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Cosa ho imparato al corso per coltivare cannabis a Milano

Per raccogliere le firme necessarie alla presentazione di una proposta di legge sull'uso dei farmaci a base di cannabinoidi, i Giovani Democratici di Milano hanno deciso di organizzare dei "corsi di coltivazione". Siamo stati a vedere in cosa...
Vincenzo Ligresti
Milan, IT

Tutte le foto di Vincenzo Ligresti.

Di botanica e giardinaggio non ho mai capito molto: oltre alle mie profonde lacune nelle scienze naturali, l'ultima possibilità che mi ero di recente concesso è caduta per una folata di vento di troppo dal settimo piano sfracellandosi a terra. Nessuno si è fracassato il cranio, ma due vittime ci sono state—la mia Aeonium tabuliforme, e con lei la voglia di avere a che fare con la coltivazione.

A quanto pare, chi ha un brutto rapporto con quest'attività è anche il gruppo dei giovani di Forza Nuova di Milano, e nei confronti di una pianta in particolare: la cannabis. La settimana scorsa infatti, dopo che il Comitato Cannabis Terapeutica Lombardia—espressione dei radicali dell'Associazione Enzo Tortora e dei Giovani Democratici di Milano—aveva annunciato un corso di "Coltivazione di Cannabis ad uso Terapeutico e Non," Lotta Studentesca ha protestato appendendo fuori da una sede cittadina del PD lo striscione "No alla droga per morire, sì agli ideali per combattere." Motivando l'azione, il responsabile di Lotta Studentesca Luca Bolis ha poi criticato l'uso "ludico" della cannabis, aggiungendo che l'obiettivo di "questa operazione di liberalizzazione delle droghe" sarebbe la creazione di una "massa di giovani uniformata ed assuefatta […] e impossibilitata a ribellarsi."

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Con una premessa del genere—unita all'articolo di Dagospia, che descriveva l'evento come un modo per "sentirsi trasgressivi senza rischiare nulla, magari guadagnandoci qualcosa"—il mio interesse per la lezione di autocoltivazione è cresciuto a dismisura. Online veniva spiegato che per iscriversi al corso, il secondo dal lancio dell'iniziativa, era necessario versare una quota di 15 euro, ottenendo in cambio la possibilità di seguire la lezione e ricevere in omaggio il piccolo manuale Marijuana in salotto, una spilla e "un seme di cannabis di una varietà ad alto contenuto di CBD." Volendo capire di persona cosa dovrebbero aspettarsi le persone interessate all'autocoltivazone e che tipo di uditori frequentino questi corsi, ho quindi deciso di iscrivermi e partecipare io stesso.

Come ho scoperto subito dopo documentandomi, però, i promotori dell'iniziativa avevano scopi decisamente meno ambiziosi di quelli paventati da Lotta Studentesca: promuovere la raccolta delle 5000 firme necessarie per la presentazione al Consiglio della Regione Lombardia di una proposta di legge per regolamentare l'utilizzo di farmaci a base di cannabinoidi. La proposta di legge e questo progetto didattico, del resto, si presentano in un momento particolare del dibattito sulla cannabis in Italia, e avere un'idea di come potrebbe evolvere la situazione—vista tutta la confusione in materia—non avrebbe potuto che farmi bene.

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Arrivato davanti alla sede dei Giovani Democratici di via Tortona nel pomeriggio di sabato, ho notato che l'atmosfera era rilassata. Il bacino demografico dei partecipanti al corso era piuttosto eterogeneo, e i presenti erano circa una quarantina. Buona parte degli "alunni" aveva un'età compresa fra i venti e i trent'anni, e alcuni di questi avevano l'aria di chi conosce piuttosto bene la materia; ma c'erano anche persone di mezza età che parlottavano in modo entusiasta, e perfino qualche over 60.

Giacomo Marossi, coordinatore dei Giovani Democratici di Milano.

Una delle prime persone con cui ho parlato è stato il Coordinatore dei Giovani Democratici di Milano Giacomo Marossi, che mi ha spiegato le ragioni dell'interesse dei GD per l'iniziativa. "Noi siamo per la legalizzazione delle droghe leggere in generale, soprattutto se questo vuol dire sottrarre diversi miliardi alle mafie e metterli nelle casse dello Stato. Per questo ospitiamo i Radicali."

Dato che eravamo in tema di guadagni, ho approfittato per chiedergli delle accuse lanciate da alcuni riguardo agli incassi del corso. "Guarda, il nostro 50 percento dei profitti—l'altra metà andrà ai Radicali­—la useremo o per affittare una nuova sala più grande o per devolverlo a una ricerca scientifica dell'Univerisità di Pavia per i malati di fibrosi cistica."

Mentre i vari partecipanti iniziavano a entrare e a pagare la loro quota, sono uscito e proprio accanto all'ingresso ho incontrato Giulia, una studentessa di 22 anni. "È stata mia madre a parlarmi per prima [del corso], lavora nel comitato per la campagna elettorale delle primarie di un candidato che dovrebbe arrivare a momenti," mi ha detto alludendo a Pierfrancesco Majorino, Assessore alle Politiche sociali e Cultura della salute candidato alle primarie del Pd per il sindaco di Milano.

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Le ho chiesto se la madre fosse presente e se entrambe facessero uso di marijuana: "Io sì. Mia mamma, che oggi non è potuta venire, diciamo che potrebbe essere interessata a provare… se fosse legale. Comunque," ha concluso, "l'importante è non portarsi dietro più di 0,5 grammi [di principio attivo]: in quel caso non ti succede praticamente nulla."

Quando Luca Marola—l'autore del libro promosso—si è finalmente seduto, la lezione è iniziata. Marola arrivava da Parma, dove nel 2002 ha fondato il Canapaio Ducale, uno dei più longevi grow shop d'Italia, e in quanto tale avrebbe offerto una testimonianza diretta della coltivazione.

Durante la prima ora di lezione ho scoperto diverse nozioni base di cui non ero a conoscenza: per agevolare la nascita del germoglio, ad esempio, bisogna tenere il seme per diverse ore in un bicchiere d'acqua, sotterrarlo nella terra con PH praticamente neutro, e aggiungere del letame in superficie. Le domande che molti degli altri studenti sottoponevano a Marola, riguardo ad esempio al tipo di luci da utilizzare, erano piuttosto tecniche, come del resto le sue risposte: e parte della lezione è stata sinceramente un po' fumosa per chi, come me, non è esattamente un esperto.

Arrivata la pausa sono uscito per fumare una sigaretta e mi sono presentato a un ragazzo di 20 anni che mi aveva incuriosito per i suoi interventi. "Sono venuto qui perché per evitare gli spacciatori e alleviare l'asma coltivo da anni e volevo imparare qualche trucchetto in più."

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"Quindi non sei qui per il seme?" gli ho chiesto. "No no, io mi rifornisco in un canapaio in Veneto. Il paradosso è che la vendita dei semi è legale, ma se ti beccano a coltivare sei fottuto." Oltre al seme però, mi ha spiegato che il libro non lo convinceva troppo: "Non è molto buono, ti consiglio una lettura che non si trova nelle librerie: la Bibbia di Jorge Cervantes."

Dopo essermi appuntato il titolo ho notato un ragazzo rollare una canna. Marco [nome di fantasia] veniva da Venezia e non ha voluto farsi fotografare in volto, ma mi ha detto di scrivere che è un "libero antiproibizionista in cerca di collocamento" e che coltiva in casa, "tanto prima o poi dovranno legalizzare pure questo."

Se da una parte i miei primi interlocutori fornivano un'immagine abbastanza fedele a quella che mi ero fatto pensando al pubblico di un corso di autocoltivazione, molti dei presenti si trovavano lì esclusivamente per approfondire un problema di cui conoscevano poco: durante le due ore di lezione, ad esempio, un uomo sulla sessantina ha continuato ad alzare la mano per chiedere chiarimenti a Marola sulla natura delle varie specie e sulle tecniche utilizzate per coltivarle. Conosco diverse persone che anche una volta superati i cinquanta continuano a fumare, ma non mi aspettavo di incontrare qualcuno visibilmente sprovvisto di qualsiasi base sulla cannabis e che avesse deciso, a 60 anni, di capirci di più.

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Barbara Bonvicini e un collaboratore.

Tra dibattiti sull'illuminazione corretta e il momento esatto per innescare il processo di fioritura, la seconda e ultima parte del corso è finita in fretta. Dopo la raccolta firme per la proposta alla Regione e la consegna del seme mi sono fermato a fare due chiacchiere con Barbara Bonvicini, tesoriera dell'Associazione Enzo Tortora e coordinatrice dell'Associazione Cannabis Terapeutica Radicali Milano.

Come mi ha spiegato Barbara, se approvassero la proposta così com'è, un più ampio range di malati potrebbe essere in grado—grazie a delle prescrizioni mediche—di comprare dei medicinali a base di cannabinolo passati dal servizio sanitario regionale a un prezzo accessibile e senza dover recarsi in ospedale per assumerli. Norme di questo tipo sono già in vigore in diverse regioni italiane—a cui recentemente si è aggiunta la Valle D'Aosta—e si basano sul Decreto Turco del 18 aprile 2007, che demanda la regolamentazione di questi farmaci all'autonomia delle regioni.

Mentre tornavo a casa ho pensato proprio a questo—la Lombardia, per definizione sempre prima in tutto, è indietro rispetto a svariate regioni riguardo alla regolamentazione dei farmaci a base di cannabinoidi. Al momento il Consiglio Regionale starebbe pensando a un sistema che permetta solo a pazienti che soffrono di cinque specifiche tipologie di malattie di accedere alla terapia senza costi in ospedale, ma a pagamento se effettuata in casa, e il dibattito a livello nazionale fa pensare che le basi ci siano.

Le mie basi di botanica, invece, non penso ci saranno mai. Probabilmente nonostante i corsi non sarò in grado di trasformare quel piccolo seme in una pianta, quindi credo seguirò le orme di mia prozia Palmina: ne comprerò una di plastica e la fisserò con del mastice a terra.

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