due master. Dice di aver lasciato la Grecia perché non riusciva a trovare un lavoro che le avrebbe permesso una vita e un futuro. "Sono condannata a non partecipare alle elezioni perché gli espatriati non possono votare nel paese in cui risiedono," mi dice. "Mi sono persa elezioni importanti in Grecia negli ultimi anni."

Katerina, 30 anni, si è trovata in una situazione simile: "Non potevo permettermi il viaggio ad Atene o a Creta, dove risulto registrata, per votare la terza volta. È troppo costoso."

Alla fine, è giusto parlare di una generazione apatica? Ho contattato George Sefertzis, esperto di comunicazione e politica: "Non è giusto parlare di apatia per le nuove generazioni. Vorrei porre l'attenzione sulla fondamentale differenza tra astensionismo e indifferenza. L'astensionismo non è indifferenza politica. È una protesta," mi ha detto. "Potremmo usare il concetto di apatia se stessimo parlando degli anni Ottanta o Novanta, un tempo in cui la prosperità ha dato l'impressione di aver risolto la maggior parte dei problemi. In quel caso abbiamo assistito a una generazione indifferente che non trovava le ragioni per votare. Oggi l'astensionismo è dovuto dalla frustrazione e il disprezzo che questa generazione prova nei confronti del sistema politico," ha detto.

"Sono rimasti delusi da SYRIZA, che avevano eletto perché aveva promesso di abolire il memorandum. Questo ha creato una confusione che porta solo a due risposte: la prima è che non si vota per evitare di scegliere. L'altra è di votare per i Jolly, e quindi per quei partiti come l'Unione dei centristi di Vassilis Leventis, che nessuno prende davvero sul serio. Votare per Leventis è stata una mossa calcolata, era un tentativo di ridicolizzare il sistema politico."

Ma questa frustrazione può portare a un'apatia reale? "No. Questa generazione, e forse anche quella successiva, ha problemi tali da non potersi permettere l'apatia."